lunedì 22 luglio 2019

L'abitudine degli occhi'' (Passigli, 2015) di Monica Martinelli



‘’L’abitudine degli occhi’’ (Passigli, 2015) di Monica Martinelli, letta da Tiziana Marini

‘’L’abitudine degli occhi’’ (Passigli 2015), intensa raccolta poetica di Monica Martinelli, si offre al lettore con un  titolo cosi’ particolare e interessante  da renderne necessario l’approfondimento. Scrive l’Autrice in uno dei testi più emblematici della  silloge: ‘’…Penso non sia il cambiamento / ma l’abitudine / l’unità di misura /  dei viventi / ciò che ci rassicura  e ci consola / ciò che ci viene naturale fare…’’, illuminandoci cosi’, sul suo significato. L’abitudine altro non è che la predisposizione propria dell’essere umano ad assuefarsi a tutto,  forse per quelle leggi fisiche e meccaniche che governano l’universo intero alle quali la Martinelli fa spesso riferimento. Il nostro sguardo, (e per estensione tutti i sensi), percepisce il mondo secondo l’ attitudine salvifica dell’ esperienza ripetuta che, attenuando la forza delle emozioni,  rende queste   piu’ sopportabili, come se il  ‘’ dolore diventasse meno doloroso’’ quando ci abituiamo ad esso.   L’abitudine è  quindi un vero toccasana, un meccanismo di difesa innato,  che ci permette di  tollerare anche la sofferenza più estrema e di sopravvivergli e, estremizzando, come dice la Martinelli, farci perfino intuire   da quale parte cadrà una foglia.. ‘’…E’ come seguire la danza / di una foglia nel vento / e indovinare da quale parte cadrà ‘’’, secondo una vera e propria  teoria dell’abitudine come forma di conoscenza.  Eppure, come si apprende leggendo le varie sezioni in cui è suddiviso il libro, dai titoli  suggestivi ed efficaci  (Fisiologia del dolore, Chimica dei sentimenti, Atteggiamento del corpo,  Meccanica dei passi e delle foglie, Fisica del quanto e del come,  Geologia delle case e delle cose, Biologia dell’indifferenza), non tutto è cosi’ facile e scontato perchè in qualsiasi momento l’imprevisto può sorprenderci  con la sua incertezza destabilizzante:  l’abitudine infatti , sebbene sia ‘’l’unica scienza esatta che regola la nostra vita’’, è solo un tentativo di salvezza. Se questo filtro s’inceppa la conseguenza è la sofferenza ‘’ …Arriva all’improvviso / diventa bestia potente /smaniosa di crescere / e porta le cellule a impazzire / per volontà d’espansione…’’, e quindi   ‘’ …Era  meno penoso essere cieca…’’ come scriveva la Dickinson e come ci ricorda Monica  in quanto, alla fine,  anche   la sofferenza è abitudine ‘’ …E poi ci si affeziona anche al dolore / all’ospite sgradito / ignaro di solitudine.’’  Eppure, a pensarci bene, è proprio dal  superamento dell’abitudine che nasce la vera vita ‘’…nello spazio tra respiro e silenzio / la vita e’ ciò che capita  / magari un intralcio li’ a caso…’’  perchè nel bene e nel male vivere è essenzialmente  emozionarsi  e l’emozione puo’  nascere solo da un elemento imprevisto  che sconvolge ogni tattica difensiva, conscia o inconscia che sia. Possiamo dire dunque che l’imprevisto ci fa soffrire ma almeno ci rende vivi perchè  per vivere davvero,  dobbiamo attraversare anche il dolore, accettandolo  o combattendolo, ma comunque  confrontandoci con esso. Certo infrangere l’abitudine mette a nudo anche  i nostri limiti e la caducità del mondo. Scrive a questo proposito  la Martinelli ‘’…Ma niente si conosce / se non l’attimo d’una farfalla.’’ oppure ‘’…Sulla felicità si puo’ solo scommettere …’’ e ancora ‘’…Ma vedere è subire in permanenza / non si può scegliere cosa guardare / forse possiamo solo comprendere / la differenza tra ciò che merita attenzione / e ciò che fa piangere.’’ Sono versi di grande forza, che sottolineano l’ ineluttabilita’ della vita  e l’inquietudine dell’  essere umano, una creatura  comunque sola e malinconica,  che  talvolta  riesce a guardare il mondo con ironia, ma più spesso è rassegnata per volonta’ della ragione ad un  meccanicismo senza soluzione, di cui sono specchio certi automatismi e rituali,  e  nel quale però anche il solo paragonarsi, per esempio,  al mare può diventare  un atto liberatorio . Accontentarsi, questo ci e’ concesso.  ‘’ Il mio pensiero è per il mare e il suo mistero / il suo unico fine è ondeggiare, agitarsi / proprio come me che sono inquieta / e come lui fremo per quelle nubi / che ci stanno sopra / e non ci danno tregua…’’ scrive la poetessa.  E in tutto questo ci puo' essere perfino  qualcosa che ci sorprende positivamente,  qualcosa  che ci ricorda che è finito l’inverno nonostante fino a poco prima cadessero le foglie come infatti  succede nella poesia dedicata alla ‘mimosa’.  Questo miracolo può accadere nella vita di ognuno anche solo per effetto di una semplice carezza ‘’…Forse cerco una carezza per vivere’’, cosi’ come ci confessa con sincerità, smarrimento e tenerezza  la Martinelli. Una carezza ‘’superstite’’, una carezza ‘’d’affetto’’, è quello che alla fine conta davvero, perchè è sempre nel gesto d'amore l’elemento fondante, la radice della vita.
Tiziana Marini



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