venerdì 2 dicembre 2016

La scatola nera di Chiara Mutti (Ed.Fusibilia - 2016)

Nota di lettura di Tiziana Marini 
Ci regala emozioni autentiche l’ultima raccolta poetica di Chiara Mutti ‘’La scatola nera’’ (Fusibilia – 2016) nella quale la memoria individuale e quella collettiva sembrano fondersi  per meglio decodificare il presente, viverlo alla luce del passato, quasi in un percorso terapeutico, aprendo cassetti o ‘’scatole nere’’ piene di ricordi, esperienze, suggestioni che hanno forgiato e temprato la nostra anima e che ci conducono alla pienezza del presente e alla conquista del futuro, aspirazione impossibile senza il  recupero e il superamento del passato. Poesie costruite senza orpelli inutili, vere, ruvide, inquiete, amare, forti di una forza conquistata lentamente e caparbiamente nella quale i pensieri-ricordi, soprattutto quelli legati all’infanzia,  paragonati alla pelle, alle ferite e alle croste nel loro  processo di guarigione, determinano, condizionano e decidono il nostro essere.
‘’Venivano così i pensieri / come le croste secche alle ginocchia / un po’ prurito un po’ dolore’’, ci dice l’Autrice nella poesia  d’apertura della silloge. I pensieri come ombre tremanti fluiscono e rivivono  ‘’… compaiono improvvisi / in tutta  la violenza dei colori / e di un calore sulla pelle / ambiguo e pulsante / di libertà e di guerra…e riportano ai primi sensi di colpa… ‘’ e ancora ‘’…Complessi teoremi di coscienza /  su ingenue ruberie’’. Oggi, ci dice la Mutti ‘’…’’Ora che il vento e’ caduto / possiamo voltarci a guardare / sulla cima degli alberi stanno /misteriose creature alate / tra il fitto dei rami, / di quando in quando / indoviniamo un nido.’’Sono i ricordi dolorosi che mostrano il loro aspetto più  enigmatico. Riusciamo a scorgerli  in un bosco immaginario, fra i rami dove  si alternano a qualche raro nido, le piccole gioie della nostra vita. Ed e’ la luna a rischiarare, accompagnare, svelare questo misterioso paesaggio dell’anima, ‘’…scopre., ella,  impudica / quello che nascosto dovrebbe restare / nel buio della notte…’’ Corre veloce il tempo, gli anni sono un’addizione  continua ‘’…tempo rincorso che non ha / più tempo/ e si congiunge qui / inabitata terra, e suono, aria / dove calcolo le mie addizioni…’’.  Ma e’ giunto il momento  di perdonarsi, di vivere senza atti di dolore ‘’…costruisco la mia dignità / con calce e mattoni/ posso guardarmi allo specchio / io mi rispetto…’’.
 Tuttavia e’ necessario fare in fretta perché il tempo e’ fuggevole  e ‘’…perché la vita /  ha una gioia sola / e una sola cicatrice’’, quella più grande e più intensa che non vorrebbe rimarginarsi mai, la somma di tutti i dolori e che proprio per questo dobbiamo curare in profondità, amorevolmente. Una nuova consapevolezza dunque ‘’… non possiedo che verdi foreste / da amare / e di quando in quando deserti /  gialli, secchi come la morte….’’, ma anche un rispecchiarsi continuo nel cielo  ‘’…e una notte una notte / basta / per tutte le stelle’’… ‘’le scopro nel blu / delle occhiaie / le tracce degli astri..’’, e il dolore visto come  ‘’…un figlio infausto / che non manchiamo un giorno / di allattare’’. Ma, ci dice la Mutti   ‘’…Se sapessimo esimerci / dal desiderio / e bastare a noi stessi / come la notte all’alba / quale male mai / potrebbe farci soffrire? ’’ E infine la stazione con i suoi ‘’animali di metallo’’ segnatempo diventa specchio, interlocutore muto, metafora della vita e della morte, testimone di un ciclico ritorno e verifica del nostro esistere ‘’…L’animale di metallo / non risponde, non sa / pretende di celarmene il segreto…’’ e poi ‘’…Così sarà ritrovarsi / una mattina / la stazione all’alba / cielo rosa / che trafigge il cuore: / sembreremo sempre uguali / io e te / la mia vita / come il primo giorno’’.
Un poetare maturo quello di Chiara Mutti, fatto di solide architetture emozionali che si annidano nell’essenzialità del verso, nel suo spezzarsi metrico-ritmico e in nuclei linguistici e sfere semantiche  profonde che rendono questa silloge un itinere che sentiamo nostro. Parole inquiete che dilatano l’attimo fino a farlo diventare ‘’sempre’’ e che trasformano  il ‘’qui’’ in un perenne ‘’altrove’’, riempiono il silenzio di voci e di speranza, senza falsi sentimentalismi. Una scrittura ‘’spugnosa’’ e permeabile che assorbe e  trattiene per rilasciare poi onde e vibrazioni potenti, una cifra  stilistica del tutto personale che unisce l’astratto al  concreto, le presenze alle assenze, le rifrangenze  passate  ai riflessi del presente.
Tiziana Marini

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