<bgsound src='https://drive.google.com/file/d/1ylzozk9VvJfgsGKrKO_5sScwBon_NRE8/view?usp=drive_link ' loop='infinite'></bgsound>

lunedì 6 maggio 2024

 




‘’Siamo fatte di carta’’ di Anna Maria Scocozza e Floriana Porta

 

‘’Siamo fatte di carta. Arte, poesia e rinascita al femminile’’ di Anna Maria Scocozza e Floriana Porta (Edizioni Ventura – 2024) è un libro che potremo definire ‘’multisensoriale’’ dal momento che coinvolge a vari livelli, l’emotività espressa dai nostri cinque sensi, attraverso  profondi legami fra l’arte visiva e materica di Anna Maria Scocozza  e la poesia giapponese nella forma sintetica degli haiku e baishù di Floriana Porta. In particolare, l’arte visiva  si esprime e si concretizza negli indumenti, accessori e monili femminili, creati da Anna Maria Scocozza con il riutilizzo di materiali vegetali, in primis carta riciclata da libri e giornali quotidiani, erba e cortecce, materiali che danno vita a elementi profondamente simbolici, come lo è del resto tutto il percorso narrativo dell’opera, già intuibile dal titolo,  mentre invece  la poesia si esprime, come dicevo,  nella forma degli haiku e  baishù di Floriana Porta   che accompagnano  le immagini, e che, nella ‘’topografia’’  del testo, cadono con grazia  sulla pagina, come fiori su un campo primaverile a impreziosire  i ‘’tessuti’’ di quegli indumenti,  spiegandone la trama e il sentimento implicito. Un libro d’arte visiva e poesia, una danza fra anima e corpo che vicendevolmente si compenetrano,  per la condivisione di un progetto di rinascita che il riutilizzo dei materiali suddetti,  sottolinea. Ma andiamo con ordine. Che cos’è la carta se non  un materiale che ha molte vite e può assumere varie forme, un materiale plasmabile,  leggero e al contempo robusto che conserva le tracce di ciò che vi è stato impresso con la scrittura e ne conserva  la memoria,  ‘’povero’’, semplice  ma al contempo denso di valenze significative? L’artista  che lo usa nella sua forma riciclata per creare o meglio  ri-creare indumenti, accessori, monili femminili, lo fa di certo per un’idea di rinascita e di rinnovamento  ma anche per significanze più sottili e ramificate, quali ad esempio l’idea  di guarigione, laddove il filo d’oro usato per le cuciture/suture, rammendi o abbellimenti, diventa protagonista, segnando ed evidenziando  l’originaria ferita  e  intendendo quel dolore  come momento di guarigione, di rinnovamento e nuova consapevolezza, così come vuole l’arte giapponese del kintsugi. Parallelamente,  in un’unione simbiotica e sinergica, entra in campo  la poesia a dare voce  ai sentimenti, in un’estrema  e delicata sintesi e così facendo,  la parola diventa anch’essa indumento che veste l’anima e al contempo la denuda. In  quest’ottica il libro non ha soltanto una valenza evocativa e  psicologica,  ma  è anche e soprattutto  una narrazione filosofica, esistenziale e sociale per l’alto valore simbolico, storico ed antropologico  degli elementi che lo compongono,  tra rinnovamento e tradizione, ricordo e speranza. E’ un libro che educa e sensibilizza, dunque, alla consapevolezza, ai sentimenti, alla riflessione, alla bellezza in una veste ecologica che valorizza ‘’lo scarto’’, con delicatezza ed eleganza,  un libro  prezioso e quasi ‘’tattile’’, tanta è la concretezza dei materiali e delle parole che lo compongono, un libro che veicola messaggi potenti di fragilità e forza dell’universo femminile e,  non dimentichiamolo, fondato sull’amicizia e la collaborazione delle due Autrici. Si susseguono così nella trama della narrazione ‘’lingerie e scarpe poetiche’’ , ‘’libri alterati’’, ‘’accessori poetici’’, ‘’maschere ’’ in cui  ‘’ la carta è il più vasto degli universi’’, un universo nel quale ‘’Ho imparato a rifiorire, a ricominciare da capo…’’,  in cui ‘’la poesia  parla in molte lingue - dentro c’è Dio’’ e la natura diventa così religione dell’anima.

