CHIUDO
GLI OCCHI AGLI OCCHI
‘’Ai
rami che accarezzano/ i prati /ai fiori che crescono / in
fretta la notte / all’odore
d’estate / in inverno /al muro trasparente /che separa le anime /oltre il quale vivono / i gesti /e alla luce di un lampo / sento
di appartenere / pure sono
ospite ovunque /di questa vita
e quell’altra /e non c’è posto
che mi somigli. /Chiudo gli
occhi agli occhi /a un volto di
nuvola /che passa /alla mia traiettoria di nave/o di stella’’.
(poesia
di Tiziana Marini dalla raccolta La
Farfalla di Rembrandt, cura di Plinio Perilli, Edizioni Ensemble
2019)
…questi
versi di Tiziana Marini in tutta evidenza non si prestano a una lettura
fuorviante. Sono versi delicati, ma in fondo fermi. Di valenza
paradigmatica all’interno della sua ultima silloge, essi ci raccontano in
effetti più di qualcosa sulla poetessa, sul suo stare al mondo con gli oggetti
“doppi”, riferendoci qui al celebre passo dello Zibaldone di Giacomo Leopardi (4418;
30/11/1828) laddove il Recanatese riflette su quanto accade “all’uomo sensibile
e immaginoso”. “Egli vedrà cogli occhi una torre, una campagna; udrà cogli
orecchi un suono d’una campana; e nel tempo stesso coll’immaginazione vedrà
un’altra torre, un’altra campagna, udrà un altro suono”. Ebbene la Marini,
rispetto a “questa vita e quell’altra” - bellissimo nella sua ispirata
semplicità il settenario pavimentale “sento
di appartenere” – riconosce la sua condizione di apolide,
l’impossibilità di immedesimarsi sia con il regno empirico sia con quello
dell’invisibile; (e qui si può cogliere naturalmente il periglio ineludibile di
un viaggio nelle plaghe dell’interiorita’, ossia l’ubi consistam della silloge in
oggetto). “Chiudo gli occhi agli occhi”,
continua la poetessa: si tratta di stanchezza? di una sosta
provvidenziale prima di ripartire? chiusi gli occhi carnali a quelli della
mente, alla nuvola antropomorfica di passaggio, ad una “traiettoria di nave/ o di stella” si
continuerà comunque a viaggiare, giacché “al
sussurro” Tiziana Marini preferisce “il rumore regolare di chi impara”, così come in effetti
riconoscerà con umiltà direi sapienziale in una poesia quasi in conclusione
della raccolta. Una raccolta da leggere con partecipazione paziente, anche per
godere della sua versificazione libera ma non arbitraria, aderente alla delicata
fermezza di una sensibilità in cammino.
E
ancora Andrea Mariotti a proposito de ‘’La farfalla di Rembrandt’’ scrive:
‘’Questa
tua ultima raccolta, cara Tiziana, così come giustamente osserva Plinio Perilli
in prefazione, suggerisce al lettore assiduo dei tuoi versi il senso di un
cosciente, coerente e ulteriore tuo avvicinamento alla vita interiore senza il
cui nutrimento, ovviamente e soprattutto per te, non si dà poesia. Non
altrimenti ci si potrebbe spiegare l’incessante colloquio con le ombre, costitutivo della silloge. Paradigmatica al riguardo una lirica
quale “Aria che muove l’aria”, con quel bellissimo attacco “Non chiudo la
finestra di notte/ non ancora” così perentorio e carico di valenze metaforiche,
a dar credito all’invisibile; per sensificare poi in seconda strofe il soffio
di quella “invocazione/ che l’orizzonte attraversa”.