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lunedì 17 ottobre 2022
Foliage sui Monti Simbruini
martedì 13 settembre 2022
Una poesia di Antonia Pozzi
Presagio
(Milano, 15 novembre 1930)
Esita l’ultima luce
fra le dita congiunte dei pioppi,
l’ombra trema di freddo e d’attesa
dietro di noi
e lenta muove intorno le braccia
per farci più soli.
Cade l’ultima luce
sulle chiome dei tigli,
in cielo le dita dei pioppi
s’inanellano di stelle.
Qualcosa dal cielo discende
verso l’ombra che trema,
qualcosa passa
nella tenebra nostra
come un biancore,
forse qualcosa che ancora
non è,
forse qualcuno che sarà
domani,
forse una creatura
del nostro pianto.
lunedì 12 settembre 2022
Autumn atmosphere...
domenica 7 agosto 2022
Estate in Val d'Orcia e nelle Crete Senesi
lunedì 20 giugno 2022
‘’Arancia all’alba’’ (Pagine, 2022), l' ultima raccolta di poesie di Gemma Ravanello in una mia nota di lettura.
‘’Arancia all’alba’’ (Pagine, 2022) è
la nuova silloge di Gemma Ravanello che segue cronologicamente ‘’Bosco’’
(Del Giano, 2012) e ‘’Alte e basse
maree’’ (Pagine, 2015) a sostenere un
percorso che va da un luogo-bosco, più contemplativo, a un luogo-vita di più
ampio respiro, dove la compenetrazione e l’osmosi tra la sfera umana e quella
naturalistica, tra le luci e i colori della natura e gli aspetti esistenziali,
si dispiegano con più forza, in una dimensione di eternità assoluta e al tempo
stesso dolorosamente effimera. Quello di Gemma Ravanello è un percorso, per
così dire, interminabile, guidato dalla sua anima sensibile e a tratti inquieta - ma grata sempre alle piccole gioie
che a sorpresa ci riserva la vita – continuamente alla ricerca di significati, sensazioni, corrispondenze e interrogativi, destinati
a restare senza risposta, per quella inesauribile sete di conoscenza che la
contraddistingue come persona e come poeta. Gemma Ravanello, palpitando,
ricerca segni che alimentino, non certo plachino, il suo desiderio di
comprensione della vita, il ‘’mistero’’ che da sempre accarezza con stupore,
conscia che questo resterà tale perché
nella vita ‘’ha significato solo l’incomprensibile’’ (Jung, Archetipi
dell’inconscio collettivo). Si potrebbe pensare ad un possibile parallelo con la poetica della Dickinson, sia per quanto riguarda l’amore per
la natura, sia per quanto riguarda il profondo senso del mistero, ma Ravanello
antepone sempre all’aldilà e all’idea
della morte presenti nella Dickinson, la forza del mondo umano del quale la
natura e’ specchio.
Il libro si divide in quattro
sezioni, quante sono le stagioni, unità di misura del tempo che ciclicamente passa
e degli stati d’animo dell’Autrice, sezioni dense e dinamiche: Autunno o La
musica vitale, Inverno o Gli inverni del cuore, Primavera o Il roseto del
colloquio, Estate o Gli inquieti idilli. Quattro stagioni dunque, ognuna a suo
modo, protagonista. Dice infatti la nostra Gemma Ravanello: ‘’…E ritrovo le innumerevoli stagioni tutte
dintorno da navigare…’’. ‘’Innumerevoli stagioni’’, come se in realtà le
stagioni fossero ben più di quattro, anzi come se ce ne fosse una per ogni
situazione / emozione. Stagioni in cui navigare - perché questo e’ il nostro
destino - su un veliero per ‘’approdare salvi con la tempesta in mano’’,
la tempesta della vita e del dolore più acuto che, sebbene non compreso, viene
comunque saggiamente accettato come inevitabile compagno di viaggio. E al
dolore Gemma dedica versi di grande intensità: ‘’Se i dolori fossero / tutti uguali, se in una sofferenza / non ci
fosse il taglio / del bosco, non ci fosse lo sparo / al cervo, in un’angoscia /
le foglie che cadono morte; se il dolore / non fosse anche una colpa / antica
nelle vene / il dolore / poca cosa sarebbe/ …’’. Dolore, in sostanza, come
stratificazione di dolori, somma che viene da lontano, essenza e impalcatura
del nostro sentire, simile alle nervature delle foglie che come abiti ci vestono.
‘’...Di skeleton leaves ti ha vestito,
Peter! L’Ombra / è in consegna; avvolto sei / in scheletri di foglie, vertebre
di un dolore / antico, fluito / di esfoliazione in esfoliazione’’.
