mercoledì 17 luglio 2019

''Archeologie del cielo'' (Terra d'ulivi, 2019) di Chiara Mutti


‘’Archeologie del cielo’’, (Terra d’ulivi, 2019) di Chiara Mutti. Nota di lettura di Tiziana Marini

Tre piani, tre angolazioni, tre percorsi diversi caratterizzano e delineano  l’ultima raccolta  poetica di Chiara Mutti: poesie, immagini fotografiche e racconti in sinergia sinestetica, per  un testo che si avvale del continuo e necessario rispecchiarsi dell’uno nell’altro. Scriveva Antonia Pozzi ‘’…Io non devo scordare che il cielo fu in me…’’ e Wizlawa Szymborka: ‘’ Il cielo e’ onnipresente perfino nel buio sotto la  pelle’’.  Vale anche per Chiara Mutti questa onnipresenza del cielo? Sicuramente si. E cosa sono le ‘’archeologie’’ del bellissimo titolo della raccolta che l’Autrice cerca continuamente nel cielo-fuori, attraverso l’immagine fotografica, e nel cielo-dentro,  attraverso la parola poetica? Non sono di certo le nuvole,  sebbene catturate abilmente dal suo occhio di fotografa (…mi ostino a studiare le nuvole / ma le nuvole sono come il tempo. / Trattenerle / solamente illusione.), al contrario, sono  gli scavi che portano alla luce le  ferite ataviche che ognuno ha in se’ nelle pieghe piu’ profonde dell’anima, da quando è al mondo, come specie e come individuo.  Il cielo della Mutti, cosi’ mutevole  e al tempo stesso sempre uguale,  è  un cielo eterno, sapiente e tempestoso, simbolo, proiezione, archetipo del sacro e dell’infinito, interlocutore muto di ogni soliloquio umano;  è un cielo che  ha nelle  sue ‘’archeologie’’,  nelle sue stratificazioni piu’ profonde e nelle sue coordinate ancestrali, nella sua immutabilità mutevole e nelle sue aeree viscere, la mappa, per cosi’ dire, genetica di tutte le  possibili risposte, restando queste, tuttavia sempre sconosciute e  non decodificabili, per quanto le parole, in questo caso della poesia,   possano scavare.  Al contempo non esiste un cielo più umano, fallibile e terreno  di questo, solcato, come un deserto o un mare infinito, da dolori antichi, da crepe, rughe e ferite indelebili lasciate nell’anima  dalla vita stessa. Questo cielo,  spugna e specchio, come abbiamo detto, conserva tutte le tracce del passato, dal piu’ recente al piu’ antico, ci racconta la nostra storia, ma  è comunque un cielo imperfetto (…Non è forse / questa  imperfezione l’infinito?...) che esiste anche senza di noi e che, anzi,  ci ricorda la nostra finitezza ( …questo cielo limpido / che tutto accoglie:/ l’amarezza, la memoria, i sogni / questo cielo che esiste / ‘’lo avresti detto’’ / Esiste / anche senza di me). E’ importante dire  che la poesia di Chiara Mutti, come il suo cielo, non cede mai al  ‘’buio’’  perché  ‘’…Anche il cielo, / il più nero di stelle, / ha le sue prigioni’’,  casomai indugia sui tramonti affollati da ali e  croci che il buio altrimenti potrebbe nascondere (Ecco lentamente il sole precipita. / Il giorno ha piantato una lama nel cielo / e sul sangue erige il suo vessillo…). Ed e’ poesia che ama la vastità, pur nell’essenzialita’ del verso, non solo del cielo ma anche della terra, la riconosce e se ne appropria (…Gli alberi hanno rami lunghissimi / iniziano dalle foreste / e arrivano fino al mare ) per trasformarla in ricchezza interiore. Terra, cielo, mare e anima dunque, grandezze che sembrano dialogare continuamente fra loro, con parole che, come lampi tra nubi, come onde nella risacca, o ancora come vento nell’erba, disvelano cio’ che soggiace al vapore, alla sabbia, all’humus, mettendo a nudo i pilastri del cosmo e dell’anima,  e interfacciandoli con una scrittura  che non ammette tentennamenti o fraintendimenti, una scrittura solida e dolorosa in continua evoluzione e, complessivamente, con l’intero, policromo mondo poetico dell’Autrice.

Tiziana Marini

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