domenica 1 giugno 2025

''Luce del tempo'' di Marco Onofrio (Passigli Poesia, 2024)

                                      


’Luce del tempo’’ (Passigli, 2024), la recente silloge di Marco Onofrio, è un dono prezioso di costellazioni emotive e non solo. Molto è stato scritto su questo libro, a cominciare da quanto espresso nella dettagliata ed esaustiva prefazione di Gianni Turchetta, e molto dice la citazione in esergo ‘’La vita è questo, una scheggia di luce che finisce nella notte’’ di Louis-Ferdinand Céline, tratta da ‘’Viaggio al termine della notte’’, ma le chiavi di lettura sono molteplici. Il titolo, complesso per le sue sfumature semantiche, esprime, come tutta la raccolta,  una sinergia tra scienza e filosofia, tra fisica e metafisica,  uno ‘’spaziotempo’’ che diventa categoria filosofica e un romanticismo illuminato di forze dirompenti sfumate nelle infinite variabili del cuore che insieme diventano poesia. Di certo non è  immediato definire cosa sia la luce del tempo nello stretto e denso legame dei due termini suggerito dal titolo. Di certo la luce non è quella, per esempio,  del ‘’girasole impazzito di luce’’ di Montale, né quella interiorizzata del ‘’m’illumino d’immenso’’ di Ungaretti, entrambe sconvolgenti al presente. Qui la luce viene dal passato ed è vissuta in una dimensione di lucida consapevolezza. Ma il tempo ha veramente una sua luce, e se sì, qual è? Per avvicinarci, solo avvicinarci alla risposta dobbiamo considerare  che il vero luogo dell’anima e di palingenesi del libro non è solo il cosmo, splendente di stelle e pianeti, topos caro al poeta che qui tra l’altro scrive con sconforto ‘’Le care nebulose dell’infanzia / sono ormai svanite…’’, ma un mare-brodo primordiale di acqua feconda di luce e vita ‘’…L’acqua del miracolo…’’, un liquido amniotico protettivo e potente nel quale tornano in vita anche ‘’storie sigillate / che nessuno potrà mai / recuperare…’’, grazie al tepore di una luce amorevole, quella del tempo che sana le ferite e dona speranza. Questi elementi sono la Natura, il Vuoto, il Silenzio, l’Eternità, l’Universo, l’Invisibile, ma anche la Morte e la Rinascita. In realtà prendono vita  grazie a un’illuminazione particolare del tempo, quella potente della Memoria che come un laser dal raggio chirurgico ne contorna i profili, esaltandoli. La Memoria è un’ancora di salvezza che,  attraverso il ricordo, ci restituisce ciò che avevamo e abbiamo perduto, recuperandone la bellezza e l’emozione, così da lenire il senso di perdita e solitudine, altrimenti incolmabile. Scrive Onofrio: ‘’Fummo ragazzi felici / leggevamo l’alfabeto della luce…’’ che è sì rimpianto, ma anche testimonianza e consapevolezza di ciò che eravamo in un mondo esistente ancor prima e dopo di noi, il prima e il dopo che non sappiamo immaginare, ma che costituisce il misterioso filo, forse il senso, dell’intera vita. La luce di Onofrio ci permette di scovare quel filo e quel senso, dipanati nel tempo,  e  finalmente sentirne il racconto attraverso la sua voce : ‘’…Il suono bianco-gloria della luce…’’ un suono puro, catartico, che dona serenità e che arriva da lontano, dagli abissi più profondi dei fondali e dell’anima, richiama in vita persone, affetti, attimi di un tempo passato, inconsapevolmente felice, prezioso e più luminoso delle stelle.  

Così, illuminato in  ogni angolo buio, il nostro vuoto torna ad essere pieno, torna a tacere  perfino il silenzio e tutto si proietta verso il futuro, in un messaggio positivo di speranza. È questa la luce del tempo, espressa in mille gradazioni,  l’energia, lo sguardo che crea e consola, la consapevolezza. Ma non è luce abbagliante bensì luce resa discreta, misteriosa e struggente. In tutto il libro in effetti ciò che conta per davvero è ciò che vediamo nella penombra: ‘’Luce morente di vita già passata… oltre la notte del futuro … ‘’,  nel raccoglimento degli occhi chiusi, quando Onofrio scrive: ‘’ … Cose che io vedo / ad occhi chiusi / come i fondali irrangiungibili / del mare…’’,  così come nelle profondità del cuore. È la  luce della ‘’storia millenaria’’ dell’acqua che ci ha generato: ‘’M’immersi e il tempo m’inghiottì nella sua luce.” Dunque un ‘’oceano sacro di beatitudine’’ in cui entrare: ‘’Entrare nell’immenso / e farsi mondo. / Diventare uno col profondo ’’. E ancora: ‘’Cerco il luogo dove mi hanno concepito: / è lì che potrò essere felice / Vieni,  ti stiamo aspettando /  mi dissero le onde in un riflesso … ’’. E l’acqua si mischia al cielo in un continuo dialogo tra mare, terra e aria, dice infatti Onofrio: ‘’L’acqua scompare / sale in cielo / nebulizzata in polvere / di stelle’’. E c’è poi la luce del rimpianto, quella profonda della nostalgia struggente, espressa soprattutto per la figura paterna nelle poesie ‘’Miliardi di onde’’ e ‘’Tristezza dolce’’: ‘’Miliardi di onde fa / c’eri tu, padre / a guardare questo mare … ‘’, e ‘’Mio padre ora vive lassù / e arrotonda nuvole col tornio … ‘’, dove la separazione non è mai lontananza ma prossimità e continuità.

