<bgsound src='https://drive.google.com/file/d/1ylzozk9VvJfgsGKrKO_5sScwBon_NRE8/view?usp=drive_link ' loop='infinite'></bgsound>

domenica 7 agosto 2022

Estate in Val d'Orcia e nelle Crete Senesi

Estate 2022 nella bellezza della Val d'Orcia e delle Crete Senesi, tra calanchi e biancane, campi di girasoli, vigneti e cipressi, antiche pievi e borghi medievali  meravigliosi fra i quali spiccano Montalcino, Pienza e Montepulciano e panorami mozzafiato di una campagna i cui colori mutano continuamente....senza dimenticare le specialita' enogastronomiche...

Summer 2022 in the beauty of Val d'Orcia and Crete Senesi among calanchi and biancane, sunflower fields, vineyards and cypresses,, ancient parish churches and wonderful, medieval villages  just like Montalcino, Pienza e Montepulciano, and breathtaking views of a changing colours countryside....and not forgetting food and wine specialties...















lunedì 20 giugno 2022

‘’Arancia all’alba’’ (Pagine, 2022), l' ultima raccolta di poesie di Gemma Ravanello in una mia nota di lettura.

 .

 

‘’Arancia all’alba’’ (Pagine,  2022) è  la nuova silloge di Gemma Ravanello che segue cronologicamente ‘’Bosco’’ (Del Giano, 2012)  e ‘’Alte e basse maree’’ (Pagine, 2015) a sostenere  un percorso che va da un luogo-bosco, più contemplativo, a un luogo-vita di più ampio respiro, dove la compenetrazione e l’osmosi tra la sfera umana e quella naturalistica, tra le luci e i colori della natura e gli aspetti esistenziali, si dispiegano con più forza, in una dimensione di eternità assoluta e al tempo stesso dolorosamente effimera. Quello di Gemma Ravanello è un percorso, per così dire, interminabile, guidato dalla sua anima sensibile e a tratti  inquieta - ma grata sempre alle piccole gioie che a sorpresa ci riserva la vita – continuamente alla ricerca di significati, sensazioni, corrispondenze e interrogativi, destinati a restare senza risposta, per quella inesauribile sete di conoscenza che la contraddistingue come persona e come poeta. Gemma Ravanello, palpitando, ricerca segni che alimentino, non certo plachino, il suo desiderio di comprensione della vita, il ‘’mistero’’ che da sempre accarezza con stupore, conscia che questo resterà tale  perché nella vita ‘’ha significato solo l’incomprensibile’’ (Jung, Archetipi dell’inconscio collettivo). Si potrebbe pensare  ad un possibile  parallelo con la poetica della  Dickinson, sia per quanto riguarda l’amore per la natura, sia per quanto riguarda il profondo senso del mistero, ma Ravanello antepone sempre  all’aldilà e all’idea della morte presenti nella Dickinson, la forza del mondo umano del quale la natura e’ specchio.

Il libro si divide in quattro sezioni, quante sono le stagioni, unità di misura del tempo che ciclicamente passa e degli stati d’animo dell’Autrice, sezioni dense e dinamiche: Autunno o La musica vitale, Inverno o Gli inverni del cuore, Primavera o Il roseto del colloquio, Estate o Gli inquieti idilli. Quattro stagioni dunque, ognuna a suo modo, protagonista. Dice infatti la nostra Gemma Ravanello: ‘’…E ritrovo le innumerevoli stagioni tutte dintorno da navigare…’’. ‘’Innumerevoli stagioni’’, come se in realtà le stagioni fossero ben più di quattro, anzi come se ce ne fosse una per ogni situazione / emozione. Stagioni in cui navigare - perché questo e’ il nostro destino - su un veliero per  ’approdare salvi con la tempesta in mano’’, la tempesta della vita e del dolore più acuto che, sebbene non compreso, viene comunque saggiamente accettato come inevitabile compagno di viaggio. E al dolore Gemma dedica versi di grande intensità: ‘’Se i dolori fossero / tutti uguali, se in una sofferenza / non ci fosse il taglio / del bosco, non ci fosse lo sparo / al cervo, in un’angoscia / le foglie che cadono morte; se il dolore / non fosse anche una colpa / antica nelle vene / il dolore / poca cosa sarebbe/ …’’. Dolore, in sostanza, come stratificazione di dolori, somma che viene da lontano, essenza e impalcatura del nostro sentire, simile alle nervature delle foglie che come abiti ci vestono. ‘’...Di skeleton leaves ti ha vestito, Peter! L’Ombra / è in consegna; avvolto sei / in scheletri di foglie, vertebre di un dolore / antico, fluito / di esfoliazione in esfoliazione’’.

