Nota di Tiziana Marini su Cammina un poco con me di Paolo Carlucci.
A Pia e Paolo
Colpiscono al cuore le poesie della plaquette
Cammina un poco con me, che il poeta Paolo Carlucci ha
dedicato alla madre Pia, ‘’Madre fiera e
smarrita…’’, durante l’ospedalizzazione, che l’ha allontanata da casa in
tempo di pandemia.
Colpisce l’avverbio ‘’poco’’, presente nel
titolo, ma anche in molti testi di questa breve, ma intensa raccolta, percepito
come unità di misura dello spazio/tempo di questo monologo, che in climax, assume il tono d’una preghiera, confessione, speranza e desiderio,
inevitabilmente ridimensionato dagli eventi, di un possibile ritorno ad una
quotidianità, che sembra, invece, fuggire via.
Scrive Carlucci … io da poeta alla tua festa vengo: / in
salute di versi m’accosto / a te, corda d’infinito, straziato / Amore; io che
ora m’appoggio /alla tua vita solo un piccolo poco. e ancora: Dio non ascolta gemme chiuse alla luce. Colpisce
la sincerità dei testi che nel loro insieme ben tratteggiano il carattere dei
due protagonisti, eroi emblematici, loro malgrado, di questi tempi difficili, ma
ancor più testimoniano la devozione e lo smarrimento del figlio unico, alla
guida, tra mille difficoltà, della piccola nave-famiglia Ora a stento ti seguo nell’impresa / cerco
di proteggere e fare qualcosa / per
te, sciolto coriandolo di memoria.
Poesie dunque di ‘’tempi malevoli e infetti’’, di solitudini da annullare con i gesti
dell’amore …
il tuo vuoto
riempio di carezze lontane… e poi in ascesa il verso vorrei in ginocchio coprirti di baci, ma
ancor più con le vecchie e irrinunciabili, semplici abitudini da riconquistare.
A distanza la mia mano ti sarebbe faro
/ e il braccio ti darei per la camminata / che era nella
giornata la tua attesa infinita: l’orologio del tuo attendere, io per te lancetta / di vita… e infine di tempi di solitudine e incertezza
ma, per fortuna, anche di abbracci ritrovati, sebbene nella consapevolezza che
nulla potrà essere come prima in questo ‘’abisso
scuro’’ dello spaesamento come nuova fragilità.
‘’Cammina
un poco con me’’ è, in questo senso, il “νόστος”,
il periglioso viaggio del ritorno a casa per ritrovare, pur nel cambiamento, le
piccole cose della quotidianità, quelle che danno equilibrio, forza e speranza,
in un percorso costellato dalle insidie delle ‘’nuove Sirene’’ quali virus, mostri burocratici e tecnologici e dure prove emotive.
Un “νόστος” nel duplice significato, omerico e joyciano, e quindi non
solo distacco e ricongiungimento, ma anche discesa nelle profondità pelagiche
del cuore e nella solitudine dell’isolamento dalla quale riemergere gradualmente,
assaporando ogni piccolo dono di rinascita che viene concesso: la
videochiamata, il primo incontro e il primo passo, l’abbraccio, il ritorno, ma
non solo….
La plaquette è anche luce intensa del ricordo,
un ricordo che Carlucci tiene acceso per
tenere vive identità e radici nel cuore della madre, ora che i ruoli si sono
invertiti, ora che tutto sembra sfumare.
Torna alla mente il bel libro di Tahar Ben
Jelloun Mia madre, la mia bambina (Einaudi, 2007) in cui lo scrittore e
poeta marocchino ricompone sotto forma di racconto i ricordi confusi della
madre malata, come un dono d’amore nei suoi confronti.
E un dono d’amore sono infatti i versi in cui
Carlucci racconta alla madre le sue origini venete.
…E così
ora il figlio unico di te / poeta, come un mago, fili / slacciando, riannoda
vago cordame / il nostro tempo di ieri. / E per te slega macchie i ricordi /
come onde del tuo fiume antico, / il tuo bel Piave vorticoso e grande, e il
suo antico, quotidiano ruolo-guida in famiglia …
Prosegue il poeta ricordando alla madre immenso cielo la casa, dove eri / regina e
tuttofare. Leonessa che tremando ha lottato / e vissuto solo per il cucciolo
che ha / svezzato piano alla vita.
Da sottolineare, oltre alla profondità e alla bellezza del contenuto, urlo struggente
a tratti delicatissimo, anche l’eleganza del verso tu mi sei all’infinito stella…,
l’originalità della parola nel nuovo glossario della pandemia e della
tecnologia …
Tutto per te
farei se un poco / t’assomigliassi: amministratore, ma pratico disastro / io
sono in questo tempo nuovo / insidioso, malato grave / di clicks e distanze…, oppure … Ed
io di te mi faccio testimone / tra camici, guanti, mascherine / scopriamo nella
protezione / la nostra invisibile fortezza…
Son dunque questi gli elementi forti,
autentici della poetica di Paolo Carlucci, che rendono i testi di questa silloge
profondamente vibranti ed emotivamente coinvolgenti.
Riporto, in conclusione, una poesia che esemplifica
l’intensità, i colori degli stati d’animo di Paolo.
Vetta d’amore l’abbraccio
Madre,
gancio estremo di vita,
è ora nello
sguardo la parola
vetta
d’amore l’abbraccio.
Reggia di
segreti il cuore
nostro nella
catastrofe
intima del
tuo tramonto.
Tu che
davvero sai, nella nebbia
chiarissimo
il mio bene assoluto
racconto al
tuo viso il mio andare
lento alla
deriva…
Madre, è
croce di pena il giorno,
l’insidia,
il deserto dell’estate
ora mi
soffoca rogo vuoto il mare
ruga di
salsedine tra spese e mail:
l’età adulta
e triste del figlio unico
amministratore
imbranato di te,
perso tra
contratti e sogni…
13 giugno 2021
© Tiziana Marini
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