Accanto a questa luce penetrante, interiore, c’è poi  la luce inaspettata di un giorno qualunque, racchiusa nelle cose più piccole : ‘’La luce di un giorno qualunque / irradia la grandezza della vita, tutto il suo miracolo / e il mistero…’’ e infatti il poeta scrive ‘’Sono piccole cose preziose / e la vita è salva!’’. La salvezza è dunque nel microcosmo, sebbene il macrocosmo catturi con lo sguardo la mente e i sensi e sembri governare tutta la nostra vita. Ma, ancor più di questo e sopra ogni altra cosa, c’è l’amore, la luce più grande, che si rivela spesso, ma non solo, nell’amore per una donna, carnale e spirituale a un tempo: ‘’…Quando una donna arriva / per amarti / ti basta già pensarla, sei felice!…’’. L’amore è la risposta a tutto con un precetto fondamentale da rispettare infine, che è quello di  saper gioire della gioia stessa: ‘’Gioire della gioia / è l’unico precetto da osservare … ‘’ per dare un senso al mondo, rendere più sopportabili le sue spietate regole.

In conclusione di questo viaggio, sicuramente incompleto, nel vasto universo poetico di ‘’Luce del tempo’’, nei suoi versi potenti e ritmati, costruiti intorno a paesaggi terracquei e cosmologici d’immensa bellezza ed efficacia, nel suo tempo  declinato in mille eventi atmosferici e cronologici,  a sottolinearne la sua inarrestabile fluidità che tutto trascina e avvolge, ma anche nelle brevi e folgoranti prose ugualmente significative, possiamo dire che la luce di Marco Onofrio, a pieno titolo tra le più belle voci poetiche contemporanee, è poesia e vita, è la parola che, per dirla con Luzi, non è ‘’disabitata trasparenza’’  ma luce della luce, disseminata dal tempo, suo alfabeto.

Tiziana Marini

La recensione si può leggere anche sul blog ''Del cielo stellato'' della Casa Editrice Edilet a questo link: 

giovedì 2 gennaio 2025

''L'inclinazione di una foglia alla luce'' (Ensemble, 2023) nella lettura di Gabriella Maggio'

 


Tiziana Marini letta da Gabriella Maggio

 

 

Leggendo “L’inclinazione di una foglia alla luce”, silloge poetica  di Tiziana Marini (ed. Alter Anima mundi) mi ritorna in mente un verso dell’ultimo Saba “Uomo…sei troppo e troppo poco”  perché nelle poesie di Tiziana  è evidente sia  l’ansia di stringere tutto a sé sia la  consapevolezza  che non si può.Tuttavia, diversamente da Saba che considera la condizione umana  una sventura, Tiziana  crede che il tutto, la compiutezza cui lei  aspira, si possa ritrovare nel tocco umano del vento/ nel suono di mezza foglia che cade. Non nell’intero, ma nel frammento. Il titolo della silloge fa da soglia nel suo  riferimento ad un particolare raggio di luce che illumina una foglia e le dà la vita. Consapevole che il mondo contemporaneo è caratterizzato dalla dispersione e dallo smarrimento del senso, ma soprattutto dall’incrinarsi  della sua compattezza, Tiziana  da  autentica poetessa si concentra su oggetti spesso naturali e li  riscatta rilevandone una potenzialità semantica che scardina l’ovvio,  il sempre uguale, l’omologazione. Rintraccia ed esprime quello che nella percezione della propria esperienza non è visibile. E la sua parola assume la stessa “ tessitura” del tempo e diventa folgorazione lirica essenziale, varco necessario alla comprensione del mondo.

 

La poetessa abbraccia tutto della vita,  il ricordo di chi non c’è  più, il dolore e la sofferenza, ma  anchela bellezza e l’amore contro cui nulla può la sorte/ di questo mondo storto e casuale. Con animus lirico incide immagini diamantine  che intrecciano passato e presente, luce e ombra, gioia e dolore. L’eco luminosa dei versi non arriva  soltanto agli occhi, ma è rivelatrice della vita, di emozioni e sentimenti nei  quali il lettore  può rispecchiarsi e dire : anch’io. Si potrebbe a proposito citare Vivian Lamarque: mentre lei scrive una lama entra / di sole e tutto intorno cambia… Le parole di Tiziana emergenti dalle “occasioni “della vita generano  una poesia che riconosce sempre le sue origini nell’esperienza di vita,  nello  spazio intermedio tra dimensioni diverse, in cui le strutture formali sono anche progetti d’azione, di salvaguardia di un  vissuto, che talvolta ci coglie  “impreparati, senza pullover né sciarpe’’come dice G. Ritsos in “Debito autunnale”. Eppure La penna –aratro/ aggiustando le cose/ in un epilogo misterioso/di uguaglianza genera l’effetto di comprensione del mondo, insieme alla consapevolezza  che nulla nel mondo è necessario. L’amore, l’avere cura  di sé e degli altri  offrono alla poetessa la via del riscatto dall’insignificanza  e dell’accettazione dello scorrere del tempo e il succedersi  di  eventi alterni. Il linguaggio poetico di Tiziana Marini  è essenziale e peculiare, mescola parole del quotidiano : zip, bottoni, maglioni e parole del repertorio classico Merope, Pleiadi, Vestali, Tetide. Ai poeti che l’hanno ispirata e che rappresentano il suo fertile legame con la tradizione, spesso allude, ma a Ghiannis Ritsos si rivolge direttamente con un’affinità senza veli: Tra poeti si ritorna a sé , dall’altro.