E sullo sfondo altre foglie che cambiano colore con le stagioni / stati d’animo, dal ‘’giallo giallo giallo…’’ del ginko biloba al rosso dell’autunno più’ inoltrato. Foglie soffiate dal vento che in sottofondo sembra animare i versi di ogni poesia, come un motore inesauribile, come il turbinio tempestoso e inarrestabile del cuore nell’alternanza di gioie e dolori, attimi sempre filtrati dalla saggezza dell’Autrice. Ma ogni stagione contiene in sé le altre stagioni e tra l’una e le altre il distacco è lento e a volte impercettibile; c’è un’assenza, come un vuoto, dice Ravanello, tra la fine di una stagione e l’inizio di un’altra: ‘’ Tra l’inverno /  e la primavera / c’è un vuoto incolmabile. Il transito non è facile e il guado / ha i suoi rischi nascosti nel sangue…’’ e in ogni stagione si nasconde la sofferenza, improvvisa e predestinata a un tempo, in un continuum inarrestabile, quale è la vita. Così un Anthurium trovato morente al ritorno delle vacanze, sottolinea questa triste realtà: ‘’…Soccombeva al torrido sole di luglio / la tua fragile fibra / da ignara creduta assai più forte / e sfiorivano di te / i preziosi fiori / sorvegliati solerte tutto l’inverno…’’ ma, al tempo stesso,  ci racconta anche l’importanza dello sguardo,  della cura amorevole,  delicata e continua,  degli affetti, siano essi la natura o le  persone.  La malinconia nostalgica trova così  inevitabilmente spazio e ragione: ‘’ …un’acuta malinconia / mi raggiunge / oggi / in questo agosto maturo /già d’uva, / e di sorgenti arance / all’alba / di gialle foglie all’aria’’, ma reca con sé anche la speranza di nuovi sapori e occasioni, offerti comunque dall’autunno incipiente;   il sole, l’arancia più bella che tinge di sé il cielo, ci dice Ravanello,  risorge ogni giorno portando con sè a sorpresa nuova  bellezza.

Tra tutte le poesie della silloge, i cui versi sono come sempre cristallini e musicali, una menzione speciale meritano quelle dedicate ad artisti e  quadri significativi per l’Autrice, a testimonianza di come Ravanello sia sempre in dialogo con ogni forma d’arte e si nutra della luce, dei riflessi, delle sfumature, ma anche delle ombre che queste opere emanano.

Inoltre, poichè molte possono essere le chiavi di lettura di un testo importante, molti i suoi temi fondanti,  in “Arancia all’alba” di Gemma Ravanello, tra le altre, va sottolineata la dimensione onirica, un elemento, che però nulla toglie alla concretezza e al realismo dei versi, solo li arricchisce di atmosfere più rarefatte, rese poi dense dall’aspetto  più propriamente simbolico del sogno, quale porta dei desideri, della nostalgia,  del ricordo, del viaggio interiore. Già nella lirica d’apertura ci ritroviamo in un “onirico giardino”, dove, nel dialogo fra due uccelli, sembrano rivivere atavici sentimenti. Scrive Ravanello: “Ed era tutta una melodia / il canto dei due uccelli; l’uno all’altro / il verso volgeva / a rammentare l’antica intesa, l’atavico / accordo, l’ora turchese / nella serenità passeggera. / Leggiadro il tempo delle note / nell’onirico giardino”,   per proseguire poi,  tra viaggi su velieri sconosciuti, ‘’flutti di onirico mare’’ e fili d’erba più alti degli alberi, verso isole che non ci sono e paesi delle meraviglie del tutto interiorizzati. Mondi dove regna “indisturbato il sogno” ma, comunque intrisi di realtà e pathos, attinti entrambi dalla quotidianità e dal passato, dall’esperienza e dal vissuto dell’Autrice, poiché uno  dei talenti di Ravanello è proprio il vedere  nell’hic et nunc l’altrove più immaginifico,   “…come un volare atavico, un abituale / e angoscioso planare / su qualcosa che fugge / e che non ritorna mai più”. E tra i due, il qui e ora e l’altrove, un lungo ponte costruito dalla memoria che a sé tutto stringe, smarrita, tra mille domande: “Dove sei mia leggera ala di sogno / sparita in una bufera / di mille fiocchi albeggianti…”.Tra turbamento e tenerezza per “la bimba lontana”, quella   di ieri, ma sempre presente, tutto  lentamente scorre via e ritorna,  tutto è  possibile, illuminato, prima  dall’incanto e dalla sapienza   della luna piena, spotlight sul cuscino e sulle emozioni più nascoste e poi dall’eterna rêverie  che, come dice Bachelard, è “la materia prima dell’opera letteraria”, il momento in cui il mondo viene “investito da un’improvvisa luce intima” di fervida immaginazione creativa e siamo veramente liberi.

