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sabato 16 dicembre 2017
domenica 10 dicembre 2017
'' Scolpire questa pace'' di Andrea Mariotti (Ed. Tracce, 2013)
Nota di lettura di Tiziana Marini
Un titolo particolarmente
significativo questo della silloge ‘’Scolpire questa pace’’di Andrea Mariotti
(Ed. Tracce, 2013) autore di una poesia priva di retorica, antilirica,
realistica e civile in cui confluiscono gli aspetti più problematici dei nostri
tempi e i sentimenti più autentici,
legati alla famiglia e all’amicizia in un mix emblematico e policromo, come a
voler significare che la personalità di un poeta ha mille sfaccettature, mille voci e che gli
opposti non si escludono ma al contrario si intersecano, coincidendo alla fine in
una sinergia potentissima. ‘’Scolpire’’ sottolinea come la pace, effettuale o ideale,
sociale o individuale sia qualcosa di non scontato, qualcosa da modellare a
colpi di scalpello come il marmo o forgiare appunto come un metallo, con impegno e lavoro, anche con le parole della poesia e, nella
fattispecie, con uno sguardo acuto ed ironico tendente a dissacrare con disincanto, gli
errori-orrori dei nostri tempi cogliendone gli aspetti più problematici,
contraddittori, paradossali e talvolta grotteschi e ben sapendo che nulla può
essere ricostruito senza demolire ciò che tentenna, ciò che non ha solide
fondamenta. La poesia, sia nel suo essere civile e morale ma anche nella sua
dimensione piu’ introspettiva, puo’ raggiungere questo scopo raccontando la storia, la società, lo spirito dei tempi e
l’anima individuale con arguzia,
sincerità e onestà intellettuale, come tutti i più grandi autori, del resto, da sempre hanno saputo fare. Così il nostro
autore.
Le poesie della silloge sono
suddivise in brevi sezioni: Dissidenze, Introspezioni, Poppe e sismi, Mutatio
Animi, Caro endecasillabo…, Dolenti note, Sta come torre ferma. In esse
l’Autore esprime con forza le sue ‘’dissidenze’’ e i malumori nei confronti di
un mondo apocalittico, tecnologico, di una
società videodipendente, Truman show dell’anima, una selva oscura come ci dice Mariotti
nella poesia ‘’La speranza dell’altezza’’, ‘’ Ci troviamo per una selva oscura,
/ ha detto il New York Times,/ e d’immondizia a Napoli e’ spuntato / un Vesuvio
bis,/ alla cui vista/ riscopriamo la potestà del ratto…’’, in cui si muovono ‘’tecnoarpie’’, ‘’gorgoni’’,‘’grandi
esteti’’, ‘’tetragoni commercialisti’’, ‘’grandi fratelli’’. ‘’tecnoparadisi’’,
contro i quali l’Autore auspica ironicamente il ritorno del Pelide Achille, magari
contattando direttamente Omero via posta elettronica ‘’…A questo punto non
sarebbe male / far muovere il Pelide contro di essa / in tempo reale; rispondimi,
ti prego,/ mandami una mail!’’. Tutto questo mentre ci giungono echi di guerre
lontane ma non troppo, perché ogni guerra ci riguarda da vicino, e terremoti invece vicinissimi.
