domenica 10 dicembre 2017

'' Scolpire questa pace'' di Andrea Mariotti (Ed. Tracce, 2013)

Nota di lettura di Tiziana Marini



Un titolo particolarmente significativo questo della silloge ‘’Scolpire questa pace’’di Andrea Mariotti (Ed. Tracce, 2013) autore di una poesia priva di retorica, antilirica, realistica e civile in cui confluiscono gli aspetti più problematici dei nostri tempi e  i sentimenti più autentici, legati alla famiglia e all’amicizia in un mix emblematico e policromo, come a voler significare che la personalità di un poeta  ha mille sfaccettature, mille voci e che gli opposti non si escludono ma al contrario si intersecano, coincidendo alla fine in una sinergia potentissima. ‘’Scolpire’’ sottolinea come la pace, effettuale o ideale, sociale o individuale sia qualcosa di non scontato, qualcosa da modellare a colpi di scalpello come il marmo o forgiare appunto come un metallo, con  impegno e  lavoro,  anche con le parole della poesia e, nella fattispecie, con uno sguardo acuto ed ironico  tendente a dissacrare con disincanto, gli errori-orrori dei nostri tempi cogliendone gli aspetti più problematici, contraddittori, paradossali e talvolta grotteschi e ben sapendo che nulla può essere ricostruito senza demolire ciò che tentenna, ciò che non ha solide fondamenta. La poesia, sia nel suo essere civile e morale ma anche nella sua dimensione piu’ introspettiva, puo’ raggiungere  questo scopo raccontando  la storia, la società, lo spirito dei tempi e l’anima individuale  con arguzia, sincerità e onestà intellettuale, come tutti i più grandi autori, del resto,  da sempre hanno saputo fare. Così il nostro autore.


Le poesie della silloge sono suddivise in brevi sezioni: Dissidenze, Introspezioni, Poppe e sismi, Mutatio Animi, Caro endecasillabo…, Dolenti note, Sta come torre ferma. In esse l’Autore esprime con forza le sue  ‘’dissidenze’’ e i malumori nei confronti di un mondo apocalittico, tecnologico,  di una società videodipendente, Truman show dell’anima, una selva oscura come ci dice Mariotti nella poesia ‘’La speranza dell’altezza’’, ‘’ Ci troviamo per una selva oscura, / ha detto il New York Times,/ e d’immondizia a Napoli e’ spuntato / un Vesuvio bis,/ alla cui vista/ riscopriamo la potestà del ratto…’’,  in cui si muovono ‘’tecnoarpie’’, ‘’gorgoni’’,‘’grandi esteti’’, ‘’tetragoni commercialisti’’, ‘’grandi fratelli’’. ‘’tecnoparadisi’’, contro i quali l’Autore auspica ironicamente il ritorno del Pelide Achille, magari contattando direttamente Omero via posta elettronica ‘’…A questo punto non sarebbe male / far muovere il Pelide contro di essa / in tempo reale; rispondimi, ti prego,/ mandami una mail!’’. Tutto questo mentre ci giungono echi di guerre lontane ma non troppo, perché ogni guerra ci riguarda da vicino,  e terremoti invece vicinissimi.
Pungente ironia dunque ma anche di tanto in tanto il bisogno di  pause in cui  rimirare la natura o ascoltare l’amato Beethoven, antidoti  necessari affinché scenda una vera pace nell’anima. Con rapidi e bellissimi versi  e pennellate intense, Mariotti riposiziona lo sguardo, volto prima verso un mondo frenetico e banale e guarda una natura accarezzata dalle note dell’amatissimo Beethoven. Ecco i cari  luoghi ai confini dell’Umbria, ‘’Placido galleggia il Soratte / sulla valle del Tevere….Beethoven può scolpire questa/ pace sofferta  e non in vendita’’. Ecco le cime del Gran Sasso in ‘’Quella notte d’Aprile ‘’…zanne / d’un elefante acceso d’ira / per l’umana miopia’’. Ecco la consolazione che offre la bellezza dell’arte, quella di una Madonna del Latte per esempio  che accompagna e dipinge  i   fremiti dell’anima in autunno o una Vergine di Misericordia ‘’alta più di duemila metri…’’ in Val di Landro. Ecco le foreste del Casentino ‘’…tu mi plachi, o foresta fitta e cupa / ma misericordiosa di Camaldoli!’’. Ed ecco il mondo degli affetti pronto a salvarci. In ‘’Primo giorno d’estate’’, poesia dedicata al matrimonio di due cari amici, l’amore e’ visto come il bene più prezioso, la speranza  ‘’…Ma il vostro amore / dice, Alessandra e Giovanni, che noi, / gli umani, non finiremo di incontrarci’’. In ‘’Tiziana’’, la poesia dedicata alla nipotina lontana di tre anni, c’è tutta la dolcezza della nostalgia che si esprime attraverso il ricordo e si consolida con il conforto del  tempo a venire ’’…il mio piccolo giardino per l’inverno, sei’’. In ‘’Melodia’’ si leva il canto per una fanciulla, simbolo di speranza e giovinezza, ‘’ebbra d’amore per la vita’’, sottolineato dalle note di Beethoven che ne esaltano ‘’…La freschezza del suo cuore / non incantato dalle tenebre…’’In ‘’Cabaletta’’, una gita in bici e il ‘’lento e antico’’ Tevere, placano l’animo del poeta ‘’…Ivi, tornando con la mente / a mie pene / eccolo a placarmi, il fiume, / col suo correre lento, antico e saggio ’’mentre  in ’’Tramontana di San Lorenzo’’, si avverte il peso di un’amara serenità e di una solitudine accettata, mitigata solo dalla bellezza ‘’…Morte saggia, serena, quella / almeno mi spetta, e di bellezza / nel frattempo vivrò, / di quella / pace che avverto dentro di me’’. Una serenità sofferta dunque ma grazie alla quale Mariotti riesce perfino a distaccarsi dalle incongruenze e dagli affanni legati al vivere quotidiano ritagliandosi, nel tessuto aggrovigliato del vivere,  spazi di libertà. In ‘’Open space’’ ci dice infatti ‘’…In pausa-pranzo, in breve / raggiungo il dilettoso monte. / Dal  viale di Trastevere, eccomi / infatti prendere di petto / la scalea Ugo Bassi per mirare / i tetti e le cupole di Roma; / e i monti del Lazio, all’orizzonte’’. E se un bellissimo panorama  può liberarci da un vivere che ci va stretto, così anche un semplice, unico albero, nella fattispecie una quercia, può esserci d’esempio per imparare a resistere alle intemperie del nostro tempo e alle tempeste interiori, come appare chiaro nei bellissimi  versi di ‘’Alla quercia di P. da Palestrina ‘’…sicché t’abbraccio socchiudendo gli occhi…/ o roverella invisa alle bufere, / insegnami a resistere alla pena / di vivere insabbiato!...’’.