Tiziana Marini

 







“L’inclinazione di una foglia alla luce”, di Tiziana Marini, letto da Chiara Mutti

 

La percezione di esistere ancora per poco, eppure d’esserci, breve battito di ciglia, lasciando testimonianza del proprio passaggio nel divenire eterno della vita: «E il vuoto che lasciamo/è il vuoto di un bosco arso/ che rinasce a sorpresa/ per una radice salva/ per un seme casuale…».Tutto il significato di questa splendida raccolta poetica (“L’inclinazione di una foglia alla luce”, Ensemble Edizioni, 2023, pp. 90, Euro 13) è già in qualche modo anticipato nella poesia di apertura, dove appunto si osserva l’inclinazione di una foglia alla luce, cioè il filo che ci tiene legati alla vita: il leitmotiv stesso del libro. Tiziana Marini sa come condurci lungo quel filo, secondo sapienziale abilità evocativa di affetti e di aneddoti che sono profondamente suoi, ma che sono al contempo di tutti.

La scrittura di Tiziana sembra qui votata alle perdite, e d’altra parte la dedica alla cara amica e artista Nina Maroccolo, venuta(ci)a mancare purtroppo di recente, sembra già declinarne l’intento. Accade così che il tempo diventi una coperta troppo corta e non basti più a coprirci –se copriamo la testa si scoprono i piedi, e viceversa – quando dobbiamo fare i conti con il fatto che la vita rimasta a nostra disposizione si accorciaun po’ di più ad ogni istante, e che il vero rischio è quello dinon saperla spendere interamente.Allora nasce e cresce in noi l’urgenza di dare un nome reale e preciso agli eventi e alle cose che ci sono intorno, di ri-conoscerli, tirando le somme alla nostra vita:«si va verso un punto/verso il bene e il male/ che abbiamo vissuto. / Dicono sia la resa dei conti». E questa urgenza di comprendere ciò che è stato diventa un invito a liberarcene, a lasciare «che tutto esca/ da noi», a consentire che fluisca, che venga inghiottito dal mare. È un invito al vuoto che continua nelle liriche successive: «di vuoto in vuoto /si procede»Sono queste le occasioni che, come suggerisce l’autrice,dobbiamocogliere se sappiamo fermarci ad ascoltare: riuscire a vedere l’invisibile lì dove la vita, a un certo punto,giunge alla resa dei conti. Allora la risposta nasce dall’osservazione della natura e dal gioco degli eterni opposti:la parola dal silenzio, la luce da un cono d’ombra.

 

Le ombre ci mostrano allora un’altra vita

quella dimenticata e persa

quella che avrebbe dato altri frutti

a viverla.

 

Voce è data alla natura tutta, in questo libro: il «ramo di ciliegio affossato»,dei bellissimi versi di “Dunkerque”, eil vento, la nebbia, la neve, le nuvole –coltri con le quali possiamo coprirci– eil mare, le stelle,«una supernova che collassa sul letto/la sua lenta fine» e, soprattutto,le foglie che trasmutano in simbolo: foglie uccello, foglie mani,foglie gesto («lo stesso frullo del gestodi scrivere l’aria»), parole che nascono dall’atto di scrivere.Foglie abbandonate al vento,che si accalcano lì dove il cono d’ombra le attrae; che c’insegnano l’arte di “lasciare andare”. Così,alla fine,perfino l’atto del morire diventa accoglimento del proprio destino,ma nella consapevolezza che il cielo accoglie e non ha fine, che le stagioni tornano e ritornano ogni anno, sempre.

