lunedì 20 giugno 2022

‘’Arancia all’alba’’ (Pagine, 2022), l' ultima raccolta di poesie di Gemma Ravanello in una mia nota di lettura.

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‘’Arancia all’alba’’ (Pagine,  2022) è  la nuova silloge di Gemma Ravanello che segue cronologicamente ‘’Bosco’’ (Del Giano, 2012)  e ‘’Alte e basse maree’’ (Pagine, 2015) a sostenere  un percorso che va da un luogo-bosco, più contemplativo, a un luogo-vita di più ampio respiro, dove la compenetrazione e l’osmosi tra la sfera umana e quella naturalistica, tra le luci e i colori della natura e gli aspetti esistenziali, si dispiegano con più forza, in una dimensione di eternità assoluta e al tempo stesso dolorosamente effimera. Quello di Gemma Ravanello è un percorso, per così dire, interminabile, guidato dalla sua anima sensibile e a tratti  inquieta - ma grata sempre alle piccole gioie che a sorpresa ci riserva la vita – continuamente alla ricerca di significati, sensazioni, corrispondenze e interrogativi, destinati a restare senza risposta, per quella inesauribile sete di conoscenza che la contraddistingue come persona e come poeta. Gemma Ravanello, palpitando, ricerca segni che alimentino, non certo plachino, il suo desiderio di comprensione della vita, il ‘’mistero’’ che da sempre accarezza con stupore, conscia che questo resterà tale  perché nella vita ‘’ha significato solo l’incomprensibile’’ (Jung, Archetipi dell’inconscio collettivo). Si potrebbe pensare  ad un possibile  parallelo con la poetica della  Dickinson, sia per quanto riguarda l’amore per la natura, sia per quanto riguarda il profondo senso del mistero, ma Ravanello antepone sempre  all’aldilà e all’idea della morte presenti nella Dickinson, la forza del mondo umano del quale la natura e’ specchio.

Il libro si divide in quattro sezioni, quante sono le stagioni, unità di misura del tempo che ciclicamente passa e degli stati d’animo dell’Autrice, sezioni dense e dinamiche: Autunno o La musica vitale, Inverno o Gli inverni del cuore, Primavera o Il roseto del colloquio, Estate o Gli inquieti idilli. Quattro stagioni dunque, ognuna a suo modo, protagonista. Dice infatti la nostra Gemma Ravanello: ‘’…E ritrovo le innumerevoli stagioni tutte dintorno da navigare…’’. ‘’Innumerevoli stagioni’’, come se in realtà le stagioni fossero ben più di quattro, anzi come se ce ne fosse una per ogni situazione / emozione. Stagioni in cui navigare - perché questo e’ il nostro destino - su un veliero per  ’approdare salvi con la tempesta in mano’’, la tempesta della vita e del dolore più acuto che, sebbene non compreso, viene comunque saggiamente accettato come inevitabile compagno di viaggio. E al dolore Gemma dedica versi di grande intensità: ‘’Se i dolori fossero / tutti uguali, se in una sofferenza / non ci fosse il taglio / del bosco, non ci fosse lo sparo / al cervo, in un’angoscia / le foglie che cadono morte; se il dolore / non fosse anche una colpa / antica nelle vene / il dolore / poca cosa sarebbe/ …’’. Dolore, in sostanza, come stratificazione di dolori, somma che viene da lontano, essenza e impalcatura del nostro sentire, simile alle nervature delle foglie che come abiti ci vestono. ‘’...Di skeleton leaves ti ha vestito, Peter! L’Ombra / è in consegna; avvolto sei / in scheletri di foglie, vertebre di un dolore / antico, fluito / di esfoliazione in esfoliazione’’.

E sullo sfondo altre foglie che cambiano colore con le stagioni / stati d’animo, dal ‘’giallo giallo giallo…’’ del ginko biloba al rosso dell’autunno più’ inoltrato. Foglie soffiate dal vento che in sottofondo sembra animare i versi di ogni poesia, come un motore inesauribile, come il turbinio tempestoso e inarrestabile del cuore nell’alternanza di gioie e dolori, attimi sempre filtrati dalla saggezza dell’Autrice. Ma ogni stagione contiene in sé le altre stagioni e tra l’una e le altre il distacco è lento e a volte impercettibile; c’è un’assenza, come un vuoto, dice Ravanello, tra la fine di una stagione e l’inizio di un’altra: ‘’ Tra l’inverno /  e la primavera / c’è un vuoto incolmabile. Il transito non è facile e il guado / ha i suoi rischi nascosti nel sangue…’’ e in ogni stagione si nasconde la sofferenza, improvvisa e predestinata a un tempo, in un continuum inarrestabile, quale è la vita. Così un Anthurium trovato morente al ritorno delle vacanze, sottolinea questa triste realtà: ‘’…Soccombeva al torrido sole di luglio / la tua fragile fibra / da ignara creduta assai più forte / e sfiorivano di te / i preziosi fiori / sorvegliati solerte tutto l’inverno…’’ ma, al tempo stesso,  ci racconta anche l’importanza dello sguardo,  della cura amorevole,  delicata e continua,  degli affetti, siano essi la natura o le  persone.  La malinconia nostalgica trova così  inevitabilmente spazio e ragione: ‘’ …un’acuta malinconia / mi raggiunge / oggi / in questo agosto maturo /già d’uva, / e di sorgenti arance / all’alba / di gialle foglie all’aria’’, ma reca con sé anche la speranza di nuovi sapori e occasioni, offerti comunque dall’autunno incipiente;   il sole, l’arancia più bella che tinge di sé il cielo, ci dice Ravanello,  risorge ogni giorno portando con sè a sorpresa nuova  bellezza.