Viene da lontano la poesia di Mariotti, da una tradizione che affonda le sue radici  nella poesia  greca e latina, in Petrarca e Leopardi, nel sonetto, ma lo fa in modo del tutto originale e spontaneo benché il verso sia cesellato in ogni dettaglio,  sapientemente costruito con raffinata eleganza di forma e contenuto anche laddove quest’ultimo sembrerebbe di difficile trattazione in poesia. Un’ispirazione profonda caratterizzata da un’amarezza, da un dolore  di base spesso mitigato, sdrammatizzato ma per paradosso  reso più acuto e quasi  amplificato da una sincerità volutamente leggera,  ecco quello che,  tra i tanti altri aspetti, ci colpisce di questa silloge preziosa
ed intensa di allegorie, metafore, visioni, tese tutte  a costruire finalmente  la pace  dell’anima.                                                                                 
                                                                                   Tiziana Marini


mercoledì 29 novembre 2017

Night sky inspiration

(Tiziana Marini Ph.)


Volando a collo teso



Volando a collo teso
verticale al mondo
e obbediente
ho chiuso da far male gli occhi
per stringere la notte.
Li ho serrati forte
per vedere nel mio buio
casomai le stelle.


Tiziana Marini (da ''Lo scatto della lucertola, Ed. La Vita Felice  2016)




Flying with the  straight neck

Flying with the straight neck,
vertical to the world
and obedient
I closed my eyes
with pain
to tighten the night
and so strong
to see in my dark
just in case
the stars.


Tiziana Marini (from ''The speed of the lizard'' - La Vita Felice, 2016 -Translation by Tiziana Marini)



lunedì 30 ottobre 2017

''The lost one''


                                 ''The Lost one'' in the distance (photo by Tiziana Marini from                                                                 Terry Olivi's beautiful  terrace)                           


Saint Mary Major, built on the Equilino Hill, is one of the main basilicas  in Rome. In according to a legend, one of its bells is known as ''The Lost One'' (La Sperduta). In fact in the XVI century a young blind female shepherd got lost in the fields around that area and she found the way home because of the prodigious bell ring. In memory of this legend The Lost One rings every evening at nine)
(Hot chili peppers in the Terry's  terrace-photo by Tiziana Marini)


                                                                                                                                                                                                    







mercoledì 18 ottobre 2017

Autumn sea...




The beach in autumn is something wonderful....as you can see in my shots...taken while i was walking along the shore... (Fregene)



martedì 17 ottobre 2017

''Blue'' di Maurizio Zaccaro

‘’Blue’’(Maggioli Editore, 2017) del regista e scrittore Maurizio Zaccaro, e’ una felice narrazione di avvenimenti che commuovono, fanno pensare e divertono. Protagonista della storia e’ un’anziana attrice di teatro sofferente del morbo di Altzheimer e tanti sono i personaggi  che la circondano, dipinti tutti con i colori della commedia, colori forti che si imprimono nel cuore e nella memoria del lettore accompagnandolo anche dopo la parola fine. Infatti ''Blue'' e’ un libro che non si dimentica, una storia vivace e delicata, drammatica ed esilarante,  che si fa leggere catturando ad ogni pagina il lettore. La forza dei personaggi la rende viva e realistica, quasi tridimensionale e noi ci muoviamo all’interno di essa come in un film di cui, per la suddivisione in due tempi della trama, il libro ricorda la struttura.
Ringrazio Maurizio Zaccaro per avermi coinvolta nelle parti dialettali in romanesco.

lunedì 16 ottobre 2017

Autunno...



