venerdì 2 dicembre 2016

Lo scatto della lucertola di Tiziana Marini (Ed. La Vita Felice - 2016)


Lo scatto della lucertola 

 prefazione di Sabino Caronia 

            «Due doveri avrebbe ogni verso. Comunicare un fatto preciso e toccarci fisicamente come la vicinanza del mare» scrive Borges nel suo Prologo a  La rosa profonda.

            È così la poesia di Tiziana Marini: concreta, tangibile, senza ricercatezze stilistiche o inutili virtuosismi, «senza rintocchi e drappeggi», come dichiara lei stessa in un componimento di Passa il cuore sulla terra.

            Vita e morte, macrocosmo e microcosmo, natura e interiorità, i palpiti segreti dell'anima distillati in versi di raffinata sensibilità ed estrema semplicità, sono le caratteristiche che erano già di quella precedente raccolta, dalla brava massaia di La casalinga onnipotente («apparecchio l'amore») alla vedova di Cena per due («Apparecchio per due»).

            Un sottile filo rosso collega Passa il cuore sulla terra - da Trasformazione («Così succede al cuore / che contiene tutto») a La casalinga onnipotente - con Lo scatto della lucertola, dove, non a caso, ritorna fin dall'inizio l'aggettivo 'tutto' (Tutto il cielo sotto, Con tutti gli occhi possibili).

            Diceva Jim Morrison in The celebration of the Lizard «Io sono il Re Lucertola e posso fare tutto».


            È il riferimento al viaggio iniziatico della poesia.

            E' il mito dell'artista che non muore mai e, come la lucertola, animale anacronistico superstite del diluvio che ha estinto la sua specie, è forse, tra gli esseri viventi, il più capace di sopravvivere ad un prossimo diluvio, capace di opporre la sua incrollabile fiducia ad un futuro di distruzione e morte.

            Titolo significativo dunque Lo scatto della lucertola.

            Divisa in tre sezioni (Tutto il cielo sotto, L'epica distanza tra le foglie, Alfabeto ascensionale) la raccolta presenta vari motivi che  suscitano l'interesse del lettore.


            Innanzi tutto il motivo del mare-madre, che non può non richiamare il celebre libro di Dominique Fernandez Madre mediterranea e che, presente in uno dei componimenti più importanti della raccolta, Sopporterà il cuore («Sopporterà il cuore / l'interno mare effimero / l'epica distanza tra le foglie?»), ritorna da Maternitas («Sull'orlo sottile della sera / la tua sera invisibile / raccogli in grembo la rotondità del mare») a L'ultimo raggio («Vedrai quello che io vidi / in quella luce / dal mare all'entroterra»), da Un incontro («Qualunque mare è più piccolo di questa distanza») a Una branchia d'argento («e il mare grande almeno quanto il cielo»).

            Con il motivo del mare-madre si collega quello dell'assenza, evidente fin dal titolo di uno tra i componimenti più belli e significativi, Teoria dell'assenza («Teoria dell'assenza. È sempre l'universo meno qualcosa / la grandezza di un ricordo»), che non a caso ne richiama un altro di Passa il cuore sulla terra intitolato La grandezza dell'invisibile: «Ho fatto un calcolo complicato / e approssimativo / respirando l'assenza /...».

            Viene da pensare a Borges per cui l'assenza è «come un sole terribile» e, sulla sua scia, a Pedro Salinas per cui essa è una «eterna presenza», un chiedere di più come un cercare oltre, perché non ci può essere assenza per chi è presente nel cuore. E come non ricordare anche il capitolo de La poetica dello spazio che è intitolato La fenomenologia del rotondo, quella dimensione che Bachelard definisce come «nido, guscio, intima immensità»?

            Un altro componimento chiave de Lo scatto della lucertola è Un cielo non basta: «Quel fumo di uccelli al tramonto / è pensiero complicatissimo / tulle arricciato / alfabeto ascensionale / e virgola d'argento a separare spazi / onde, capricci. / Ma un cielo non basta...». In esso, come il tulle arricciato fa pensare all'«orlo d'illusione» e ai «drappeggi» di cui si dice nella precedente raccolta, così ritorna quel motivo del cielo che era al centro di quella («un cielo senza fine»), e che ritroviamo qui, ad esempio, in Tutto il cielo sopra, Al freddo delle stelle ed Eclissi.