 

È questo, in conclusione, un libro a lungo meditato, scritto con cura e passione, caratteristiche evidenziate non solo dal bellissimo contenuto ma anche dalla grafica elegante e accurata. In una dimensione qui più universale che altrove, Ravanello, riversa nei testi,  con la precisione di un cesellatore, i suoi sentimenti più profondi e la sua visione del mondo, offrendoci poesie di grande forza, luminose come quadri di Turner e splendenti di quella luce dirompente eppure sfumata che è somma dei colori da lei tanto amati.

Tiziana Marini, giugno 2022



Gemma Ravanello è nata e vive a Roma da padre veneziano e madre inglese. Poetessa e pittrice è autrice  di Bosco e altre poesie (Edizione Del Giano, 2012),  Alte e basse maree (Pagine, 2015), Arancia all'alba (Pagine, 2022),  e del romanzo Mare, spensierato mare del '62.  Scrive fiabe e saggi e con le sue poesie è presente in antologie e riviste di letteratura.

venerdì 1 ottobre 2021

''Museo dell'Uomo'' di Plinio Perilli (Editrice Zona, Genova 2020) un museo per l'uomo, allestito nel cuore.

 


Plinio Perilli, Museo dell’uomo. Poesie e poemetti (1994-2020), Editrice Zona, Genova 2020