                                      (Foto di Tiziana Marini)
                                                                                




Sopportera' il cuore




Non dico nulla

nascondo nel perimetro dilatato

del mio corpo

lo scheletro trasparente

l'evidenza dei fatti.

Sopportera' il cuore

l'interno mare effimero

l'epica di stanza tra le foglie?

Non dico nulla.



(Tiziana Marini - da ''Lo scatto della lucertola'' Ed. La Vita Felice, 2016)


Will bear the heart


I don't say anything

just hide in the outer limit

of my body

the transparent skeleton

the evidence of facts.

Will bear the heart

the inner , ephemeral sea

the epic distance

among the leaves?

I don't say anything.



(Tiziana Marini - from ''Lo scatto della lucertola'', Ed. La Vita Felice, 2016)

The enchanting Civita di Bagnoregio and the valley of the calanchi

Civita di Bagnoregio,  the ‘’dying town’’ (because of the erosion) is  one of my favorite  small town in Italy. It is located on a hill and the only way in or out is by a footbridge.
Passing through the main entrance, you enter  the Middle Ages...

martedì 10 ottobre 2017

''La parola detta'' di Stefania Di Lino



“La parola detta” (Ed. La Vita Felice – 2017)- Lettura di Tiziana Marini


La nuova raccolta di poesie di Stefania Di Lino dal titolo “La parola detta” (prefazione di Cinzia Marulli - Ed. La Vita Felice, 2017), trova già nel titolo il suo significato più profondo. Quando una parola e’ stata detta infatti è difficile cancellarla o modificarla perché la parola opera sulla realtà, sia fisica che psichica,  una trasformazione irreversibile, come il fuoco sulla carta e anzi, in quanto verbum o logos, è creatrice e si identifica con la divinità stessa. La parola  costruisce cosi’ una trama, una ragnatela di rapporti, legami che si intersecano come i meridiani e i paralleli, e al tempo stesso è mongolfiera che ci fa volare “dopo aver rosicchiato le corde” che ci legano al suolo, come afferma la Di Lino stessa in una poesia della raccolta, ricordandoci così la poesia di Mario Luzi  “Vola alta parola...” (e la parola di Stefania vola altissima!) in cui  proprio la parola è chiamata a raggiungere gli estremi opposti nadir e zenit per indagare l’anima mundi, per  mettere in contatto il poeta con se stesso e con gli altri e gli altri con gli altri, trovandoli e raccontandoli tutti nell’interiorità della  propria coscienza. E questo è un libro che parla di coscienza alla coscienza con le parole dell’inconscio, sintonizzando ogni elemento, ogni respiro con le frequenze etiche dell’universo “….volare alto trasformando in ali le dita” dice ancora la Di Lino, con una fisicità intensa e presente continuamente nella raccolta, dapprima come seme orizzontale deposto nella zolla e poi come albero verticalmente proteso verso il cielo “…orizzontale dunque fui / e parallela alla terra / ma verticale è la pianta nata / che in alto il suo stelo tende / ed è albero che come mani / in alto allunga i suoi rami …”.
Questa seconda raccolta, preceduta da  “Percorsi di vetro” (de-Comporre Ed. 2012) è ancora un viaggio, ma questa volta nella verticalità di se stessi, un viaggio sincronico dove si possono ritrovare vari archetipi, primi fra tutti  quelli  della Grande Madre e della Madre Terra con il ciclo  di morte e rinascita, ma anche l’istinto e l’emozione.
Dal punto di vista strettamente strutturale le poesie mancano di titolo e il loro inizio e la loro fine non sempre coincidono con l’inizio e la fine reali, sono segmenti su una retta infinita, parti di un pensiero fertile che improvvisamente (ma frutto di grande lavoro!) prende forma sul foglio, affiorando dalle profondita’ del nostro “inner eye”, un pò come i percorsi sotterranei delle acque, un pò come le battute musicali, visto anche l’uso di slash di separazione, sempre inserite in una partitura ben più grande che in questo caso coincide con la vita.
Certo è che le poesie di questa raccolta della Di Lino scavano per davvero in ogni profondità sia del corpo che dell’anima, sono semi nelle zolle che germogliano come lei stessa afferma nella sua dichiarazione di poetica “porto un Dio dentro /dannato e bello / che coltiva pazientemente la mia cesura / la semina mi rende fertile / così fiorisce la mia scrittura”.
Ma quali sono le parole dette alle quali fa riferimento la Di Lino? Sicuramente quelle taciute “…perché dall’alto  / di ogni priorità muta /  si trova il nido della parola taciuta…”, quelle sollevate “…si aprano al cielo e al vento / le parole sollevate dal fango / commistione pura della terra / che talvolta radici vanno recise…”, quelle date “…ci sarà nell’aria  / un lascito d’amore / un vento nuovo / pulito di odore / che porta in sé la parola data...”, quelle buone “Cambierai / e lo farai attraversando lo specchio / spinta dal vento / e da una carezza di parole buone...”,  quelle ritrovate “…tornerà presto il tempo / della parola ritrovata e detta /  quando l’assenza sarà seduta /ogni parola sarà per vocazione / ogni radice terra vicinanza,…”, quelle in attesa di essere scritte “…e sempre rimane qualche parola / nell’angolo cavo di un pensiero / non si tramuta in lingua denti o bocca / è lì che lenta matura / silenziosa parola che aspetta scrittura.”, quelle offerte “…e le parole offerte che non crebbero mai / per farsi radici…”. E ancora le parole  “che se pronunciate / slittano / su uno stupido amoroso accento …”, e  le parole ritrovate “…sempre spinte dal vento...”