E sullo sfondo altre foglie che
cambiano colore con le stagioni / stati d’animo, dal ‘’giallo giallo giallo…’’
del ginko biloba al rosso dell’autunno più’ inoltrato. Foglie soffiate dal
vento che in sottofondo sembra animare i versi di ogni poesia, come un motore
inesauribile, come il turbinio tempestoso e inarrestabile del cuore
nell’alternanza di gioie e dolori, attimi sempre filtrati dalla saggezza
dell’Autrice. Ma ogni stagione contiene in sé le altre stagioni e tra l’una e
le altre il distacco è lento e a volte impercettibile; c’è un’assenza, come un
vuoto, dice Ravanello, tra la fine di una stagione e l’inizio di un’altra: ‘’ Tra l’inverno / e la primavera / c’è un vuoto incolmabile. Il
transito non è facile e il guado / ha i suoi rischi nascosti nel sangue…’’
e in ogni stagione si nasconde la sofferenza, improvvisa e predestinata a un
tempo, in un continuum inarrestabile, quale è la vita. Così un Anthurium
trovato morente al ritorno delle vacanze, sottolinea questa triste realtà: ‘’…Soccombeva al torrido sole di luglio / la
tua fragile fibra / da ignara creduta assai più forte / e sfiorivano di te / i
preziosi fiori / sorvegliati solerte tutto l’inverno…’’ ma, al tempo
stesso, ci racconta anche l’importanza
dello sguardo, della cura amorevole, delicata e continua, degli affetti, siano essi la natura o le persone. La malinconia nostalgica trova così inevitabilmente spazio e ragione: ‘’ …un’acuta malinconia / mi raggiunge / oggi /
in questo agosto maturo /già d’uva, / e di sorgenti arance / all’alba / di
gialle foglie all’aria’’, ma reca con sé anche la speranza di nuovi sapori
e occasioni, offerti comunque dall’autunno incipiente; il
sole, l’arancia più bella che tinge di sé il cielo, ci dice Ravanello, risorge ogni giorno portando con sè a sorpresa
nuova bellezza.
Tra tutte le poesie della silloge, i
cui versi sono come sempre cristallini e musicali, una menzione speciale
meritano quelle dedicate ad artisti e quadri
significativi per l’Autrice, a testimonianza di come Ravanello
sia sempre in dialogo con ogni forma d’arte e si nutra della luce, dei
riflessi, delle sfumature, ma anche delle ombre che queste opere emanano.
Inoltre,
poichè molte possono essere le chiavi di lettura di un testo importante, molti
i suoi temi fondanti, in “Arancia all’alba”
di Gemma Ravanello, tra le altre, va sottolineata la dimensione onirica, un
elemento, che però nulla toglie alla concretezza e al realismo dei versi, solo
li arricchisce di atmosfere più rarefatte, rese poi dense dall’aspetto più propriamente simbolico del sogno, quale
porta dei desideri, della nostalgia, del
ricordo, del viaggio interiore. Già nella lirica d’apertura ci ritroviamo in un
“onirico giardino”, dove, nel dialogo fra due uccelli, sembrano rivivere
atavici sentimenti. Scrive Ravanello: “Ed
era tutta una melodia / il canto dei due uccelli; l’uno all’altro / il verso
volgeva / a rammentare l’antica intesa, l’atavico / accordo, l’ora turchese /
nella serenità passeggera. / Leggiadro il tempo delle note / nell’onirico
giardino”, per proseguire poi, tra viaggi su velieri sconosciuti, ‘’flutti
di onirico mare’’ e fili d’erba più alti degli alberi, verso isole che non ci
sono e paesi delle meraviglie del tutto interiorizzati. Mondi dove regna
“indisturbato il sogno” ma, comunque intrisi di realtà e pathos, attinti
entrambi dalla quotidianità e dal passato, dall’esperienza e dal vissuto
dell’Autrice, poiché uno dei talenti di
Ravanello è proprio il vedere nell’hic
et nunc l’altrove più immaginifico, “…come un volare atavico, un abituale / e
angoscioso planare / su qualcosa che fugge / e che non ritorna mai più”. E
tra i due, il qui e ora e l’altrove, un lungo ponte costruito dalla memoria che
a sé tutto stringe, smarrita, tra mille domande: “Dove sei mia leggera ala di sogno / sparita in una bufera / di mille
fiocchi albeggianti…”.Tra turbamento e tenerezza per “la bimba lontana”,
quella di ieri, ma sempre presente,
tutto lentamente scorre via e
ritorna, tutto è possibile, illuminato, prima dall’incanto e dalla sapienza della luna piena, spotlight sul cuscino e
sulle emozioni più nascoste e poi dall’eterna rêverie che, come dice Bachelard, è “la materia prima
dell’opera letteraria”, il momento in cui il mondo viene “investito da
un’improvvisa luce intima” di fervida immaginazione creativa e siamo veramente
liberi.
È
questo, in conclusione, un libro a lungo meditato, scritto con cura e passione,
caratteristiche evidenziate non solo dal bellissimo contenuto ma anche dalla
grafica elegante e accurata. In una dimensione qui più universale che altrove,
Ravanello, riversa nei testi, con la
precisione di un cesellatore, i suoi sentimenti più profondi e la sua visione
del mondo, offrendoci poesie di grande forza, luminose come quadri di Turner e
splendenti di quella luce dirompente eppure sfumata che è somma dei colori da
lei tanto amati.
Tiziana
Marini, giugno 2022
Gemma Ravanello è nata e vive a Roma da padre veneziano e madre inglese. Poetessa e pittrice è autrice di Bosco e altre poesie (Edizione Del Giano, 2012), Alte e basse maree (Pagine, 2015), Arancia all'alba (Pagine, 2022), e del romanzo Mare, spensierato mare del '62. Scrive fiabe e saggi e con le sue poesie è presente in antologie e riviste di letteratura.