Plinio Perilli, Museo dell’uomo. Poesie e poemetti (1994-2020), Editrice Zona, Genova 2020
Se
la poesia è uno degli ultimi spazi in cui sacro e umano traggono ragione l’uno
dall’altro, compenetrandosi, senza contrapposizioni o dicotomie inutili, se la
poesia è dialogo dell’anima con l’anima mundi e testimonianza del mistero
dell’uomo e della sua condizione, se la poesia è memoria salvifica e il
compito del poeta nel nostro mondo è, tra gli
altri, quello di preservare tale memoria, allora l’ultima raccolta
di poesie e poemetti di Plinio Perilli, ‘’Museo dell’uomo’’ – poesie
e poemetti 1994-2020 ’’(Ed. Zona 2020), scritti in un arco di
tempo trentennale, si colloca a pieno titolo in questo
spazio straordinario, essendo essa stessa in tutto e per tutto straordinaria,
speculare e funzionale a questi intenti. Diciamo subito che ‘’Museo
dell’uomo’’ è un’opera complessa, appassionata e appassionante, che si dipana
in un racconto denso, che diventa periplo della storia dell’Autore e
dell’Uomo, personale e collettiva dunque, e lo fa procedendo lungo rotte
multidirezionali e percorsi attorno all’uomo e per l’uomo,
seguendo rotte che conducono, allargandosi sempre più, alla
nascita stessa del genere umano, colta in un Adamo disteso, ancora
nascente. Ma la raccolta è anche un viaggio di circumnavigazione e di
immersione totale nella reiterata autodistruzione
del genere umano, tra guerre, Olocausto, terrorismo e pandemie, e al
tempo stesso, nella salvezza e nella rinascita comunque
presenti, nonostante tutto, nella nostra vita, quali porti sicuri
e fari sempre custoditi e alimentati in luce dai
sentimenti d’amore, fiducia e amicizia. Il titolo,
‘’Museo dell’uomo’’, esprime appieno la portata del pensiero
narrativo che soggiace all’opera, opera che è frutto di
un lavoro poetico immenso, illustratoci dall’ Autore stesso nella nota
conclusiva, da leggere, a parer mio, anche in apertura in quanto
spot-light sulla sua visione del mondo. Ma è anche, il titolo, la
cifra di un testo in cui la
scrittura diventa via via un vero ‘’racconto museale’’ dipanato nello ‘’spazio
espositivo’’ della pagina, per restare ancorati alla bellissima e significativa
immagine che tale titolo richiama, e intendendo con ‘’racconto
museale’’ un vero e proprio cammino coinvolgente e
interattivo, dove la parola si fa
concerto di voci en plein air che ricostruisce, protegge e conserva, quale
testimonianza di noi a noi stessi e ai posteri, di un mondo altrimenti
impossibile da comprendere, in una dimensione di speranza. Un Perilli dunque,
si potrebbe dire, museografo e museologo, oltre che vero e grande poeta, nel senso
più concreto e attuale dei termine, vista la solidità dell’ architettura
narrativa dei suoi testi in generale e di questo in particolare. Un
museo dell’uomo e per l’uomo allestito nel cuore, un dialogo tra
Passato e Presente, tra Storia e Memoria, tra Bene e Male, tra
Natura ed Emozione, tra il ‘’sempre’’ di Dio e la quotidianità
dell’uomo, in poche parole la vita nella sua multidimensionalità e nelle sue
opposizioni e contraddizioni, un museo nel quale ci ritroviamo
tutti, guardandoci come in uno specchio o in un diorama di vetro delicato e
potente, con i nostri errori e fragilità e con quelle scintille divine che a
volte, imperscrutabilmente e inaspettatamente si manifestano nel
nostro misterioso percorso umano. Così l’esperienza individuale dell’Autore
diventa esperienza universale, e quella, momento individuale. Per questa
reciprocità ognuno di noi è alla fine ‘’Adamo disteso’’, padre (e madre) che ci
rinasce continuamente, siamo noi Auschwitz, siamo il ponte che
crolla, il carcere, l’eclissi e il terremoto, le Torri Gemelle
e la pandemia, ma siamo anche le staffette della
Resistenza, l’isola-nave, Giordano Bruno e Kuska o il pettirosso
nella neve, gli amici, la poesia, e siamo noi gli amanti,
fortunatamente ancora ‘’ in volo’’, come li definiva l’Autore nella sua intensa
silloge precedente (Gli amanti in volo, Pagine 2014), dedicata
appunto all’amore, amanti che sembrano ancora sfiorarci nella
quotidiana scoperta, l’uno dell’altro anche e soprattutto nelle difficoltà del
vivere e nella sofferenza. Nel Museo dell’uomo di Plinio Perilli c’è perciò il
mondo intero che si guarda, l’umanità portata alla
luce con lavoro di scavo archeologico, con amore e pietas e
religiosamente resa sacra ed eterna come un pane raffermo
o transustanziato. Dice infatti Perilli,
ricordando con amore un’abitudine materna : ‘’…Non si getta la vita, ogni suo /
grammo d’emozione, poesia che mastichiamo alla dura radice del gusto
/ nel rito che è mistero. Corpo e carne di natura, eucarestia domestica…’’. Una
poesia autentica, etica e luminosa anche nelle
ombre, sintesi fra intelletto e sentimento, una poesia
che dice di se stessa e a se stessa ‘’Ogni poesia è - l’infinito, da
quando inizi / a leggerla fino alla fine…E in mezzo c’è / la vita, le parole
quando nude somigliano /a uno stato d’animo, a un pensiero magico…’’, sicché
appare significativa la datazione di questi
versi estrapolati da ‘’L’infinito a pezzi’’: 7 giugno
1955-2019, versi
in cui ‘’le parole nude’’ di Plinio Perilli sono quelle vere
e sincere di un poeta coerente e coraggioso, in perfetta
armonia con la sua dimensione umana, per i valori
universali che con noi tutti, da sempre, condivide.