            Se in Passa il cuore sulla terra la poetessa, sospesa tra finito e infinito, effimero ed eterno, sempre in guardia contro la troppa felicità («Mitridate di gioia», «cautamente felice»), poteva fare riferimento alla Dickinson per  quel suo «cuore immenso» che «contiene tutto» o per quel versarsi «un bicchiere di luna» ed evocare la mano del vecchio che un tempo «rubava le nuvole», chiusa nella sua stanza e quasi imprigionata dentro di essa, a maggior ragione qui in Lo scatto della lucertola  il pensiero corre alla poetessa americana.

            Vien fatto di richiamare soprattutto un celebre componimento della Dickinson, Portami il tramonto in una tazza, dove, con sentimento affine a quello della nostra, chiede - al Fato? A Dio? - l'impossibile, che le siano restituiti i colori, le linee, le forme di un mondo di cui il dolore ha strappato ed aggrovigliato il disegno, rinchiudendo il suo corpo in una prigione bianca dove, per paradosso, è condannata alla cecità: «Chi costruì questa casupola bianca...?».

            Nella sua bella, appassionata e partecipe introduzione a Passa il cuore sulla terra Plinio Perilli, ricostruendo la scelta del quadro da porre in copertina al volume, ricordava l'attività di pittrice di Tiziana Marini.

            Vorrei concludere la mia introduzione con un riferimento alle considerazioni di un saggio di Borges intitolato La superstiziosa etica del lettore dove, tra l'altro, egli spiega, da par suo, come la vera poesia cerchi una lingua che non è mai, sempre all'orizzonte del non detto, mentre nella musica e nella pittura o nella scultura non è forse così.

            Quelle considerazioni hanno un valore particolarmente attuale, perché l'odierno panorama letterario sembra sempre più fondato sulla superstizione di cui Borges ci parla, al punto che coloro i quali, da buoni lettori, si ostinano a condividere il discreto monito del suo saggio corrono il rischio  di sentirsi come gli epigoni di una civiltà letteraria ormai perduta.

            Scrive dunque Borges alla fine del suo saggio: «Non so se la musica sa disperare della musica, e il marmo del marmo, ma la letteratura è l'arte che sa profetizzare quel tempo in cui sarà ammutolita e accanirsi sulla propria virtù e innamorarsi della propria dissoluzione e corteggiare la propria fine».


