“L’inclinazione di una foglia alla luce”, di Tiziana Marini, letto da Chiara Mutti
La percezione di
esistere ancora per poco, eppure d’esserci, breve battito di ciglia, lasciando
testimonianza del proprio passaggio nel divenire eterno della vita: «…E il vuoto
che lasciamo/è il vuoto di un bosco arso/ che rinasce a sorpresa/ per una
radice salva/ per un seme casuale…».Tutto il significato di
questa splendida raccolta poetica (“L’inclinazione
di una foglia alla luce”, Ensemble Edizioni, 2023, pp. 90, Euro 13) è
già in qualche modo anticipato nella poesia di apertura, dove appunto si
osserva l’inclinazione di una foglia alla luce, cioè il filo che ci tiene
legati alla vita: il leitmotiv stesso
del libro. Tiziana Marini sa come condurci lungo quel filo, secondo sapienziale
abilità evocativa di affetti e di aneddoti che sono profondamente suoi, ma che
sono al contempo di tutti.
La scrittura di Tiziana
sembra qui votata alle perdite, e d’altra parte la dedica alla cara amica e
artista Nina Maroccolo, venuta(ci)a mancare purtroppo di recente, sembra già
declinarne l’intento. Accade così che il tempo diventi una coperta troppo corta
e non basti più a coprirci –se copriamo la testa si scoprono i piedi, e
viceversa – quando dobbiamo fare i conti con il fatto che la vita rimasta a
nostra disposizione si accorciaun po’ di più ad ogni istante, e che il vero rischio
è quello dinon saperla spendere interamente.Allora nasce e cresce in noi l’urgenza
di dare un nome reale e preciso agli eventi e alle cose che ci sono intorno, di
ri-conoscerli, tirando le somme alla nostra vita:«si va verso un punto/verso il bene e il male/ che
abbiamo vissuto. / Dicono sia la resa dei conti».
E questa urgenza di comprendere ciò che è stato diventa un invito a liberarcene,
a lasciare «che
tutto esca/ da noi», a consentire che
fluisca, che venga inghiottito dal mare. È un invito al vuoto che continua nelle
liriche successive: «di
vuoto in vuoto /si procede…»Sono queste le occasioni
che, come suggerisce l’autrice,dobbiamocogliere se sappiamo fermarci ad
ascoltare: riuscire a vedere l’invisibile lì dove la vita, a un certo punto,giunge
alla resa dei conti. Allora la risposta nasce dall’osservazione della natura e dal
gioco degli eterni opposti:la parola dal silenzio, la luce da un cono d’ombra.
Le ombre ci mostrano
allora un’altra vita
quella dimenticata e
persa
quella che avrebbe dato
altri frutti
a viverla.
Voce è data alla natura
tutta, in questo libro: il «ramo
di ciliegio affossato»,dei bellissimi versi di “Dunkerque”,
eil vento, la nebbia, la neve, le nuvole –coltri con le quali possiamo coprirci–
eil mare, le stelle,«una
supernova che collassa sul letto/la sua lenta fine» e, soprattutto,le foglie
che trasmutano in simbolo: foglie uccello, foglie mani,foglie gesto («lo stesso frullo del
gestodi scrivere l’aria»), parole che nascono dall’atto di scrivere.Foglie
abbandonate al vento,che si accalcano lì dove il cono d’ombra le attrae; che c’insegnano
l’arte di “lasciare andare”. Così,alla fine,perfino l’atto del morire diventa accoglimento
del proprio destino,ma nella consapevolezza che il cielo accoglie e non ha fine,
che le stagioni tornano e ritornano ogni anno, sempre.
Nella poesia di Tiziana
Marini si assiste a questo perenne fluire del tempo e a questo continuo
trasmutare di entità materiche in entità metaforiche, e di finitudine in nuovi
inizi, in un movimento perpetuo e circolare che è ciclo delle stagioni ma anche
principio filosofico della stessa vita umana.
Vanno nell’aria come
onde di luce le cose
tutto va appena nato
ma qualcosa poi ritorna.
In particolare questo
concetto di rinascita incessante, o vaticinio di ritorno, diventa evidente
nella seconda parte del libro: non c’è forse un po’ della stagione che sta per arrivare,
in quella appena trascorsa? La primavera è già tutta in quel minuto di luce in
più aggiunta al giorno,sin da fine dicembre…“impensabile talea” fiorita nel cuore dell’inverno; ed è insitonella
sensibilità del fotografo e del poeta saper cogliere queste luci,così come
afferrare l’attimo, trattenendolo per sempre.Tiziana è l’uno e l’altro, sa che
il piccolo riproduce in nuce il grande
e già contiene il tutto eche, al contempo,l’esistenza non è mai ferma e si
sposta incessantemente in avanti. Conosce il significato recondito che risiede
in ogni incontro, umano o non umano che sia, e coltiva con amore e speranza la
certezza che ogni tassello della nostra vita troverà alfine la sua giusta
collocazione.Sa che ogni attimo vissuto resta profondamente inciso nella nostra
memoria.Richiamare alla memoria questi momenti preziosi è compito del poeta, così
come svelarne i significati più reconditi, gettare luce lì dove l’ombra ne
custodisce il segreto, svelandolo così al mondo.La parola di Tiziana si muove
sicura:«…resto con la penna-aratro / aggiustando le cose /in un epilogo
misterioso…»
La parte finale,
struggente e dolcissima, è dedicata alla perdita dell’amato micio Fusino esi
apre con la dedica:Abbi cura di me (a Fusino).Questa esortazione riesce a rendere in modo diretto e semplicissimo
quanto può essere unico ed esclusivo il nostro rapporto congli animali,e quanto
può risultare desolante e dolorosa la loro assenza. Anche in questo caso
Tiziana riesce a cogliere e ad utilizzare le parole-simbolo necessarie per
significare il senso di perdita ea cogliere i sottilissimi segnali della
continuità della presenza attraverso il ricordo:
Da lì torni ogni tanto
mordi il mio cuore e ti
allontani.
Da lì ogni tanto torni a
costruire
minuscole memorie.
Un libro di alta e
intensa poesia, in cui mi sono specchiata, persa, ritrovata e commossa, e che
segna, a mio avviso –pur avendo apprezzato molto le quattro precedenti
pubblicazioni poetiche di Tiziana Marini, già riuscitissime – il raggiungimento
di una sua piena maturità poetica.
Dal blog ''Del cielo stellato'' di Edilet Edizioni:
Chiara Mutti
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