. Ma soprattutto ci sono  le parole scritte col sangue, nate dall’anatomia fisica del dolore, pezzi sofferenti del nostro corpo che ci guariscono come medicine perché la guarigione passa per la sofferenza “…se solo tu scrivessi col tuo sangue / che sgorga da un dolore che non passa…i versi sarebbero salvezza, unguento / diventerebbero certezza, medicamento,” e  dalla consapevolezza di dover ripulire la nostra coscienza dai  piccoli omicidi compiuti quotidianamente “…e son fiotti di sangue schizzati / sulle piastrelle nuove / della cucina / che fatica stamattina / dover ripulire le tracce lasciate / dai piccoli omicidi efferati / perpetrati da ogni giorno che passa,” siano essi involontari così come frutto della scelta precisa di affidare alla parola poetica il compito di fare, per dirla con  le parole della Di Lino,  da cecchino, appostandosi  per uccidere la prepotenza e l’ingiustizia del mondo. Non certo per la gloria, ci dice la nostra Autrice,  ma solo perché la parola poetica è un’arma più efficace di qualsiasi altra arma poiché lavora alla radice, partendo dal cuore delle cose “e di primo mattino / piazzato su un grattacielo / da vero cecchino / avrei preso la mira con calma / sarei passata alla storia / almeno azzoppando / con freddezza di colpi / una dozzina di esemplari / della famelica dinastia dei Tirannosaurus rex / poi invece ho scritto una poesia / così nessuno saprà niente di me,…”.
La Di Lino ci offre così  una visione forte, a volte iperrealistica, venata di ironia, tratteggiata con  i contorni decisi della sua pittura e della sua scultura e sempre dolorosa dei nostri tempi sottolineando  che alla fine ciò che davvero uccide non sono le armi, fucili o parole che siano, bensì la mancanza d’amore “…che il morire vero è laddove mai è stato amore…” e  che, come ci dice  in altri bellissimi versi ci si salva insieme “…dimmi che ci salveremo /  mano nella mano…” prendendo coscienza dell’altro e dei nostri doveri al presente  “…c’è sempre una guerra da smettere / e l’amore da fare “ e al futuro “…avremo ancora sguardi / da donare al mondo...” in una dimensione di grande umanità e respiro sociale. E tutto questo è possibile secondo la nostra Autrice,  non seguendo le ragioni del cuore o dell’intelletto,  benché necessarie, ma quelle del tempo e dell’impegno costante, in un sentire che la porta ad unire in un unico abbraccio i suoi figli, auspicando per loro un destino felice “…vi parlo dei miei figli / che furono bambini / quelli impastati dal sangue nella terra / non fatti per morire degli altri la guerra / ma per costruire felici i loro destini,” e i figli  del mondo poiché “le genti non appartengono mai / a un solo posto / mille latitudini attraversano… ed …è solo con le scie disperate lasciate dal loro passo / compasso che si ha l’esatta misura del mondo”. Tutto questo sarà possibile  ma “bisognerà contarci / guardarci negli occhi e tenerci stretti / e credere credere /  nelle ragioni del tempo,” smussando gli angoli del centro, i dissidi più profondi che minano il nucleo dell’umano agire perché l’angolo è la sola certezza “…scommetti tutto te stesso / nell’ordine apparente / delle tue ritrovate simmetrie / e non ti accorgi che / delle tue geometrie / rimane solo la certezza dell’angolo,”.
Ma è navigando nella geografia del corpo, un corpo che diventa palcoscenico per organi/attori che le parole di Stefania diventano grido che racconta di madri “Ho visto mia madre invecchiare / consumarsi / nel sempre più ristretto ambito delle sue clavicole….” e di nascite “carne di amorevole carne  / mentre scivolavi via dal mio corpo / io la tua prima frontiera / tu il mio canto nel mondo “,  di amore “…Una volta mi disse / “ti voglio bene, non te l’ho mai detto / io ti voglio bene / ma eri così diversa da me / e io non ce l’ho fatta…”.” e di figli ”tu che mi guizzavi dentro / argenteo pesciolino / tu che ora affronti il mondo / con le mani di un pianista / e gli occhi scuri /  furiosi di tuo padre “,  passando per l’attimo senza tempo della consapevolezza.
Tanti i temi, dunque, di questa bella raccolta di poesie di Stefania Di Lino (molti spetterà al lettore scoprirli),  temi che,  come in un gioco di specchi, tanti altri ne riflettono all’infinito. Tutti però concorrono a sottolineare l’importanza della parola detta, soprattutto poetica, in tutte le sue molteplici modalità. Se Montale in una sua celebre poesia  “Non chiederci parola” affermava  che la parola può dirci solo “ciò che non siamo e ciò che non vogliamo”, e  se Ungaretti la riconosceva, questa parola, “impotente” e capace solo di ”avvicinarci al segreto che è in noi”, la nostra Autrice invece  crede fermamente nel potere della parola che è catartico, ecumenico e a suo modo rivoluzionario. E questa raccolta ne e’ la testimonianza.
                                                                                                                                            