‘’Molto ha esperito l’uomo. / Molti celesti ha nominato / da quando siamo un
colloquio / e possiamo ascoltarci l’un l’altro’’, scriveva Hölderlin e questo
colloquio si rinnova, intenso e vibrante, in ogni poesia del ‘’Museo
dell’uomo’’.
Tiziana
Marini
Da
''Museo dell'uomo'':
Adamo
disteso
1-
Uomo
non sono eppure già lo sembro,
chiedo
alla terra un corpo rivelato, fedele
alle
stagioni, radicato alla pietra, ossa del mondo,
al
bianco sasso da cui partiamo e torniamo…
Prego
perciò la mano e il respiro di Dio
di
scolpirmi forte dentro il cuore, soffiarmi
l’anima
non come un augurio, ma dovere
semmai
di far felice quel bene che m’impasto’
fango,
mota di cielo – sangue che stilla luce…
2 -
Disteso. Dell’universo
preda e gemma,
fiore
di pietrisco… Oggi che tu artista
mi
scolpisci – ne sogni vera l’immagine –
sappi
che io nasco, pulso, rinasco ancora
come
quel primo giorno, stupefatto al miracolo,
di
fare specchio a un Dio per trasparenza
d’amore,
rito e carne di tutto il creato!
Solo
questa è l’immagine, questa la somiglianza
da
faticare a non perdere, a non sciupare
o
tradire con l’alibi delle preghiere…
3 -
Ora
che d’oro poi rifulgo tutto!, mi vergogno,
lo
giuro, del mio nudo corpo… Perché credo che
l’oro
valga molto, ma molto meno della carne,
meno
dell’anima… Quella sì, che la sento, la
vorrei
d’oro: monile immenso di Dio che m’incorona
Uomo,
re della Natura… Come a specchiarmi
fiero
nei fiumi quaggiù in Terra, nei laghi
azzurri
freddissimi
di cielo, nell’Eden in cui ora vivrò – e
non
sarà per sempre… perderò l’oro e la gioia di Dio.
4 -
Forse
io da sempre, disteso, attendo di nascermi:
uomo,
corpo già grande come un eroe del Nulla,
atleta
di ogni giorno:e troverò forza, materia,
proprio
da questo fango, fino a mutarlo in oro…
Freme
la coscia del sangue che presto m’avverrà,
come
avvengono gli occhi, le mani che tuttora
confondono
pugni e dita, e labbra che non parlano.
5 -
Adamo
– Lui così adesso Lui sta chiamandomi!-
Adamo disteso, manichino
svegliato – per miracolo
eterno
proclamato Primo Uomo, divino e mortale.
Sto
nascendo e già mi stanco a vivere, anche
a
esserne felice… Che strana idea, che pazzo
lievitare!...
Disteso accanto a tutto ciò che
mi
manca, o meglio ancora, non sono… Un dolore
mi
prende dentro – e quest’oro lo vorrei
di carne:
una
compagna, un altro specchio di me, Eva
distesa
da amare, perché anche l’Eden ci fa
smarrire,
ci culla soli, il cuore in gola, nudi di cielo…
6 -
Il
cuore – ciò che nessuno scultore, soltanto Dio
sa
plasmarci dentro – qui brilla e appare anche da
fuori,
piccola luce, sorriso prima del volto, del Tempo
sacro
che nemmeno i secoli possono accogliere,
o
misurarne l’Uomo, Adamo me disteso – e Nulla ero
nel
prima ma tutto era già stato, come parola
riassume
il gesto, il pensiero, la carezza che un Padre
ama
fare al figlio: ed io proprio da questa sono nato.
7 -
Tristezza
non è divina, la sento, è virtù tutta mia:
farò
d’essa il mio fiore, la casa o il tralcio
cui
a sera appendere l’anima, prima di tornare
a
letto, nudo disteso a fianco della vita: riverso,
spossato
come dopo ogni atto d’amore… In furia
cerca
sempre il cielo, s’inturgida fino alle stelle!
Il
desiderio è un vangelo, palmizio di parabole…
Saprò
amarla, la vita, creta da cui Lui – oggi –
Mi
ha estratto, rivelato il cuore. C’è un Dio nell’uomo,
e Dio nasce in Adamo.
Adamo disteso è
una splendida statua in oro di Giacomo Manzù (opera del
1972),
185x78 mm. “Questa piccola fusione in oro” – rileva Livia Velani
nella
sua monografia su La Raccolta Manzù, Ardea, 1994 “è ripresa dalla
posizione
del corpo di Adamo nel prologo del film La
Bibbia di John Huston,
che
Manzù aveva con fatica ideato. Infatti, come mi raccontò durante un
nostro
incontro, la difficile resa visiva della nascita di Adamo dalla creta,
doveva
iniziare con l’immagine del sasso per poi evolversi nel corpo
umano”.
Plinio Perilli (Roma, 1955) e' poeta, saggista e critico letterario. Ha esordito
nel 1982 con un poemetto pubblicato sulla rivista Alfabeta. La sua prima
raccolta poetica è del 1989, “L'amore visto dall'alto'' cui fanno seguito i
racconti ''Ragazze italiane'' nel 1990 e “Preghiere di un laico” nel 1994. Tra
le altre sue opere, come critico e saggista, ricordiamo ''Storia dell'arte
italiana in poesia del 1990” , “Melodie della Terra del 1998” e “Costruire lo
sguardo”. Storia sinestetica del cinema in 40 grandi registi, 2009. E' del 2014
il romanzo in versi ''Gli amanti in volo ''.