Nella poesia di Tiziana Marini si assiste a questo perenne fluire del tempo e a questo continuo trasmutare di entità materiche in entità metaforiche, e di finitudine in nuovi inizi, in un movimento perpetuo e circolare che è ciclo delle stagioni ma anche principio filosofico della stessa vita umana.

 

Vanno nell’aria come onde di luce le cose

tutto va appena nato

ma qualcosa poi ritorna.

 

In particolare questo concetto di rinascita incessante, o vaticinio di ritorno, diventa evidente nella seconda parte del libro: non c’è forse un po’ della stagione che sta per arrivare, in quella appena trascorsa? La primavera è già tutta in quel minuto di luce in più aggiunta al giorno,sin da fine dicembre…“impensabile talea” fiorita nel cuore dell’inverno; ed è insitonella sensibilità del fotografo e del poeta saper cogliere queste luci,così come afferrare l’attimo, trattenendolo per sempre.Tiziana è l’uno e l’altro, sa che il piccolo riproduce in nuce il grande e già contiene il tutto eche, al contempo,l’esistenza non è mai ferma e si sposta incessantemente in avanti. Conosce il significato recondito che risiede in ogni incontro, umano o non umano che sia, e coltiva con amore e speranza la certezza che ogni tassello della nostra vita troverà alfine la sua giusta collocazione.Sa che ogni attimo vissuto resta profondamente inciso nella nostra memoria.Richiamare alla memoria questi momenti preziosi è compito del poeta, così come svelarne i significati più reconditi, gettare luce lì dove l’ombra ne custodisce il segreto, svelandolo così al mondo.La parola di Tiziana si muove sicura:«resto con la penna-aratro / aggiustando le cose /in un epilogo misterioso…»

La parte finale, struggente e dolcissima, è dedicata alla perdita dell’amato micio Fusino esi apre con la dedica:Abbi cura di me (a Fusino).Questa esortazione riesce a rendere in modo diretto e semplicissimo quanto può essere unico ed esclusivo il nostro rapporto congli animali,e quanto può risultare desolante e dolorosa la loro assenza. Anche in questo caso Tiziana riesce a cogliere e ad utilizzare le parole-simbolo necessarie per significare il senso di perdita ea cogliere i sottilissimi segnali della continuità della presenza attraverso il ricordo:

 

Da lì torni ogni tanto

mordi il mio cuore e ti allontani.

Da lì ogni tanto torni a costruire

minuscole memorie.

 

Un libro di alta e intensa poesia, in cui mi sono specchiata, persa, ritrovata e commossa, e che segna, a mio avviso –pur avendo apprezzato molto le quattro precedenti pubblicazioni poetiche di Tiziana Marini, già riuscitissime – il raggiungimento di una sua piena maturità poetica.


Dal blog ''Del cielo stellato'' di Edilet Edizioni:

https://ediletteraria.wordpress.com/2024/04/22/linclinazione-di-una-foglia-alla-luce-di-tiziana-marini-letto-da-chiara-mutti/


 

Chiara Mutti

giovedì 25 aprile 2024

Stupore di vento, una mia poesia



                                         Stupore di vento

 

Stupore di vento dove non c’è altro che  un canto

di angeli invisibili (cos’altro potrebbe essere?)

e un respiro grande come un campo

di crochi, quell’indaco che diventerà scrittura

 lo so. Lì mi sono fermata e con le narici

ti ho toccato, registro estremo di voce, mentre

sfiorando la mia spalla, suturavi lo strazio

e mi dicevi ‘’c’e’ il bene da tanto tempo e non lo vedi’’

e,  sospeso sui monti, sotto forma di nebbia, scendevi

 

flauto  sovracuto di un Dio albero steppa tempesta fieno

per il magro gregge rimasto,  plettro di narcisi

in preghiera nell’edicola votiva.