                             

giovedì 31 agosto 2017

A short trip to Collepardo Caves and Pozzo di Antullo through Subiaco, Arcinazzo Highlands and Ernici Mountains landscape



''Nothing behind me, everything ahead of me, as is ever so on the road'' (Jack Kerouac - On the road


Porta di San Francesco in Subiaco


Fields and trees , the beautiful landscape of Arcinazzo Highlands




Collepardo Caves and Antullo Well















                                                     

martedì 29 agosto 2017

An easy drive from the city

Located at the heart of the Castelli Romani, the small town of Nemi is famous for its lake where two ships were recovered by the roman emperor Caligula and for its delicious wild strawberries.


giovedì 17 agosto 2017

“Passa il cuore sulla terra” di Tiziana Marini, letto da Marco Onofrio

https://ediletteraria.wordpress.com/2017/08/16/passa-il-cuore-sulla-terra-di-tiziana-marini-letto-da-marco-onofrio/

Con Passa il cuore sulla terra (Tracce Edizioni, 2014, pp. 120, Euro 11), secondo libro di Tiziana Marini, trova conferma uno dei talenti più sicuri e autentici della poesia italiana contemporanea. È una poesia nitida, precisa, concreta, asciutta, limpida di cristallo. Ha il dono di quella “semplicità” che non semplifica, ma chiarifica la complessità del mondo fino ad una essenza pregna di risonanze, dove emana la ricchezza traboccante degli enti molteplici e dei fenomeni infiniti, benché riconducibili a un unico principio universale. C’è, nella scrittura di Tiziana Marini, un chiarore opalescente di fuoco minerale – appunto si pensa al cristallo – che assomma le qualità dell’acqua e della terra per accordare esprit de finesse a esprit de geometrie, ovvero l’«aura immortale» e il «giro d’anima» al «ferro a vapore» e al «sapore di pane e noci». Padroneggia un cardine espressivo assai efficace, robusto e versatile al contempo, dove le energie che si condensano accendono a loro volta il fuoco interno che le irradia, come in un processo di autocombustione, per cui si oscilla continuamente tra una dimensione plastica di forme che posano e una musicale di forze che volano. È una poesia che misura il percorso dello sguardo dalle cose più normali a quelle invisibili, da cui ritorna per svelare l’invisibile e l’ignoto che nascondono le cose più normali.
Il mondo invisibile
nel mondo visibile,
di arcobaleni possibili,
di stelle nascoste.

“Lo scatto della lucertola”, di Tiziana Marini. Riflessioni di Stefania di Lino





http://poesiaurbana.altervista.org/lo-scatto-della-lucertola-tiziana-marini-riflessioni/





Non sempre il titolo di una raccolta poetica risulta così aderente e organico al tema conduttore in essa contenuto. Parafrasando la Dickinson, alla guisa del bandolo “d’argento e di perla”, il titolo scelto rammenda e lega i testi presenti: parlo de “Lo scatto della lucertola”di Tiziana Marini, raccolta edita da La Vita Felice, 2016, con la prefazione di Sabino Caronia. In questo frangente il titolo, tratto da una poesia inclusa nel libro che da il nome anche alla prima sezione, non solo è polisemicamente evocativo, tanto che la felice scelta meriterebbe un ragionamento a parte, ma aderisce perfetto al contenuto presentato e, abilmente, come un corrimano, lo supporta accompagnando il lettore. Il tema (im)portante è quello, di resistere ai colpi inferti dalla vita, con le oscillazioni che ne derivano tra il godimento (per fortuna) di fatti gioiosi, e la perdita, il dolore, il senso di colpa dovuto alla distrazione, alla fretta, o a una riflessione mancata, una parola omessa, per non aver saputo (voluto) sostare un po’ di più accanto a qualcuno/qualcosa, (se stessi?), che il quel momento, richiedeva la nostra presenza o la nostra attenzione. Azioni e parole mancate, riflessioni e sentimenti pervasi quindi da una consapevole nostalgia, da una elaborazione del lutto verso ciò che è stato e più non sarà, e anche verso ciò che non è stato e avrebbe potuto essere. Ma forse non è l’intera produzione artistica, nella sua autenticità, quando cioè libera da imposizioni di “mercato”, mossa da una elaborazione luttuosa contro la fine del tutto? Non è compito dell’arte, forse, lasciare un segno-testimone in un tempo che superi e vada oltre la nostra stessa esistenza?

