venerdì 9 luglio 2021


 Nota di Tiziana Marini su   Cammina un poco con me di Paolo Carlucci.

A Pia e Paolo

                                                                                           

Colpiscono al cuore le poesie della plaquette Cammina un poco con me, che il poeta Paolo Carlucci ha dedicato alla madre Pia, ‘’Madre fiera e smarrita…’’, durante l’ospedalizzazione, che l’ha allontanata da casa in tempo di pandemia.

Colpisce l’avverbio ‘’poco’’, presente nel titolo, ma anche in molti testi di questa breve, ma intensa raccolta, percepito come unità di misura dello spazio/tempo di questo monologo, che in climax, assume il tono d’una preghiera, confessione, speranza e desiderio, inevitabilmente ridimensionato dagli eventi, di un possibile ritorno ad una quotidianità, che sembra, invece, fuggire via.

Scrive Carlucci   … io da poeta alla tua festa vengo: / in salute di versi m’accosto / a te, corda d’infinito, straziato / Amore; io che ora m’appoggio /alla tua vita solo un piccolo poco. e ancora: Dio non ascolta gemme chiuse alla luce. Colpisce la sincerità dei testi che nel loro insieme ben tratteggiano il carattere dei due protagonisti, eroi emblematici, loro malgrado, di questi tempi difficili, ma ancor più testimoniano la devozione e lo smarrimento del figlio unico, alla guida, tra mille difficoltà, della piccola nave-famiglia     Ora a stento ti seguo nell’impresa / cerco di proteggere e fare qualcosa / per te, sciolto coriandolo di memoria.

Poesie dunque di ‘’tempi malevoli e infetti’’, di solitudini da annullare con i gesti dell’amore …

il tuo vuoto riempio di carezze lontane… e poi in ascesa il verso   vorrei in ginocchio coprirti di baci, ma ancor più con le vecchie e irrinunciabili, semplici abitudini da riconquistare. A distanza la mia mano ti sarebbe faro / e il braccio ti darei per la camminata / che era nella giornata la tua attesa infinita: l’orologio del tuo attendere, io per te lancetta / di vita…  e infine di tempi di solitudine e incertezza ma, per fortuna, anche di abbracci ritrovati, sebbene nella consapevolezza che nulla potrà essere come prima in questo ‘’abisso scuro’’ dello spaesamento come nuova fragilità.

 ‘’Cammina un poco con me’’ è, in questo senso, il  “νόστος”, il periglioso viaggio del ritorno a casa per ritrovare, pur nel cambiamento, le piccole cose della quotidianità, quelle che danno equilibrio, forza e speranza, in un  percorso  costellato dalle insidie delle  ‘’nuove Sirene’’ quali virus,  mostri burocratici e tecnologici  e dure prove emotive.

Un “νόστος” nel duplice significato, omerico e joyciano, e quindi non solo distacco e ricongiungimento, ma anche discesa nelle profondità pelagiche del cuore e nella solitudine dell’isolamento dalla quale riemergere gradualmente, assaporando ogni piccolo dono di rinascita che viene concesso: la videochiamata, il primo incontro e il primo passo, l’abbraccio, il ritorno, ma non solo….

La plaquette è anche luce intensa del ricordo, un ricordo che Carlucci tiene acceso  per tenere vive identità e radici nel cuore della madre, ora che i ruoli si sono invertiti, ora che  tutto sembra sfumare.  Torna alla mente il bel libro di Tahar Ben Jelloun Mia madre, la mia bambina (Einaudi, 2007) in cui lo scrittore e poeta marocchino ricompone sotto forma di racconto i ricordi confusi della madre malata, come un dono d’amore nei suoi confronti.

E un dono d’amore sono infatti i versi in cui Carlucci racconta alla madre le sue origini venete.

E così ora il figlio unico di te / poeta, come un mago, fili / slacciando, riannoda vago cordame / il nostro tempo di ieri. / E per te slega macchie i ricordi / come onde del tuo fiume antico, / il tuo bel Piave vorticoso e grande, e il suo antico, quotidiano ruolo-guida in famiglia … 

Prosegue il poeta ricordando alla madre immenso cielo la casa, dove eri / regina e tuttofare. Leonessa che tremando ha lottato / e vissuto solo per il cucciolo che ha / svezzato piano alla vita. Da sottolineare, oltre alla profondità e alla bellezza del contenuto, urlo struggente a tratti delicatissimo, anche l’eleganza del verso tu mi sei all’infinito stella…, l’originalità della parola nel nuovo glossario della pandemia e della tecnologia …

Tutto per te farei se un poco / t’assomigliassi: amministratore, ma pratico disastro / io sono in questo tempo nuovo / insidioso, malato grave / di clicks e distanze…, oppure … Ed io di te mi faccio testimone / tra camici, guanti, mascherine / scopriamo nella protezione / la nostra invisibile fortezza

Son dunque questi gli elementi forti, autentici della poetica di Paolo Carlucci, che rendono i testi di questa silloge profondamente vibranti ed emotivamente coinvolgenti.

Riporto, in conclusione, una poesia che esemplifica l’intensità, i colori degli stati d’animo di Paolo.

 

 Vetta d’amore l’abbraccio


Madre, gancio estremo di vita,

è ora nello sguardo la parola

vetta d’amore l’abbraccio.

 

Reggia di segreti il cuore

nostro nella catastrofe

intima del tuo tramonto.

 

Tu che davvero sai, nella nebbia

chiarissimo il mio bene assoluto

racconto al tuo viso il mio andare

lento alla deriva…

 

Madre, è croce di pena il giorno,

l’insidia, il deserto dell’estate

ora mi soffoca rogo vuoto il mare

ruga di salsedine tra spese e mail:

l’età adulta e triste del figlio unico

amministratore imbranato di te,

perso tra contratti e sogni…

13 giugno 2021

 

                                                                                                  © Tiziana Marini             

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