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giovedì 18 settembre 2025

''A latitudine incerta'' di Elisabetta Biondi Della Sdriscia (Ed. Setteponti, 2024), preghiera e canto d'amore.

 






'’A latitudine incerta’’ di Elisabetta Biondi Della Sdriscia (Casa Editrice Setteponti, 2024) è una plaquette i cui versi risplendono anche nel buio del dolore e coinvolgono il lettore  in un self-other-seeing totale che supera ogni più immediata empatia.

I testi lirici, introdotti dalla prefazione di Lia Bronzi che sottolinea quanto ‘’la plaquette qui presente valga un intero poema’’ , sono dedicati  al compagno di vita prematuramente scomparso, e, scandendo i momenti e i pensieri più dolorosi di quel percorso di sofferenza, ne costituiscono un calendario emotivo.

 Come dice il critico letterario statunitense  Jonathan Culler, commentando  il suo libro ‘’Theory of the lyric’’ ‘’la memoria e il ricordo sono certamente importanti nella lirica e forniscono la struttura fondamentale per molte poesie della tradizione…’’ ma egli  ritiene che l’attenzione debba concentrarsi essenzialmente sul presente lirico non temporale in cui il ricordo viene evocato, valutato e ripetuto.  Per Culler dunque  è l’atto stesso del ricordo, il frammento di memoria riattivato nel presente ad essere importante e meritevole di attenzione critica e in questa plaquette della poetessa Elisabetta Biondi della Sdriscia,  dal significativo titolo ‘’A latitudine incerta’’,  di frammenti di memoria   così riattivati e portati alla luce ce ne sono infiniti , trattandosi di un libro di continua ri-evocazione che parla al presente di un passato recente, contenuto e trattenuto nel cuore da  una poesia per davvero lirica, legata alla tradizione classica  eppure personalissima e moderna,  fortemente ispirata  e  con in più  una forte componente estetica che mira a creare bellezza, eleganza e armonia attraverso il  linguaggio e il continuo flusso musicale.

 La plaquette  si apre con versi di luce trasparente, quasi lunare, fissata sui tratti della persona amata: ‘’Pallide le tue labbra/e la luce della luna:/la felicità è un istante/strappato alla vita…c’eri solo tu, c’ero solo io/nell’eterno futuro del passato/nell’eterno presente della mente’’, versi che sono dono e scavo al tempo stesso, dono alla memoria e  scavo incessante e struggente che porta alla luce  un  dolore mai fine a se stesso in quanto punto di partenza di quel viaggio misterioso che ci accomuna, vissuto profondamente nella duplice dimensione  personale e universale.

Così il titolo,  bellissimo,  indica un posto vago e imprecisato dove  l’amato compagno continua a vivere, un luogo che nessuno sa dove sia e se davvero ci sia, oltre la vita, ma percepito come certo perché, pur nella vaghezza delle sue  coordinate, se ne  avverte  l’esistenza proprio nel perdurare dei segni e delle emozioni, come in un dialogo che continui, come in un contatto di particelle dall’afflato quasi quantistico, che ci fa dire ‘’ci sei stato, ci sei  e ci sarai per sempre’’. Un tempo terreno che sconfina dunque nell’eternità e che ci riporta poi alle ore della veglia, al sentire che il tempo si sta assottigliando,  al  non riconoscersi, con  l’amara e lucida considerazione di un io-noi  che trova in una gabbia la forma più prossima e verosimile alla condizione umana, una gabbia da cui guardare, tra due sbarre, solo una piccola parte d’infinito: ‘’La fluidità dell’acqua ci è negata./ Lei si dispone docile…/A noi è concessa la forma della gabbia,/lo sguardo confinato tra due sbarre/e una porzione esigua d’infinito’’, e la considerazione che anche il ricordo alla fine non sia sufficiente. Scrive infatti Elisabetta: ‘’…Un deserto di sillabe/a latitudine incerta/per raggiungerti/non basta ricordare’’. Ma è anche il tempo della speranza: ‘’…ma se c’è un luogo/allora/attendi/là./Io arriverò’’, in quel luogo del dopo, a latitudine incerta con  la convinzione che morte e vita in fondo siano solo ‘’trasmutazione infinita’’, trasformazione  in ali e voce,  un trascorrere di stagioni, un segreto arcano che un giorno si dissolverà: ‘’…Morire è un altro esistere,/sotto diversa forma:/restituiti al tutto, /un giorno noi sapremo/ciò che oggi ci appare/come un segreto osceno…’’, speranza che si rafforza anche nella continuità rappresentata da un camposanto depositario degli  affetti più cari e nel ‘’…Mistero della croce: il dono della sofferenza condivisa…’’.

In conclusione,  ‘’A latitudine incerta e’ complessivamente un canto d’amore  e  un insieme di preghiere laiche di alta spiritualità,  scandite da un tempo tragico e ineluttabile,  al quale l’amore, e solo l’amore, concede la speranza  di una  non-fine,   il fil rouge possibile, il legame  tra la vita e la morte, ben oltre un destino preordinato e nichilista per poter   invece formulare, almeno con il  cuore e con  la poesia,  la promessa di ritrovarsi un giorno in quel  luogo ormai certo, sebbene ancora ad una latitudine sconosciuta.

 

Elisabetta Biondi Della Sdriscia, è nata a Livorno e vive a Roma. Laureata in Letteratura greca presso l’Università di Pisa,  ha conseguito il diploma superiore di Lingua francese moderna presso l’Alliance Francaise. Ha pubblicato varie raccolte di poesia ed ha conseguito molti premi letterari. I suoi testi sono presenti in antologie e riviste letterarie.

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