Se la poesia è uno degli ultimi spazi in cui sacro e umano traggono ragione l’uno dall’altro, compenetrandosi, senza contrapposizioni o dicotomie inutili, se la poesia è dialogo dell’anima con l’anima mundi e testimonianza del mistero dell’uomo e della sua condizione, se la poesia è memoria salvifica e il compito  del poeta nel nostro mondo è, tra gli altri,  quello di preservare tale memoria, allora l’ultima raccolta di poesie e poemetti  di Plinio Perilli, ‘’Museo dell’uomo’’ – poesie e poemetti 1994-2020 ’’(Ed. Zona 2020), scritti  in un arco di tempo  trentennale, si colloca a pieno titolo  in questo spazio straordinario, essendo essa stessa in tutto e per tutto straordinaria, speculare e funzionale a questi intenti. Diciamo subito  che ‘’Museo dell’uomo’’ è un’opera complessa, appassionata e appassionante, che si dipana in un racconto denso, che diventa periplo della storia  dell’Autore e dell’Uomo, personale e collettiva dunque, e lo fa procedendo lungo rotte multidirezionali e percorsi  attorno all’uomo e per l’uomo, seguendo  rotte che conducono, allargandosi sempre più, alla nascita  stessa del genere umano, colta in un Adamo disteso, ancora nascente. Ma la raccolta è anche un viaggio di circumnavigazione e di immersione totale   nella reiterata  autodistruzione del genere umano, tra guerre, Olocausto, terrorismo e pandemie, e  al tempo stesso,  nella salvezza e nella rinascita  comunque presenti, nonostante tutto, nella nostra vita, quali porti sicuri e  fari sempre  custoditi e alimentati in luce dai sentimenti d’amore, fiducia  e amicizia.  Il titolo, ‘’Museo dell’uomo’’, esprime appieno  la portata del pensiero narrativo  che soggiace all’opera,  opera che è frutto di un lavoro poetico immenso, illustratoci dall’ Autore stesso nella nota conclusiva, da leggere, a parer mio, anche in apertura  in quanto spot-light sulla sua visione del mondo. Ma è anche, il titolo, la cifra  di un testo   in cui   la scrittura diventa via via un vero ‘’racconto museale’’ dipanato nello ‘’spazio espositivo’’ della pagina, per restare ancorati alla bellissima e significativa immagine  che tale titolo richiama, e intendendo con ‘’racconto museale’’ un vero e proprio cammino coinvolgente e interattivo,  dove   la parola   si fa concerto di voci en plein air che ricostruisce, protegge e conserva, quale testimonianza di noi a noi stessi e ai posteri, di un mondo altrimenti impossibile da comprendere, in una dimensione di speranza. Un Perilli dunque, si potrebbe dire, museografo e museologo, oltre che vero e grande poeta, nel senso più concreto e attuale dei termine, vista la solidità dell’ architettura narrativa dei suoi testi in generale e di questo in particolare.  Un museo  dell’uomo e per l’uomo allestito nel cuore, un dialogo tra Passato e  Presente, tra Storia e Memoria, tra Bene e Male, tra Natura ed Emozione, tra il ‘’sempre’’ di  Dio e la quotidianità dell’uomo, in poche parole la vita nella sua multidimensionalità e nelle sue opposizioni e contraddizioni, un museo  nel quale ci ritroviamo tutti, guardandoci come in uno specchio o in un diorama di vetro delicato e potente, con i nostri errori e fragilità e con quelle scintille divine che a volte, imperscrutabilmente e inaspettatamente  si manifestano nel nostro misterioso percorso umano. Così l’esperienza individuale dell’Autore diventa esperienza universale, e quella, momento individuale. Per questa reciprocità ognuno di noi è alla fine ‘’Adamo disteso’’, padre (e madre) che ci rinasce continuamente, siamo noi  Auschwitz, siamo il ponte che crolla, il carcere, l’eclissi  e il terremoto, le Torri Gemelle e  la pandemia, ma siamo anche  le staffette della Resistenza, l’isola-nave, Giordano Bruno e Kuska o  il pettirosso nella neve, gli amici, la poesia, e siamo noi  gli amanti, fortunatamente ancora ‘’ in volo’’, come li definiva l’Autore nella sua intensa silloge precedente (Gli amanti in volo, Pagine 2014),  dedicata appunto all’amore, amanti che sembrano ancora sfiorarci  nella quotidiana scoperta, l’uno dell’altro anche e soprattutto nelle difficoltà del vivere e nella sofferenza. Nel Museo dell’uomo di Plinio Perilli c’è perciò il mondo intero che si guarda, l’umanità  portata  alla luce  con lavoro di scavo archeologico, con amore e pietas e religiosamente resa sacra ed eterna  come un pane raffermo o  transustanziato.  Dice  infatti Perilli, ricordando con amore un’abitudine materna : ‘’…Non si getta la vita, ogni suo / grammo d’emozione, poesia che mastichiamo  alla dura radice del gusto / nel rito che è mistero. Corpo e carne di natura, eucarestia domestica…’’. Una poesia autentica, etica e luminosa anche nelle ombre,  sintesi  fra intelletto e sentimento, una poesia che dice di se stessa e a se stessa  ‘’Ogni poesia è - l’infinito, da quando inizi / a leggerla fino alla fine…E in mezzo c’è / la vita, le parole quando nude somigliano /a uno stato d’animo, a un pensiero magico…’’, sicché appare significativa la datazione  di questi versi  estrapolati da  ‘’L’infinito a pezzi’’: 7 giugno 1955-2019, versi
 in cui ‘’le parole nude’’ di Plinio Perilli sono quelle vere e  sincere di un poeta  coerente e coraggioso, in perfetta armonia  con la  sua dimensione umana, per i valori universali che con noi  tutti, da  sempre, condivide. ‘’Molto ha esperito l’uomo. / Molti celesti ha nominato / da quando siamo un colloquio / e possiamo ascoltarci l’un l’altro’’, scriveva Hölderlin e questo colloquio si rinnova, intenso e vibrante,  in ogni poesia del ‘’Museo dell’uomo’’.

Tiziana Marini

 

Da ''Museo dell'uomo'':

 

 

Adamo disteso

 

1-

Uomo non sono  eppure già lo sembro,

chiedo alla terra un corpo rivelato, fedele

alle stagioni, radicato alla pietra, ossa del mondo,

al bianco sasso da cui partiamo e torniamo…

Prego perciò la mano e il respiro di Dio

di scolpirmi forte dentro il cuore, soffiarmi

l’anima non come un augurio, ma dovere

semmai di far felice quel bene che m’impasto’

fango, mota di cielo – sangue che stilla luce…

2 -

Disteso. Dell’universo preda e gemma,

fiore di pietrisco… Oggi che tu artista

mi scolpisci – ne sogni vera l’immagine –

sappi che io nasco, pulso, rinasco ancora

come quel primo giorno, stupefatto al miracolo,

di fare specchio a un Dio per trasparenza

d’amore, rito e carne di tutto il creato!