Una poesia da "Lo scatto della Lucertola" di Tiziana Marini. Lettura di Andrea Mariotti

agosto 9th, 2017

http://www.andreamariotti.it/wordpress/




UN’ ORA PRIMA, UN’ORA PRIMA DI TUTTO

Sdraiavo le braccia sul telaio blu della casa,
una notte, un’ora prima, un’ora prima di tutto.
Allontanavo legami di freddo
dalla trama e dall’ordito della mia stoffa
ne ero capace al riparo della casa
uno stringimento acuto
una compiutezza tutta mia sentivo
una soddisfazione azzurra nell’aura incapsulata, chiusa.
Provavo, provavo a partorire
una stella che sopravvivesse all’alba
a un barlume, infine, disciolto nelle cose
nella penombra di chi ho amato e amo
nello spazio dietro alla finestra muta.
Cosa sarà adesso? Chi? E quanto? E come?
Muove un soffio la tenda e disvela
un odore di violette, polveroso
un capello che volteggia lento, ancora.

(poesia di Tiziana Marini, tratta dalla raccolta Lo scatto della lucertola, edizioni La Vita Felice, 2016, con prefazione di Sabino Caronia)

…ebbene sì, la poesia in oggetto ha parlato subito al mio animo allorché ho avuto modo di ascoltarla letta dall’autrice (domenica scorsa 6 agosto presso il Teatro di Marcello in occasione dell’omaggio alla memoria di Massimo Pacetti). Ritmo e intensità di essa mi sembrano fuori discussione, come pure la qualità delle giunture “legami di freddo” nei versi iniziali ma soprattutto la “soddisfazione azzurra nell’aura incapsulata, chiusa“. Verso di pienezza strutturale quest’ultimo, pronunziato dalla poetessa sotto le fascinose e potenti membrature del Teatro di Marcello e quindi amplificato dalla bellezza del luogo. Un verso, quello di cui sto parlando, che mi ha fatto ripensare a un bellissimo libro della storica Chiara Frugoni di qualche anno addietro dedicato a Chiara d’Assisi e dal titolo suggestivo ed emblematico: Una solitudine abitata. Ecco, la “soddisfazione azzurra nell’aura incapsulata, chiusa” di Tiziana Marini rappresenta in tutta evidenza la pienezza della solitudine raccomandata da Rilke al giovane poeta; solitudine da benedire, ciò di cui un poeta ha bisogno per scrivere e naturale approdo del suo far poesia:  allo scopo di attingere la musica del silenzio, porto sepolto dal clangore dei tempi attuali ma pur sempre a disposizione di coloro che sono autenticamente in viaggio.

Andrea Mariotti

martedì 8 agosto 2017

Notti romane al Teatro di Marcello - Concerti del Tempietto

Il Festival Musicale delle Nazioni, presso il Parco Archeologico del Teatro di Marcello a Roma, domenica 6 Agosto 2017  ha ospitato un nuovo appuntamento con la Rassegna poetico - letteraria ''I libri magici del Tempietto'' a cura di Filippo Iannoni Sebastianini, Anita Tiziana Laura Napolitano e Carla De Angelis. La serata che ha visto la partecipazione di numerosi poeti, scrittori e musicisti  e' stata dedicata al ricordo del poeta, scrittore ed amico Massimo Pacetti. Il concerto della pianista Cinzia Dato che ha eseguito al pianoforte brani di Beethoven e Liszt, ha concluso la serata.



lunedì 7 agosto 2017

Per la rassegna ''NOTTI ROMANE AL TEATRO DI MARCELLO'' e ''I Poeti nella Musica''
Concerti del Tempietto - Festival Musicale delle Nazioni 
Area Archeologica del Teatro di Marcello
Via del Teatro di Marcello, 44 – Roma

Domenica 20 Agosto 2017 ore 20.30
ore 19.45 – Visita guidata nei dintorni del Teatro di Marcello 
(riservata ai possessori del biglietto del Concerto)
MOZART SCHUBERT
CHOPIN: TARANTELLA & BOLERO
Stefano Bigoni (pianoforte)
Musiche di W. A. Mozart (Fantasia in Do Minore KV 475, Sonata in Do Maggiore KV 330); F. Schubert (Sonata in Si Maggiore Op. 147 D 575); F. Chopin (Tarantella in La b Maggiore Op. 43, Bolero in La Minore Op. 19).

ore 19.30 - I LIBRI MAGICI DEL TEMPIETTO
Rassegna Poetico-letteraria a cura di Anita Tiziana Laura Napolitano e Carla de Angelis
alla presenza e in compagnia di Poeti, scrittori e musicisti.
Tiziana Marini: Lo scatto della Lucertola (La vita felice)

Con i Poeti: Evaristo Seghetta, Anna Siani, Mel Carrara, Lucianna Argentino,Giuseppina Palo, Valentina Ciurleo, Amedeo Morrone.

domenica 6 agosto 2017

Una poesia di Massimo Pacetti

Passioni spente


E' il tramonto
invecchiati ci voltiamo mesti
dietro stagioni appassite

e' il tramonto
e non sappiamo
quando finira' la notte

ne' se ci sara' un'alba
e' inutile chiedere ospitalita'
ascoltiamo il concerto
balliamo
sotto un cielo di grandi ideali
spenti testimoni
di una disperata fuga
fra ponti crollati
di passioni spente.

