giovedì 25 aprile 2024

Stupore di vento, una mia poesia



                                         Stupore di vento

 

Stupore di vento dove non c’è altro che  un canto

di angeli invisibili (cos’altro potrebbe essere?)

e un respiro grande come un campo

di crochi, quell’indaco che diventerà scrittura

 lo so. Lì mi sono fermata e con le narici

ti ho toccato, registro estremo di voce, mentre

sfiorando la mia spalla, suturavi lo strazio

e mi dicevi ‘’c’e’ il bene da tanto tempo e non lo vedi’’

e,  sospeso sui monti, sotto forma di nebbia, scendevi

 

flauto  sovracuto di un Dio albero steppa tempesta fieno

per il magro gregge rimasto,  plettro di narcisi

in preghiera nell’edicola votiva.

 

Qui in questo quadro animato da fiori mitologici

tremanti e purissimi, di millenarie  orchidee

e genziane acerbe nulla straripa, tutto sta

chiuso nella cornice come nell’ispirazione.

(Tiziana Marini-Piana di Jenne, Marzo 2024)










 (  Testo e foto di Tiziana Marini © 2024)









































 


sabato 13 aprile 2024

''Tracciature'' (Terra d'Ulivi Edizioni, 2023), la nuova raccolta di poesie di Lucio Macchia

 ‘’Tracciature’’  di Lucio Macchia (Terra d’Ulivi Edizioni, 2023). Una nota di lettura.

 

 

Nella comprensione di un testo, il titolo dice se non tutto sicuramente molto. Così nello specifico di questa raccolta di poesie di Lucio Macchia (Tracciature, Terra d’Ulivi 2023), le ‘’tracciature’’ del titolo ne illuminano il contenuto e ne indicano il percorso. Tante sono ovviamente le possibili chiavi di lettura e in generale gli spunti che tali ‘’tracciature’’, Crop Circles dell’anima,  felicemente misteriosi e chiari a un tempo, offrono al lettore attento, ma, a mio parere, non si può comunque prescindere dal significato di ‘’segno’’ che evocano con forza. E se si parla di segno, è naturale far riferimento al segno  fondamentale, ossia  la parola scritta e detta, qui vista nel suo potere ‘’creante’’ l’esistenza stessa, come bene illustra la poesia-prologo ‘’Lo specchio’’ (‘’…Non sapeva / - quasi mai -/ vivere senza dirselo. / Senza tutta / quell’esistenza / - con lui - / nello specchio / d’una parola’’), dove il  riferimento forte  diventa leitmotiv del testo nella sua interezza. La silloge lascia intendere perimetri da tracciare, contorni e incisioni, proprio intorno alle parole così da scavare nel punto esatto del loro significato più potente. Si parla di solchi come quelli dei campi da arare,  per continuare nella similitudine precedente, intendendo la penna come un aratro, (mi sovvengono a tal proposito alcuni versi di Seamus  Heaney ‘’…Tra l’indice e il pollice / la mia atticciata penna si adagia. / Scaverò con quella’’) e il poeta, in qualche modo, come un agricoltore intento a spargere nei solchi tracciati, nomi, forme, significati e per ultime, ma mai ultime per davvero, le emozioni piu’  intense. Ma i solchi  sono anche quelli microscopici e concentrici dei vecchi dischi di vinile nei quali la puntina che li percorre rivela  melodie altrimenti non udibili. E’ dunque un mondo tutto da scoprire e plasmare quello delle ‘’tracciature’’ di Macchia, alla luce di queste brevi considerazioni, un mondo di plasmabile argilla al tornio dove  incidere con il lieve tocco delle dita,  le scanalature più profonde, appunto le ‘’tracciature’’ del titolo, che altro non sono se non  la vita stessa, incisa  forse non solo dalla penna del poeta o da una immaginaria puntina, bensì da una luce mirata e concentrata come quella di un laser tagliente,  sempre presente nei testi della raccolta, una luce che,  declinata in tutte le sue molteplici modalità, rivela i contorni precisi della parola poetica,  così da essere, alla fine,  la vera protagonista.  La raccolta è divisa in quattro emblematiche sezioni: Insistenze, Percezioni, Occhi, Respiri ad indicare  il percorso conoscitivo dell’Autore che dal dato sensoriale e soggettivo, empirico ed immanente, attraverso un processo intuitivo / immaginativo, ci conduce ad una  metafisica  condivisibile ed in effetti condivisa,  nella  quale le sue poesie snelle ed essenziali anche visivamente, narrano di una verità molto più complessa di quella effettuale, in cui gli oggetti della quotidianità si mostrano per ciò che sono ma, essendo anche altro, sono solo  il punto di partenza per altri universi e altri livelli di lettura.   Dicevo luce protagonista, luce declinata in mille sentimenti, luce che  illuminando ancor più nasconde, destruttura e confonde. Così, per paradosso,  il vero luogo e tempo della vita e della poesia,  davvero vivo non è il giorno con la sua luce (…E’ un giorno / senza fatti / e storia, solo / una corsa / contro il cielo / devastato di luce: / spunto fuori / dal tempo / come da una nera / pozza / - respiro. ), bensì la notte con le sue ombre e il suo buio protettivo. Infatti la luce, sembra dirci Macchia,  in quanto brillante e chiara, rivela il mondo com’è, con la sua caducità intrinseca, le sue deformità, la sua evanescenza nascosta, i suoi pericoli, una realtà dunque  fragile e tremante in cui nomi e forme perdono la consistenza degli oggetti concreti, una realtà in cui domina il vento che tutto allontana e una pioggia che tutto diluisce. Al contrario la notte offre riparo e protezione, nascondiglio e salvezza alle tracce luminose da preservare per ritrovare la strada e ritrovarsi spesso proprio nelle pieghe e nei particolari più piccoli del quotidiano vivere.  Tutto è nel buio, tutto nel buio è vivo. Scrive  infatti Macchia: ‘’Agli orli inferiori / nel silenzio / al buio / tremante / in basso / caduto / fragile / inadatto / all’imo / ferito / remoto / e debole / nell’ombra / d’assenza / tra le macerie / errante / sperso. / Lì.’’. Tra il prologo e l’epilogo del libro, dunque un mondo di luci, spesso verdazzurre, colore simbolico e totemico, a mio avviso,  ‘’luci disperse, stremate, immobili, assordanti’’ e lo svolgersi di un giorno che ci colloca nell’ora cruciale del tramonto, sospesi e confusi tra luce e buio, nella trasformazione del giorno in sera e poi in notte quando proprio tutto ciò che scompare e che non è più visibile  in realtà c’è, resta ed è eterno, (…Com’è minuto -  qui -  il tuo stare. (…) Percezione / di cose increate / a emanare / una persistenza / eterna). Così prati, montagne, fiori, ma anche pioggia e vento, nuvole e silenzio, case e boschi, acquistano senso e nome e noi con loro, in un universo dove non conta in definitiva la traccia ma il tracciare, il farsi, poiché nessuna traccia è fatta per restare ( Non le tracce. Non i lasciti.  Il tracciare, solo il tracciare. (…) E noi dentro la vita : / solo questo ‘’interno’’ / e nessun ‘’fuori’’. Stanze immense / d’un ‘’qui’’ grande / come il mondo.’’. Resta dunque solo una tracciatura, hic et nunc, che in concreto è soltanto una dimensione interiore del fare, del creare, del vivere, dimensione alla quale non possiamo e  non dobbiamo sottrarci.

 Tiziana Marini