Pungente ironia dunque ma anche di
tanto in tanto il bisogno di pause in
cui rimirare la natura o ascoltare
l’amato Beethoven, antidoti necessari affinché
scenda una vera pace nell’anima. Con rapidi e bellissimi versi e pennellate intense, Mariotti riposiziona lo
sguardo, volto prima verso un mondo frenetico e banale e guarda una natura
accarezzata dalle note dell’amatissimo Beethoven. Ecco i cari luoghi ai confini dell’Umbria, ‘’Placido
galleggia il Soratte / sulla valle del Tevere….Beethoven può scolpire questa/
pace sofferta e non in vendita’’. Ecco
le cime del Gran Sasso in ‘’Quella notte d’Aprile ‘’…zanne / d’un elefante
acceso d’ira / per l’umana miopia’’. Ecco la consolazione che offre la bellezza
dell’arte, quella di una Madonna del Latte per esempio che accompagna e dipinge i fremiti
dell’anima in autunno o una Vergine di Misericordia ‘’alta più di duemila
metri…’’ in Val di Landro. Ecco le foreste del Casentino ‘’…tu mi plachi, o
foresta fitta e cupa / ma misericordiosa di Camaldoli!’’. Ed ecco il mondo
degli affetti pronto a salvarci. In ‘’Primo giorno d’estate’’, poesia dedicata
al matrimonio di due cari amici, l’amore e’ visto come il bene più prezioso, la
speranza ‘’…Ma il vostro amore / dice,
Alessandra e Giovanni, che noi, / gli umani, non finiremo di incontrarci’’. In
‘’Tiziana’’, la poesia dedicata alla nipotina lontana di tre anni, c’è tutta la
dolcezza della nostalgia che si esprime attraverso il ricordo e si consolida
con il conforto del tempo a venire ’’…il
mio piccolo giardino per l’inverno, sei’’. In ‘’Melodia’’ si leva il canto per
una fanciulla, simbolo di speranza e giovinezza, ‘’ebbra d’amore per la vita’’,
sottolineato dalle note di Beethoven che ne esaltano ‘’…La freschezza del suo
cuore / non incantato dalle tenebre…’’In ‘’Cabaletta’’, una gita in bici e il
‘’lento e antico’’ Tevere, placano l’animo del poeta ‘’…Ivi, tornando con la
mente / a mie pene / eccolo a placarmi, il fiume, / col suo correre lento,
antico e saggio ’’mentre in ’’Tramontana
di San Lorenzo’’, si avverte il peso di un’amara serenità e di una solitudine
accettata, mitigata solo dalla bellezza ‘’…Morte saggia, serena, quella /
almeno mi spetta, e di bellezza / nel frattempo vivrò, / di quella / pace che
avverto dentro di me’’. Una serenità sofferta dunque ma grazie alla quale Mariotti
riesce perfino a distaccarsi dalle incongruenze e dagli affanni legati al
vivere quotidiano ritagliandosi, nel tessuto aggrovigliato del vivere, spazi di libertà. In ‘’Open space’’ ci dice
infatti ‘’…In pausa-pranzo, in breve / raggiungo il dilettoso monte. / Dal viale di Trastevere, eccomi / infatti
prendere di petto / la scalea Ugo Bassi per mirare / i tetti e le cupole di
Roma; / e i monti del Lazio, all’orizzonte’’. E se un bellissimo panorama può liberarci da un vivere che ci va stretto,
così anche un semplice, unico albero, nella fattispecie una quercia, può
esserci d’esempio per imparare a resistere alle intemperie del nostro tempo e
alle tempeste interiori, come appare chiaro nei bellissimi versi di ‘’Alla quercia di P. da Palestrina
‘’…sicché t’abbraccio socchiudendo gli occhi…/ o roverella invisa alle bufere,
/ insegnami a resistere alla pena / di vivere insabbiato!...’’.
Viene da lontano la poesia di
Mariotti, da una tradizione che affonda le sue radici nella poesia greca e latina, in Petrarca e Leopardi, nel
sonetto, ma lo fa in modo del tutto originale e spontaneo benché il verso sia cesellato
in ogni dettaglio, sapientemente
costruito con raffinata eleganza di forma e contenuto anche laddove
quest’ultimo sembrerebbe di difficile trattazione in poesia. Un’ispirazione
profonda caratterizzata da un’amarezza, da un dolore di base spesso mitigato, sdrammatizzato ma per
paradosso reso più acuto e quasi amplificato da una sincerità volutamente
leggera, ecco quello che, tra i tanti altri aspetti, ci colpisce di
questa silloge preziosa
ed intensa di allegorie, metafore,
visioni, tese tutte a costruire
finalmente la pace dell’anima.
Tiziana
Marini
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