 

Qui in questo quadro animato da fiori mitologici

tremanti e purissimi, di millenarie  orchidee

e genziane acerbe nulla straripa, tutto sta

chiuso nella cornice come nell’ispirazione.

(Tiziana Marini-Piana di Jenne, Marzo 2024)










 (  Testo e foto di Tiziana Marini © 2024)









































 


sabato 13 aprile 2024

''Tracciature'' (Terra d'Ulivi Edizioni, 2023), la nuova raccolta di poesie di Lucio Macchia

 ‘’Tracciature’’  di Lucio Macchia (Terra d’Ulivi Edizioni, 2023). Una nota di lettura.

 

 

Nella comprensione di un testo, il titolo dice se non tutto sicuramente molto. Così nello specifico di questa raccolta di poesie di Lucio Macchia (Tracciature, Terra d’Ulivi 2023), le ‘’tracciature’’ del titolo ne illuminano il contenuto e ne indicano il percorso. Tante sono ovviamente le possibili chiavi di lettura e in generale gli spunti che tali ‘’tracciature’’, Crop Circles dell’anima,  felicemente misteriosi e chiari a un tempo, offrono al lettore attento, ma, a mio parere, non si può comunque prescindere dal significato di ‘’segno’’ che evocano con forza. E se si parla di segno, è naturale far riferimento al segno  fondamentale, ossia  la parola scritta e detta, qui vista nel suo potere ‘’creante’’ l’esistenza stessa, come bene illustra la poesia-prologo ‘’Lo specchio’’ (‘’…Non sapeva / - quasi mai -/ vivere senza dirselo. / Senza tutta / quell’esistenza / - con lui - / nello specchio / d’una parola’’), dove il  riferimento forte  diventa leitmotiv del testo nella sua interezza. La silloge lascia intendere perimetri da tracciare, contorni e incisioni, proprio intorno alle parole così da scavare nel punto esatto del loro significato più potente. Si parla di solchi come quelli dei campi da arare,  per continuare nella similitudine precedente, intendendo la penna come un aratro, (mi sovvengono a tal proposito alcuni versi di Seamus  Heaney ‘’…Tra l’indice e il pollice / la mia atticciata penna si adagia. / Scaverò con quella’’) e il poeta, in qualche modo, come un agricoltore intento a spargere nei solchi tracciati, nomi, forme, significati e per ultime, ma mai ultime per davvero, le emozioni piu’  intense. Ma i solchi  sono anche quelli microscopici e concentrici dei vecchi dischi di vinile nei quali la puntina che li percorre rivela  melodie altrimenti non udibili. E’ dunque un mondo tutto da scoprire e plasmare quello delle ‘’tracciature’’ di Macchia, alla luce di queste brevi considerazioni, un mondo di plasmabile argilla al tornio dove  incidere con il lieve tocco delle dita,  le scanalature più profonde, appunto le ‘’tracciature’’ del titolo, che altro non sono se non  la vita stessa, incisa  forse non solo dalla penna del poeta o da una immaginaria puntina, bensì da una luce mirata e concentrata come quella di un laser tagliente,  sempre presente nei testi della raccolta, una luce che,  declinata in tutte le sue molteplici modalità, rivela i contorni precisi della parola poetica,  così da essere, alla fine,  la vera protagonista.  