giovedì 10 novembre 2016

Strida a novembre (Kolibris - 2016) di Cristina Sparagana


Nota di lettura  di Tiziana Marini

Cristina Sparagana e’ una voce importante  della poesia contemporanea per l’originalita’ della sua scrittura, vasta e complessa. ‘’Strida a novembre ‘’ (Kolibris - 2016), la sua ultima raccolta di poesie, ne e’ l’ulteriore conferma. Questa  silloge e’ paragonabile ad un’ orchestra in cui sono presenti tutti gli strumenti musicali in sinergia nell’esecuzione di una sinfonia dalle sfumature variegate,  come un mix di note dolcemente malinconiche e strida novembrine piene di pathos, cosi’ come ci annuncia il titolo. La Sparagana, poeta visionario di dolente timbrica, ci offre intensi flussi interiori e avvolgenti suggestioni,  sempre sospesa tra luce e tenebre, tra arpeggi improvvisi e virtuosismi raffinati.
Senza pacatezza, senza saggezza, con la sua poesia assoluta, si tuffa nell’ignoto e ci trascina in una cascata di emozioni che si generano reciprocamente e per partenogenesi. Emozione genera emozione come  nelle scatole cinesi o nelle matrioske, ma qui il piu’ piccolo elemento e’ un minuscolo diapason che risveglia e conduce a melodie interiori.
E non si puo’ non lasciarsi andare e travolgere. Perche’ questo richiede la poesia di Cristina Sparagana: abbandono assoluto che si fa trasporto e viaggio dell’anima aldiqua e aldila’ del possibile. Poesia misteriosa, di visioni surreali, simbolica,  senza spazio ne’ tempo e che si scioglie nei sensi e nel cuore con metafore potenti, e’questa di ‘’Strida a novembre’’, ma  anche  poesia limpida e cristallina e lente d’ingrandimento tra noi e l’inconoscibile. L’autrice procede come in uno stato crepuscolare onirico nell’abisso di se’, insondabile (…io sono il lato piu’ tenace del vuoto, l’imbrunire’’)  e ci presenta un mondo dove tutto e’ possibile, sia esso infinitamente grande, sia esso infinitamente piccolo,  da  ‘’egra veggente’’, quale lei stessa  si definisce.  Ecco che prende vita  un mondo di angeli, animali, bambole, divinita’, oggetti di ogni specie che non sono piu’ al loro posto, ne’ servono a cio’ che e’ stabilito, un mondo dove l’azzurro,  colore di cui si tinge anche il sangue, predomina, (‘’…Un sangue quasi azzurro ha unito il cuore / a un ricordo avvampato, alto, gentile, / disceso da un’immagine di spine…’’) un mondo in cui anche un accadimento impossibile diventa una regola e una verita’ assoluta, (‘’E le dita stringevano un ansioso / doremi’ di bambagia, il suo disgelo / a contatto di un refolo d’aprile…’’). Qui piu’ che mai ogni verso e’ un ‘’uni-verso’’ nel senso  di ‘’mondo infinito’’, universo appunto, totalita’ di tutto cio’ che esiste,  ma anche, come in un gioco di parole,  nel senso di unicita’ in quanto unico e irripetibile, espressione di un sentire del tutto personale ed intimo. Eppure questa irripetibilita’ e’ espressione di tutti i micro e macrosistemi possibili. Insomma, leggendo questa silloge della Sparagana e’ come se ad ogni verso fossimo messi di fronte ad un sentire nuovo, mai esplorato e provato, di fronte ad una situazione mai vissuta. Ma quell’emozione nata cosi’ inaspettatamente ci dice che in fondo essa ci appartiene ad un livello profondissimo e per questo inconsapevole, cosicche’  l’antico, il consueto si fa fantastico e meraviglioso,  si fa arte, si fa vita passata, presente e futura come in un nuovo ‘’Giardino delle delizie’’. Tutto cio’ senza dimenticare che la poesia  non puo’ prescindere dalle sue radici, dalle sue forme piu’ pure, dalla metrica, dal suono, ma dicendoci anche altro,  e di questo la Sparagana e’ convinta, e cioe’ che e’ possibile anche un’altra poesia che affonda certamente le radici nella tradizione piu’ classica della poesia visionaria di grandi autori come Dylan Thomas e Campana ma poi se ne distacca ed e’ altro in continua trasformazione, direi evoluzione. Nascono cosi’ versi come questo:’’ Dolci sere serene / quando vedo/ il tuo viso sbocciare dal bicchiere / come un grumo di giglio…’’ oppure  ‘’ Nel corpo di ogni uomo un crocefisso / atterrisce una donna, la ripiega / su un granturco di sangue…’’Eppure la Sparagana ci parla del quotidiano e degli affetti piu’ semplici e teneri come quello per l’adorata figlia Chicchi (‘’Amore, quanta terra ho nella bocca / e non voglio, baciandoti, annerire / la pura melagrana dei tuoi baci..’’) Si, ci troviamo di fronte al quotidiano, ma  un quotidiano visto al microscopio e  al telescopio di un sentire quasi sovrumano.  E le cose semplici diventano cosi’ divine. L’indecifrabile, abc esistenziale.


Tiziana Marini

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