‘’L’abitudine degli occhi’’ (Passigli, 2015) di Monica Martinelli,
letta da Tiziana Marini
‘’L’abitudine degli occhi’’ (Passigli 2015), intensa raccolta poetica
di Monica Martinelli, si offre al lettore con un titolo cosi’ particolare e interessante da renderne necessario l’approfondimento.
Scrive l’Autrice in uno dei testi più emblematici della silloge: ‘’…Penso non sia il cambiamento / ma
l’abitudine / l’unità di misura / dei
viventi / ciò che ci rassicura e ci
consola / ciò che ci viene naturale fare…’’, illuminandoci cosi’, sul suo significato.
L’abitudine altro non è che la predisposizione propria dell’essere umano ad assuefarsi
a tutto, forse per quelle leggi fisiche
e meccaniche che governano l’universo intero alle quali la Martinelli fa spesso
riferimento. Il nostro sguardo, (e per estensione tutti i sensi), percepisce il
mondo secondo l’ attitudine salvifica dell’ esperienza ripetuta che, attenuando
la forza delle emozioni, rende queste piu’
sopportabili, come se il ‘’ dolore
diventasse meno doloroso’’ quando ci abituiamo ad esso. L’abitudine è quindi un vero toccasana, un meccanismo di
difesa innato, che ci permette di tollerare anche la sofferenza più estrema e
di sopravvivergli e, estremizzando, come dice la Martinelli, farci perfino
intuire da quale parte cadrà una foglia..
‘’…E’ come seguire la danza / di una foglia nel vento / e indovinare da quale
parte cadrà ‘’’, secondo una vera e propria
teoria dell’abitudine come forma di conoscenza. Eppure, come si apprende leggendo le varie
sezioni in cui è suddiviso il libro, dai titoli
suggestivi ed efficaci
(Fisiologia del dolore, Chimica dei sentimenti, Atteggiamento del
corpo, Meccanica dei passi e delle
foglie, Fisica del quanto e del come,
Geologia delle case e delle cose, Biologia dell’indifferenza), non tutto
è cosi’ facile e scontato perchè in qualsiasi momento l’imprevisto può sorprenderci con la sua incertezza destabilizzante: l’abitudine infatti , sebbene sia ‘’l’unica
scienza esatta che regola la nostra vita’’, è solo un tentativo di salvezza. Se
questo filtro s’inceppa la conseguenza è la sofferenza ‘’ …Arriva
all’improvviso / diventa bestia potente /smaniosa di crescere / e porta le
cellule a impazzire / per volontà d’espansione…’’, e quindi ‘’ …Era meno penoso essere cieca…’’ come scriveva la
Dickinson e come ci ricorda Monica in
quanto, alla fine, anche la sofferenza è abitudine ‘’ …E poi ci si
affeziona anche al dolore / all’ospite sgradito / ignaro di solitudine.’’ Eppure, a pensarci bene, è proprio dal superamento dell’abitudine che nasce la vera
vita ‘’…nello spazio tra respiro e silenzio / la vita e’ ciò che capita / magari un intralcio li’ a caso…’’ perchè nel bene e nel male vivere è essenzialmente
emozionarsi e l’emozione puo’ nascere solo da un elemento imprevisto che sconvolge ogni tattica difensiva, conscia
o inconscia che sia. Possiamo dire dunque che l’imprevisto ci fa soffrire ma
almeno ci rende vivi perchè per vivere
davvero, dobbiamo attraversare anche il
dolore, accettandolo o combattendolo, ma
comunque confrontandoci con esso. Certo infrangere
l’abitudine mette a nudo anche i nostri
limiti e la caducità del mondo. Scrive a questo proposito la Martinelli ‘’…Ma niente si conosce / se
non l’attimo d’una farfalla.’’ oppure ‘’…Sulla felicità si puo’ solo
scommettere …’’ e ancora ‘’…Ma vedere è subire in permanenza / non si può
scegliere cosa guardare / forse possiamo solo comprendere / la differenza tra
ciò che merita attenzione / e ciò che fa piangere.’’ Sono versi di grande forza,
che sottolineano l’ ineluttabilita’ della vita e l’inquietudine dell’ essere umano, una creatura comunque sola e malinconica, che
talvolta riesce a guardare il
mondo con ironia, ma più spesso è rassegnata per volonta’ della ragione ad
un meccanicismo senza soluzione, di cui
sono specchio certi automatismi e rituali,
e nel quale però anche il solo paragonarsi, per esempio, al mare può diventare un atto liberatorio . Accontentarsi, questo ci e’ concesso. ‘’ Il mio pensiero è per il mare e il suo
mistero / il suo unico fine è ondeggiare, agitarsi / proprio come me che sono
inquieta / e come lui fremo per quelle nubi / che ci stanno sopra / e non ci
danno tregua…’’ scrive la poetessa. E
in tutto questo ci puo' essere perfino qualcosa
che ci sorprende positivamente, qualcosa che ci ricorda che è finito l’inverno
nonostante fino a poco prima cadessero le foglie come infatti succede nella poesia
dedicata alla ‘mimosa’. Questo miracolo può accadere nella vita di
ognuno anche solo per effetto di una semplice carezza ‘’…Forse cerco una
carezza per vivere’’, cosi’ come ci confessa con sincerità, smarrimento e
tenerezza la Martinelli. Una carezza
‘’superstite’’, una carezza ‘’d’affetto’’, è quello che alla fine conta davvero,
perchè è sempre nel gesto d'amore l’elemento fondante,
la radice della vita.
Tiziana Marini
Tiziana Marini
.