La raccolta è divisa in quattro emblematiche sezioni: Insistenze, Percezioni, Occhi, Respiri ad indicare  il percorso conoscitivo dell’Autore che dal dato sensoriale e soggettivo, empirico ed immanente, attraverso un processo intuitivo / immaginativo, ci conduce ad una  metafisica  condivisibile ed in effetti condivisa,  nella  quale le sue poesie snelle ed essenziali anche visivamente, narrano di una verità molto più complessa di quella effettuale, in cui gli oggetti della quotidianità si mostrano per ciò che sono ma, essendo anche altro, sono solo  il punto di partenza per altri universi e altri livelli di lettura.   Dicevo luce protagonista, luce declinata in mille sentimenti, luce che  illuminando ancor più nasconde, destruttura e confonde. Così, per paradosso,  il vero luogo e tempo della vita e della poesia,  davvero vivo non è il giorno con la sua luce (…E’ un giorno / senza fatti / e storia, solo / una corsa / contro il cielo / devastato di luce: / spunto fuori / dal tempo / come da una nera / pozza / - respiro. ), bensì la notte con le sue ombre e il suo buio protettivo. Infatti la luce, sembra dirci Macchia,  in quanto brillante e chiara, rivela il mondo com’è, con la sua caducità intrinseca, le sue deformità, la sua evanescenza nascosta, i suoi pericoli, una realtà dunque  fragile e tremante in cui nomi e forme perdono la consistenza degli oggetti concreti, una realtà in cui domina il vento che tutto allontana e una pioggia che tutto diluisce. Al contrario la notte offre riparo e protezione, nascondiglio e salvezza alle tracce luminose da preservare per ritrovare la strada e ritrovarsi spesso proprio nelle pieghe e nei particolari più piccoli del quotidiano vivere.  Tutto è nel buio, tutto nel buio è vivo. Scrive  infatti Macchia: ‘’Agli orli inferiori / nel silenzio / al buio / tremante / in basso / caduto / fragile / inadatto / all’imo / ferito / remoto / e debole / nell’ombra / d’assenza / tra le macerie / errante / sperso. / Lì.’’. Tra il prologo e l’epilogo del libro, dunque un mondo di luci, spesso verdazzurre, colore simbolico e totemico, a mio avviso,  ‘’luci disperse, stremate, immobili, assordanti’’ e lo svolgersi di un giorno che ci colloca nell’ora cruciale del tramonto, sospesi e confusi tra luce e buio, nella trasformazione del giorno in sera e poi in notte quando proprio tutto ciò che scompare e che non è più visibile  in realtà c’è, resta ed è eterno, (…Com’è minuto -  qui -  il tuo stare. (…) Percezione / di cose increate / a emanare / una persistenza / eterna). Così prati, montagne, fiori, ma anche pioggia e vento, nuvole e silenzio, case e boschi, acquistano senso e nome e noi con loro, in un universo dove non conta in definitiva la traccia ma il tracciare, il farsi, poiché nessuna traccia è fatta per restare ( Non le tracce. Non i lasciti.  Il tracciare, solo il tracciare. (…) E noi dentro la vita : / solo questo ‘’interno’’ / e nessun ‘’fuori’’. Stanze immense / d’un ‘’qui’’ grande / come il mondo.’’. Resta dunque solo una tracciatura, hic et nunc, che in concreto è soltanto una dimensione interiore del fare, del creare, del vivere, dimensione alla quale non possiamo e  non dobbiamo sottrarci.