Tra tutte le poesie della silloge, i cui versi sono come sempre cristallini e musicali, una menzione speciale meritano quelle dedicate ad artisti e  quadri significativi per l’Autrice, a testimonianza di come Ravanello sia sempre in dialogo con ogni forma d’arte e si nutra della luce, dei riflessi, delle sfumature, ma anche delle ombre che queste opere emanano.

Inoltre, poichè molte possono essere le chiavi di lettura di un testo importante, molti i suoi temi fondanti,  in “Arancia all’alba” di Gemma Ravanello, tra le altre, va sottolineata la dimensione onirica, un elemento, che però nulla toglie alla concretezza e al realismo dei versi, solo li arricchisce di atmosfere più rarefatte, rese poi dense dall’aspetto  più propriamente simbolico del sogno, quale porta dei desideri, della nostalgia,  del ricordo, del viaggio interiore. Già nella lirica d’apertura ci ritroviamo in un “onirico giardino”, dove, nel dialogo fra due uccelli, sembrano rivivere atavici sentimenti. Scrive Ravanello: “Ed era tutta una melodia / il canto dei due uccelli; l’uno all’altro / il verso volgeva / a rammentare l’antica intesa, l’atavico / accordo, l’ora turchese / nella serenità passeggera. / Leggiadro il tempo delle note / nell’onirico giardino”,   per proseguire poi,  tra viaggi su velieri sconosciuti, ‘’flutti di onirico mare’’ e fili d’erba più alti degli alberi, verso isole che non ci sono e paesi delle meraviglie del tutto interiorizzati. Mondi dove regna “indisturbato il sogno” ma, comunque intrisi di realtà e pathos, attinti entrambi dalla quotidianità e dal passato, dall’esperienza e dal vissuto dell’Autrice, poiché uno  dei talenti di Ravanello è proprio il vedere  nell’hic et nunc l’altrove più immaginifico,   “…come un volare atavico, un abituale / e angoscioso planare / su qualcosa che fugge / e che non ritorna mai più”. E tra i due, il qui e ora e l’altrove, un lungo ponte costruito dalla memoria che a sé tutto stringe, smarrita, tra mille domande: “Dove sei mia leggera ala di sogno / sparita in una bufera / di mille fiocchi albeggianti…”.Tra turbamento e tenerezza per “la bimba lontana”, quella   di ieri, ma sempre presente, tutto  lentamente scorre via e ritorna,  tutto è  possibile, illuminato, prima  dall’incanto e dalla sapienza   della luna piena, spotlight sul cuscino e sulle emozioni più nascoste e poi dall’eterna rêverie  che, come dice Bachelard, è “la materia prima dell’opera letteraria”, il momento in cui il mondo viene “investito da un’improvvisa luce intima” di fervida immaginazione creativa e siamo veramente liberi.

 

È questo, in conclusione, un libro a lungo meditato, scritto con cura e passione, caratteristiche evidenziate non solo dal bellissimo contenuto ma anche dalla grafica elegante e accurata. In una dimensione qui più universale che altrove, Ravanello, riversa nei testi,  con la precisione di un cesellatore, i suoi sentimenti più profondi e la sua visione del mondo, offrendoci poesie di grande forza, luminose come quadri di Turner e splendenti di quella luce dirompente eppure sfumata che è somma dei colori da lei tanto amati.

Tiziana Marini, giugno 2022



Gemma Ravanello è nata e vive a Roma da padre veneziano e madre inglese. Poetessa e pittrice è autrice  di Bosco e altre poesie (Edizione Del Giano, 2012),  Alte e basse maree (Pagine, 2015), Arancia all'alba (Pagine, 2022),  e del romanzo Mare, spensierato mare del '62.  Scrive fiabe e saggi e con le sue poesie è presente in antologie e riviste di letteratura.

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