Solo questa è l’immagine, questa la somiglianza

da faticare a non perdere, a non sciupare

o tradire con l’alibi delle preghiere…

3 -

Ora che d’oro poi rifulgo tutto!, mi vergogno,

lo giuro, del mio nudo corpo… Perché credo che

l’oro valga molto, ma molto meno della carne,

meno dell’anima… Quella sì, che la sento, la

vorrei d’oro: monile immenso di Dio che m’incorona

Uomo, re della Natura… Come a specchiarmi

fiero nei fiumi quaggiù  in Terra, nei laghi azzurri

freddissimi di cielo, nell’Eden in cui ora vivrò – e

non sarà per sempre… perderò l’oro e la gioia di Dio.

4 -

Forse io da sempre, disteso, attendo di nascermi:

uomo, corpo già grande come un eroe del Nulla,

atleta di ogni giorno:e troverò forza, materia,

proprio da questo fango, fino a mutarlo in oro…

Freme la coscia del sangue che presto m’avverrà,

come avvengono gli occhi, le mani che tuttora

confondono pugni e dita, e labbra che non parlano.

5 -

Adamo – Lui così adesso Lui sta chiamandomi!-

Adamo disteso, manichino svegliato – per miracolo

eterno proclamato Primo Uomo, divino e mortale.

Sto nascendo e già mi stanco a vivere, anche

a esserne felice… Che strana idea, che pazzo

lievitare!... Disteso accanto a tutto ciò che

mi manca, o meglio ancora, non sono… Un dolore

mi prende dentro – e quest’oro lo vorrei di carne:

una compagna, un altro specchio di me, Eva

distesa da amare, perché anche l’Eden ci fa

smarrire, ci culla soli, il cuore in gola, nudi di cielo…

6 -

Il cuore – ciò che nessuno scultore, soltanto Dio

sa plasmarci dentro – qui brilla e appare anche da

fuori, piccola luce, sorriso prima del volto, del Tempo

sacro che nemmeno i secoli possono accogliere,

o misurarne l’Uomo, Adamo me disteso – e Nulla ero

nel prima ma tutto era già stato, come parola

riassume il gesto, il pensiero, la carezza che un Padre

ama fare al figlio: ed io proprio da questa sono nato.

7 -

Tristezza non è divina, la sento, è virtù tutta mia:

farò d’essa il mio fiore, la casa o il tralcio

cui a sera appendere l’anima, prima di tornare

a letto, nudo disteso a fianco della vita: riverso,

spossato come dopo ogni atto d’amore… In furia

cerca sempre il cielo, s’inturgida fino alle stelle!

Il desiderio è un vangelo, palmizio di parabole…

 

Saprò amarla, la vita, creta da cui Lui – oggi –

Mi ha estratto, rivelato il cuore. C’è un Dio nell’uomo,

                      e Dio nasce in Adamo.

 

 

Adamo disteso è una splendida statua in oro di Giacomo Manzù (opera del

1972), 185x78 mm. “Questa piccola fusione in oro” – rileva Livia Velani

nella sua monografia su La Raccolta Manzù,  Ardea, 1994 “è ripresa dalla

posizione del corpo di Adamo nel prologo del film La Bibbia di John Huston,

che Manzù aveva con fatica ideato. Infatti, come mi raccontò durante un

nostro incontro, la difficile resa visiva della nascita di Adamo dalla creta,

doveva iniziare con l’immagine del sasso per poi evolversi nel corpo

umano”.

 

     
                          

 

Plinio Perilli (Roma, 1955) e' poeta, saggista e critico letterario.  Ha esordito nel 1982 con un poemetto pubblicato sulla rivista Alfabeta. La sua prima raccolta poetica è del 1989, “L'amore visto dall'alto'' cui fanno seguito i racconti ''Ragazze italiane'' nel 1990 e “Preghiere di un laico” nel 1994. Tra le altre sue opere, come critico e saggista, ricordiamo ''Storia dell'arte italiana in poesia del 1990” , “Melodie della Terra del 1998” e “Costruire lo sguardo”. Storia sinestetica del cinema in 40 grandi registi, 2009. E' del 2014 il romanzo in versi ''Gli amanti in volo ''.