 Tiziana Marini

 

sabato 6 gennaio 2024

I gigli bianchi, una poesia di Louise Gluck

 




I Gigli bianchi di Louise Gluck


Mentre un uomo e una donna coltivano

un giardino tra loro come

una distesa di stelle, qui

indugiano nella sera d’estate

e la sera volge

al freddo per il loro terrore: tutto potrebbe

finire, andare in rovina.Tutto, tutto

può disperdersi, nell’aria profumata

le esili colonne che salgono invano e, più in là,

un tumultuoso mare di papaveri -


–Taci, mio amato. Non m'importa 

quante estati vivo per tornare:

questa  estate  ci ha dato l’eternità.

Ho sentito le tue mani

seppellirmi per liberare il suo splendore.


da ‘’L’iris selvatico''  trad. Tiziana Marini



The white lilies

by Louise Gluck

As a man and woman make
a garden between them like
a bed of stars, here
they linger in the summer evening
and the evening turns
cold with their terror: it
could all end, it is capable
of devastation. All, all
can be lost, through scented air
the narrow columns
uselessly rising, and beyond,
a churning sea of poppies–

Hush, beloved. It doesn’t matter to me
how many summers I live to return:
this one summer we have entered eternity.
I felt your two hands
bury me to release its splendor






mercoledì 3 gennaio 2024

Meraviglioso Abruzzo - Stunning Abruzzo

Dal  Castello di Rocca Calascio al Gran Sasso, passando per Campo Imperatore e  il Lago di Campotosto.

From The Castello of  Rocca Calascio to the Gran Sasso, passing through Campo Imperatore and  Lake Campotosto.















 
                 Il Castello di Rocca Calascio conosciuto anche come il Castello di Lady Hawke



martedì 2 gennaio 2024

INTORNO A ''L'INCLINAZIONE DI UNA FOGLIA ALLA LUCE''


 




INTORNO A “L’INCLINAZIONE DI UNA FOGLIA ALLA LUCE”

nota di lettura di Andrea Mariotti

 


Nell’ultima di copertina della recente silloge di Tiziana Marini si legge, in basso “poetessa, fotografa…” ma, forse, meglio sarebbe dire dell’autrice: poetessa-fotografa, come suo tratto peculiare. Del resto già il titolo della raccolta sembrerebbe avvalorare un pensiero del genere: “L’inclinazione di una foglia alla luce”, Edizioni Ensemble, 2023. Non da oggi, infatti, c’è nella poesia della Marini una capacità rilevante d’osservazione, di messa a fuoco di ciò che discretamente ci circonda: le piccole epifanie della natura intercettate da una singolare acutezza percettiva. Così dicendo, veniamo subito al punto; nel senso che, questo ultimo libro della poetessa per me vola alto rispetto ai possibili pericoli di una poetica “delle piccole cose”; di uno sterile, pittorico intimismo, per capirci. Una intonazione quasi severa, distaccata, guida in effetti la succitata acutezza nei versi della raccolta in oggetto, fin dalla poesia introduttiva senza titolo, della quale si riporterà la significativa parte centrale: “…mentre la sera accade e l’acqua/ di un piovasco si contrae./ Sembra un graffio sul tronco/ per ritrovare la strada/ o un nome sulla tomba/ a dirmi chi siamo/ questa povera vena della mano/ che esce dal cono”. Ma eccola, la poetessa-fotografa, uscire subito allo scoperto un paio di pagine dopo in questa prima sezione del libro con una poesia, “L’altra vita”, capace di donare al lettore bellezza sorprendente di visione, in un volo radente atto a rendere vivido ciò che altrimenti verrebbe sacrificato dal nostro sguardo distratto: ”Scendeva il cielo tra gli strati sedimentari/ riconoscendoli./ Scendeva sulle criniere spinose dei cardi…/ Le ombre ci mostrano allora un’altra vita/ quella dimenticata e persa/ quella che avrebbe dato altri frutti/ a viverla”: laddove il bellissimo terzo verso, anaforato con il primo, si fa vessillo di quell’acutezza percettiva saliente come si diceva nella poesia di Tiziana Marini; qui fusa col rimpianto asciuttissimo in chiusa del testo. Senza enfasi alcuna, le poesie di questa raccolta tratteggiano l’oscurità all’interno della quale brancoliamo oggi, leggendo per esempio i versi di “In quel punto del mare”:

 

Si va verso un punto

verso il bene e il male

che abbiamo vissuto.

Dicono sia la resa dei conti.

Guarderemo

i segni sulla nostra pelle

ci guarderemo l’un l’altro

nelle impronte dei baci presi

e dati sul cuore.