Massimo Pacetti -  Chiaro inchiostro, Ed. EscaMontage  2015

martedì 1 agosto 2017

''Uomo in mare'' di Emanuele Palamara con Marco D'Amore e Lavinia Guglielman vince il Nastro d'Argento Speciale 2017

Il corto Uomo in mare premiato ai Nastri D’Argento 2017

Uomo in mare è il cortometraggio vincitore del Premio Speciale “Corto d’Argento” ai Nastri D’Argento 2017 , e porta la firma del regista Emanuele Palamara, giovane artista napoletano, che ha scritto anche il soggetto e la sceneggiatura insieme a Pietro Albino Di Pasquale. Quattro sono i protagonisti principali tra cui spicca Marco d’Amore (Marco), Antonio Sepe (Matteo)  Lavinia Guglielman  (Alice - http://www.laviniaguglielman.com/chi-sono) e Fabio Balsamo (Marino). L’importante merito è stato assegnato “Per motivi estetico-drammaturgici e per la particolare attenzione all’attualità, soprattutto nel sociale”.
Marco D'Amore in Uomo in Mare
Palamara, era già stato precedentemente premiato per i primi due sue cortometraggi: “Papà” e “La Smorfia” (con Gianfelice Imparato) e con l’attuale Uomo in mare ha voluto raccontare una storia prendendo spunto dalla cronaca reale, puntando i riflettori su argomenti di estrema sensibilità. Il film è prodotto dalla Bro Company di Daniele Barbato il quale ha dedicato il riconoscimento al giornalista Gabriele Del Grande, tornato libero dopo giorni di tensione trascorsi in terra Turca.
La trama si articola tra la vita di Marco e quella di suo figlio Matteo.
Marco, in passato è stato testimone di giustizia, ed ora è penalizzato dalle ripercussioni di una sua decisione se pur lecita e giusta. Marco e la sua famiglia purtroppo conducono un’esistenza nascosta, subendo minacce ed intimidazioni, senza che ci sia protezione da parte dello Stato. Parallelamente all’angoscia di Marco, c’è anche la storia di suo figlio Matteo, un bimbo che avrebbe diritto ad una vita normale fatta di sogni e giochi. Matteo ha, infatti, un unico grande desiderio quello di salvare un soldatino che nella sua fervida fantasia sta annegando in un mare che altro non è che un lembo di stoffa azzurra. Per aiutare questo soldatino caduto nelle acque del mare, occorre un elicottero giocattolo che il piccolo chiede al suo papà, con la speranza di poter riuscire a salvare l’ “Uomo in mare”. Marco farà l’impossibile pur di accontentare Matteo, sfidando la moglie ma in primo luogo la sua coscienza.
L’attore protagonista Marco d’Amore non ha potuto presenziare all’assegnazione del Premio del Nastro d’Argento, tenutosi presso la Casa del Cinema a Roma, in quanto è impegnato per le riprese della terza stagione di “Gomorra – La serie” ma se pur lontano ha voluto esprimere la sua soddisfazione e condividere la sua gioia con il regista ed i colleghi: “Questo premio è un suggello al coraggio e alla determinazione. Coraggio di parlare di temi che riguardano la comunità ma sono taciuti, determinazione di portare avanti il progetto nonostante le difficoltà e la mancanza di aiuti. Ma forse non potrebbe essere che così quando si parla di vite spezzate, di umanità reiette: bisogna trovarsi a vivere una analoga solitudine. Grazie ad Emanuele Palamara, Pietro Albino Di Pasquale, Daniele Barbato e tutti quelli che hanno lavorato al film anche io ho avuto la possibilità di accogliere il grido disperato del protagonista di “Uomo in mare” e tuffarmi in acqua nello strenuo tentativo di salvarlo, come esige una antica legge del mare ahimè dimenticata in

venerdì 19 maggio 2017

Una poesia di Emily Dickinson tradotta da Margherita Guidacci

(Foto di Tiziana Marini)

 
 
 
(50)
«Io non l’ho detto ancora al mio giardino
per non perdermi d’animo.
E non mi sento ancora tanto forte
da rivelarlo all’ape.

Non ne farò parola nella strada,
perfino le botteghe stupirebbero ch’io
timida ed ignorante come sono,
abbia l’audacia di morire.

Non devono saperlo le colline
dove tanto ho vagato,
né posso dire ai miei boschi diletti
il giorno dell’addio.

Né mormorarlo a tavola,
né sventata accennare per la via
che oggi stesso entrerò
nel cuore dell’enigma!»
1858

Emily Dickinson

(trad. Margherita Guidacci)

 

giovedì 6 aprile 2017

Sembra esserci nell'uomo, come negli uccelli, un bisogno di migrazione, una vitale necessita' di sentirsi altrove. (Marguerite Yourcenar)

(ICiclamini - CET - Avigliano - Foto di Tiziana Marini)
Itaca
Sempre devi avere in mente Itaca
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull'isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti mosso
sulla strada: che cos'altro ti aspetti?
(Kostantin Kavafis)

sabato 18 marzo 2017

Candele


Stanno i giorni futuri innanzi a noi
come una fila di candele accese −
dorate, calde, e vivide.