                                                                                            Sabino Caronia  





Recensione di Paolo Carlucci

Anche ne Lo scatto della lucertola, Poesie, La Vita Felice, Milano, 2016, la nuova ed intensa raccolta di versi di Tiziana Marini, l’opera è prefata con acribia critica da Sabino Caronia, ritroviamo sempre meglio risolta nell’autenticità del suo dire, la via e la vis poetica dell’autrice, che aveva già dato prova di effondere i colori del suo animo nella silloge precedente, Passa il cuore sulla terra ( Tracce 2014).E’ quindi premessa necessaria rifarsi a quest’opera per capire e documentare criticamente il lirismo pittorico- esistenziale ed amoroso della Marini. In lei, infatti, la versificazione è sempre il frutto di un intenso lavoro su di sé e sulla pagina di vita e di sogno che, nascostamente scrive. Tiziana Marini va aprendosi con passi segreti e lenti ad una cauta felicità sorridente e pensosa. Un cammino complesso, spesso reso in economia di parole, vibranti d’infinito nella quotidianità stellata del suo mondo, della stanza tutta per sé del suo scrivere e del suo essere nella vita una ... Casalinga onnipotente e insieme, in un’altra dichiarazione di poetica, il peso di me in me/ quel poco che scava/ un sentiero … / il mio peso nel mondo /… Come parola senza vocali. Chiusa minimalista, ma nello scavo c’è o meglio in poesia si sottende verso, un percorso di stagioni di sé, che approda nottilucente alla nuova alba nella concretezza di situazioni ed oggetti da cui estrarre il volo. Un soprassalto emotivo, dunque, che si allarga a riflessione, densa e scorciata, spesso nel diario dei giorni è la scrittura di Tiziana Marini, che testimonia sempre la radice di celeste terrestrità del suo essere poeta. Vestita di me/ svestita di me /apro la finestra / e inizio a trasformarmi in cielo/ con ali di speranza/ niente è più dolce/dell’abbandonarsi al volo … E così, sospesa tra finito e infinito, il volo della Marini riprende, approdando a questo terzo libro, la cui prima sezione, Tutto il cielo sotto, apre non solo la silloge, ma formalizza anche sul piano del lessico di verbi ed immagini il farsi di una poesia, sentita e resa corda di interiorità e pianta di domande. In cammino. Una curva dopo l’altra nella salita al punto estremo/ scende una ruota rotta, i tornanti/ mi incrocia al passo fermo della pioggia. / Ricado./ Scelgo,/ Dondolare, dunque sul punto messo alle parole. /… L’esistenza problematica dell’io che all’infinito si ritrova sul vertice più alto da cui guardare fino a un prato senza lati, tremendo. E il cielo emerge in una prospettiva nuova E tutto il cielo,tutto il cielo sotto. Vastità di una ripetizione, che dismisura via, via la maternitas di un mare, segna le tappe di un cammino lungo che fa vedere orrori della storia con versi civili come quelli dedicati ad Aisha e all’olocausto con Questo dolore impresso, ma dalla memoria del mondo si torna allo sguardo sul cielo dei ricordi, la perdita della madre, cui dedica Al vento degli anemoni e soprattutto il delicato e struggente La cipollina nella giardiniera. Ritratti di vita sempre nella poesia della Marini. Si fa riflessiva e pittrice di istanti di natura esistenziale, retina specchio dell’anima, nella seconda sezione, L’epica distanza tra le foglie consapevole di quelle stelle d’inchiostro, via via scritte in Un alfabeto ascensionale, sezione conclusiva, dove quella solitudine, che le permette lo scatto della lucertola segreto, trova il suo traguardo, sottotraccia perché nella vera poesia, e quella della Marini certamente lo è, vale la sua dichiarazione di poetica espressa magistralmente nella chiusa de la Teoria dell’assenza.

E’ sempre l’universo meno qualcosa la grandezza di un ricordo. Ancora una volta lo sguardo a tutto il cielo sotto per trovare il vertice, la virgola bionda di una domanda, cui dare, con lentezza, forse le risposte di quel cuore passato sulla terra.


      Paolo Carlucci



Recensione di Plinio Perilli

"...Ora invece, ci spiega e ci dona Tiziana, ecco la scintilla, il senso, "lo scatto" insieme rettile e umano della salvezza... Lasciare, sacrificare la nostra coda perché rinasca. In un'altra vita, con altro scatto e senso, e un nuovo incipit finanche lirico. Lasciare le zampette di lucertola per ritrovare dita, carezze meritate, avverate. (...) E ogni giorno ricordare la notte, ogni notte - quando "la nudità dei corpi celesti" è anche la nostra, sognare, amare il giorno, "la chiarità del cielo". "Dove la luna bacia il cielo", e neanche Zeus ormai più arriva, nè con Leda nè con Europa, o altra ninfa che sia...beh, lì nasce, rinasce la poesia - ogni notte a fecondare, ampliare, una "costellazione familiare" che ci illumina, e ci riguarda. (...)."



La nudità dei corpi celesti



Vetro e di me stessa mille altre cose.
Mi spezzarono le corde vocali, quando ero viva.

Poi un silenzioso impegno a non deludere
la curiosa nudità dei corpi celesti.

Vivo, ora, appartata sulle buche dell'asfalto.
Non guardare con la coda dell'occhio
le mie gambe pronte al salto della rana

Plinio Perilli



Nota di lettura di Gemma Ravanello
"...Il mondo poetico di Tiziana, a metà strada tra uno sguardo penetrante sulle piccole grandi cose che la circondano e la contemplazione di ciò che esula  dalla realtà, tocca le nostre corde emotive nel momento in cui la quotidianità del suo vivere si eleva a sfere di un pensiero più profondo. E' trovare la congiunzione tra le avventure della vita di tutti i giorni e quello che viviamo nel profondo di noi stessi a far scaturire l'espressione poetica, a renderla tangibile e impalpabile allo stesso tempo...''.
Gemma Ravanello






                      

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