Sapremo se ci sarà tempo

per altre prove

e attaccheremo le rughe

alle mancanze

lasciando che tutto esca

da noi

in quel punto del mare

che inghiotte ed è un olio

quando si richiude

come se niente fosse

 

 

opportuno mi è sembrato riportarla per intero questa poesia al fine di attirare l’attenzione sulla efficacissima assonanza cuore/prove, capace di evocare quella condizione di astratto, sterile intellettualismo che oggi troppo spesso ci separa dalla vita e dagli altri, impedendoci di sentire; assonanza di forza centripeta nel mezzo di un dettato poetico pacato se non impassibile, suggestivo nella sua conclusione di peso assolutamente specifico, è proprio il caso di dire. Conosco da anni Tiziana Marini, la cui probità di persona mi sembra racchiusa ed espressa con pacata fermezza nella prima strofe della seguente poesia dal titolo “Sulle vostre tempie”: “Faccio con le mie forze/ senza esperimenti linguistici/ o di convenienza/ e non brillo di luce riflessa/se brillo./ Non mi appoggio.” E davvero il libro di cui stiamo parlando è un libro onesto in senso sabiano, in cui circola aria pulita; anzi, “Più del vento”, alludendo alla poesia che maggiormente mi ha toccato e che riporterò anch’essa per intero:

 

Lasciare andare un mattino d’autunno

le foglie.

Lasciare che corrano negli angoli

senza vento

nelle pieghe dell’aria

prima che l’ossigeno le decomponga

in altra sostanza

prima del loro destino di ruggine.

 

Lasciarle andare dove si raccolgono

strette strette

e suonano  tra loro parole fitte

nell’illusione di trovare

una via d’uscita

 

 

…ché tutto il meglio della poesia di Tiziana Marini mi sembra davvero fuso in questi versi pacati e dolenti; di accettazione del nostro destino simboleggiato da foglie febbrili e impotenti, logorroiche e illuse, strette nell’angolo, senza via d’uscita: come non ripensare in merito al distico ungarettiano “Foglie, sorelle foglie,/ Vi ascolto nel lamento”? Metafora di forza potente, quella della nostra poetessa in sintesi, ma trasparente e leggera; segnata in ultimo dall’acutezza percettiva sublimata in coscienza morale che parla per tutti. La mia riflessione su questa recente silloge di Tiziana Marini avaramente qui si conclude, nel senso che molto dovrei ancora dire in quanto a bellezze e valori poetico-umani di essa; fiducioso di aver comunque espresso la mia emozione e partecipazione di lettore.

  Andrea Mariotti, fine dicembre 2023



Andrea Mariotti è poeta e critico letterario. Laureato in Lettere Moderne, con una tesi sullo Zibaldone di Leopardi, ha pubblicato: Lungo il crinale, 1998; Spento di sirena l’urlo, 2007 (premio “Voci” 2010); Scolpire questa pace,2013 (secondo classificato premio “Mario Arpea” 2015)., La tempra dell'autunnno, 2020.E’ stato redattore della rivista letteraria “I fiori del Male”. Sue poesie sono pubblicate su riviste e antologie. Il 20/2/2015, nella giornata inaugurale del Laboratorio Leopardi, a cura della Facoltà di Lettere presso La Sapienza, a Roma, ha offerto la sua lettura interiore de “La Ginestra”.

mercoledì 1 novembre 2023

venerdì 27 ottobre 2023

La faggeta di Monte Livata in un giorno di nebbia - The beech forest of Monte Livata on a foggy day...

 In un giorno di nebbia a metà ottobre, è magico camminare nel bosco, e scoprire l'incantevole atmosfera del foliage....


On a foggy day in mid October..it's magical walking in the forest and discovering the enchanting atmosphere of the foliage...








Poi spunta il sole....e tutto e' dorato...

Then the sun comes out... and everything is golden...





                                                         Ph. Tiziana Marini (©)

First signs of foliage.-

llcolore dell'altopiano sui  Monti Simbruini nei primi giorni di ottobre non e' ancora carico delle sfumature autunnali, ma qualcosa sta cambiando....Something is changing on the Simbruini Mountains...first colours of autumn...🍁🍂🍄🍁🍂🍄🍁🍂🍄🍁🍂🍄