Restano indietro i giorni del passato,
penosa riga di candele spente:
le piú vicine dànno fumo ancora,
fredde, disfatte, e storte.

Non le voglio vedere: m’accora il loro aspetto,
la memoria m’accora del loro antico lume.
E guardo avanti le candele accese.

Non mi voglio voltare, ch’io non scorga, in un brivido,
come s’allunga presto la tenebrosa riga,
come crescono presto le mie candele spente.

Costantino Kavafis

(Traduzione di Filippo Maria Pontani)

 da “Poesie”, “Lo Specchio” Mondadori, 1961

lunedì 20 febbraio 2017


(Dinamismo di un corpo - Umberto Boccioni)
La coppia
 

Spengono la lampada  e il suo globo risplende

un istante prima di sciogliersi

come una pastiglia in un bicchiere di tenebre. Poi si sollevano.

Le pareti dell’albergo si gettano nel buio del cielo.

 
I gesti dell’amore si sono acquietati e loro dormono

ma i pensieri più segreti s’incontrano

come quando s’incontrano due colori  e l’uno nell’altro fluiscono

sulla carta bagnata di un dipinto infantile.

 
È buio e silenzio. Ma la città stanotte

si è avvicinata in fretta. A finestre spente. Le case sono qui.

Vicinissime, stanno serrate in attesa,

una folla di volti inespressivi.
 
Tomas Transtromer  (da Poesia del silenzio'' Crocetti Ed. a cura di M:C:Lombardi)

martedì 7 febbraio 2017


La Poesia

 Nella mia mente è scolpita una poesia
che esprimerà la mia anima intera.

La sento vaga come il suono e il vento
eppure scolpita in piena chiarezza.
Non ha strofa, verso né parola
non è neppure come la sogno.

E’ un mero sentimento, indefinito,
una felice bruma intorno al pensiero.
Giorno e notte nel mio mistero
la sogno, la leggo e riprovo a sillabarla,

e sempre la parola precisa è sul bordo di me stesso
come per librarsi nella sua vaga compiutezza.
So che non sarà mai scritta.
So che non so che cosa sia.

Ma sono contento di sognarla,
e una falsa felicità, benché falsa, è felicità.

Fernando Pessoa

sabato 21 gennaio 2017

Nota di lettura di Tiziana Marini a ''Percorsi di vetro'' di Stefania Di Lino (deComporre Ed. -2012)


Vetro. Vetro come fragilita’. Vetro come trasparenza. E vetro tagliente, scheggia che ferisce, dal graffio allo squarcio. Questo e’ il vetro del titolo  della bella raccolta di poesie’’Percorsi di vetro’’ (deComporre Ed. - 2012) di Stefania Di Lino. E’ il vetro di cui e’ fatto il mondo fuori e dentro di noi e che richiede cautela, attenzione per essere superato senza ferirsi troppo, con lo slancio di passi coraggiosi. E’  il vetro sul quale la Di Lino cammina. ‘’Percorsi di vetro’’e’ una raccolta che, come ci suggerisce   il titolo, coglie il ‘’movimento’’ immanente, il cammino, la dinamicita’ intrinseca nei sentimenti e nel quotidiano. Dice la Di Lino: ‘’oh! me! / Guardiana delle andate. / guardiana dei ritorni. / oh!  me guardiana del divenire.’’ E ancora: ‘’partire mi e’ scomodo, si / ma anche il restare’’. Partenze, ritorni e in mezzo lo zigzag della vita, in solitudine, senza mai  scegliere il percorso meno accidentato. Scrive la nostra Autrice: ‘’…percorsi contorti /…verso indirizzi sconosciuti. /

mercoledì 11 gennaio 2017

Mare nero


Una notte chiara, mentre gli altri dormivano, ho salito
le scale fino al tetto della casa e sotto un cielo
fitto di stelle ho scrutato il mare, la sua distesa,
il moto delle sue creste spazzate dal vento, divenire
come pezzi di trina gettati in aria. Sono rimasto nella lunga
notte piena di sussurri, aspettando qualcosa, un segno, l’avvicinarsi
di una luce lontana, e ho immaginato che tu venivi vicino,
le onde scure dei tuoi capelli mescolarsi col mare,
e l’oscurità è divenuta desiderio, e desiderio la luce che approssimava.
La vicinanza, il calore momentaneo di te mentre rimanevo
su quell’altezza solitaria guardando il lento gonfiarsi del mare
rompersi sulla riva e in breve mutare in vetro e scomparire…
Perché ho creduto che saresti venuta uscita dal nulla? Perché con tutto
quello che il mondo offre saresti venuta solo perché io ero qui?


Mark Strand (da ''Uomo e cammello'' - Mondadori Trad. D. Abeni)