''La rivoluzione degli eucalipti'' di Nina Maroccolo, Galleria d'Arte Moderna - Earth day 2021

 













''La rivoluzione degli eucalipti'' di  Nina Maroccolo, in mostra dal 14 maggio al 10 ottobre presso la Galleria d'Arte Moderna di Roma, per celebrare l'Earth Day 2021,  e' l'incontro dell'artista con la natura e le sue mutazioni, un incontro in cui l'eucalipto diventa il simbolo delle doti salvifiche della natura in un'ottica rivoluzionaria. L'esposizione si avvale di opere fotografiche e piccole installazioni in teche, veri e propri scrigni di tesori custoditi con amore,  mandala e oggetti ''del cuore'', tutti al servizio delle ''macerazioni'' e del ''principio dello scarto'' a sottolineare la bellezza e la forza della natura che trova in sè la capacita' di autorigenerarsi. Nel  bellissimo, prezioso catalogo, (Disvelare Edizioni, 2020) e' la Maroccolo stessa con le sue parole e le sue immagini ad accompagnarci nel viaggio sinestetico della mostra,  curata da Plinio Perilli. Con fotografie, poesie e  scritture di rara intensita', l'Autrice ci porta nel suo Mondo, un mondo delicato e potente al tempo stesso, dove trovano spazio e voce la bellezza, il dolore, la denuncia.
Scrivo in una testimonianza inserita  nel catalogo, fra le tante presenti : ''...Un lavoro originalissimo dunque, quello delle ''macerazioni'', non solo concreto, ma anche coraggioso, in cui la Maroccolo compie il rito di una vestale - alchimista o piu' semplicemente di una donna che percorre con stupore e  consapevolezza al tempo stesso, camminamenti intricati da foglie e cortecce, da radici e venature per estrarne, attraverso un processo di ''macerazione'', insieme alla linfa, il senso piu' profondo della vita... 

In questa ottica visitare la mostra  vuol dire  compiere un bellissimo viaggio, scoprire in ogni teca  tesori preziosissimi, gioielli dotati di anima e di quella magia che solo le forze piu' ancestrali possiedono, forze che ci  abbracciano, additandoci nuovi itinerari  di speranza e verita', nuovi obiettivi di salvezza, qui sulla Terra, per l'Uomo, la Natura, la Storia. La  Maroccolo afferma infatti: ''Gli eucalipti, e tutti gli altri alberi, vegliano su di noi. Ci sostengono fin dove possono. Ci ricordano di abbandonare cio' che credevamo di essere. ESSERE SOLTANTO CIO' CHE SI E'.

























Nina Maroccolo (Massa 1966) e' un'artista eclettica. La sua attivita'  spazia dal restauro all'intaglio e all'intarsio, dal canto al teatro, dalla prosa alla poesia, dalla pittura alla fotografia.  Dal 2004 vive e lavora a Roma.  Performer teatrale e studiosa della natura,  e' autrice di numerose pieces teatrali tra le quali ricordiamo Partitura per ferro e terra dedicata all’opera dello scultore Jaume Plensa,  Annelies Marie Frank (dal suo libro omonimo), Nastro – Omaggio a Giacomo Manzù cortometraggio per voci recitanti, E' protagonista del film d’arte La sesta vocale  per la regia di Iolanda La Carrubba, colonna sonora di Gianni Maroccolo: opera finalista al “Festival Internazionale del Cinema di Berlino 2013” nella rassegna Director Lounge DL9. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: Il carro di sonagli (City Lights Italia 1999), Annelies Marie Frank (Empirìa 2004), teatro, con una lettera di Alda Merini. Illacrimata (Tracce 2011), poemetti, prefazione di Paolo Lagazzi. Animamadre (Tracce 2012), romanzo, prefazione di Fabio Pierangeli. Malestremo – Sedici viaggi nell’Altrove (Tracce 2013), racconti, prefazione di Marco Palladini.

giovedì 30 settembre 2021

Fiori nel deserto di Atacama

 


Il Deserto di Atacama si e' miracolosamente ricoperto di fiori quest'anno... cosi' come  capita di tanto in tanto...Una fioritura straordinaria, rara... che tinge di rosa la terra arida in condizioni climatiche proibitive. Una fioritura che possiamo prendere come metafora della vita quando ci elargisce a sorpresa gioie inaspettate ... Il pensiero corre al bel libro di  Luis Sepulveda ''Le rose di Atacama'' (Guanda, 2000)...