Nota
di lettura di Tiziana Marini
Cristina Sparagana e’ una voce importante
della poesia contemporanea per
l’originalita’ della sua scrittura, vasta e complessa. ‘’Strida a novembre ‘’
(Kolibris - 2016), la sua ultima raccolta di poesie, ne e’ l’ulteriore
conferma. Questa silloge e’ paragonabile
ad un’ orchestra in cui sono presenti tutti gli strumenti musicali in sinergia
nell’esecuzione di una sinfonia dalle sfumature variegate, come un mix di note dolcemente malinconiche e
strida novembrine piene di pathos, cosi’ come ci annuncia il titolo. La
Sparagana, poeta visionario di dolente timbrica, ci offre intensi flussi
interiori e avvolgenti suggestioni, sempre
sospesa tra luce e tenebre, tra arpeggi improvvisi e virtuosismi raffinati.
Senza pacatezza, senza saggezza, con la sua poesia assoluta, si tuffa nell’ignoto e ci trascina in una cascata di emozioni che si generano reciprocamente e per partenogenesi. Emozione genera emozione come nelle scatole cinesi o nelle matrioske, ma qui il piu’ piccolo elemento e’ un minuscolo diapason che risveglia e conduce a melodie interiori.
E non si
puo’ non lasciarsi andare e travolgere. Perche’ questo richiede la poesia di
Cristina Sparagana: abbandono assoluto che si fa trasporto e viaggio dell’anima
aldiqua e aldila’ del possibile. Poesia misteriosa, di visioni surreali,
simbolica, senza spazio ne’ tempo e che
si scioglie nei sensi e nel cuore con metafore potenti, e’questa di ‘’Strida a
novembre’’, ma anche poesia limpida e cristallina e lente
d’ingrandimento tra noi e l’inconoscibile. L’autrice procede come in uno stato
crepuscolare onirico nell’abisso di se’, insondabile (…io sono il lato piu’
tenace del vuoto, l’imbrunire’’) e ci
presenta un mondo dove tutto e’ possibile, sia esso infinitamente grande, sia
esso infinitamente piccolo, da ‘’egra veggente’’, quale lei stessa si definisce. Ecco che prende vita un mondo di angeli, animali, bambole,
divinita’, oggetti di ogni specie che non sono piu’ al loro posto, ne’ servono
a cio’ che e’ stabilito, un mondo dove l’azzurro, colore di cui si tinge anche il sangue,
predomina, (‘’…Un sangue quasi azzurro ha unito il cuore / a un ricordo
avvampato, alto, gentile, / disceso da un’immagine di spine…’’) un mondo in cui
anche un accadimento impossibile diventa una regola e una verita’ assoluta, (‘’E
le dita stringevano un ansioso / doremi’ di bambagia, il suo disgelo / a
contatto di un refolo d’aprile…’’). Qui piu’ che mai ogni verso e’ un ‘’uni-verso’’
nel senso di ‘’mondo infinito’’,
universo appunto, totalita’ di tutto cio’ che esiste, ma anche, come in un gioco di parole, nel senso di unicita’ in quanto unico e
irripetibile, espressione di un sentire del tutto personale ed intimo. Eppure
questa irripetibilita’ e’ espressione di tutti i micro e macrosistemi
possibili. Insomma, leggendo questa silloge della Sparagana e’ come se ad ogni
verso fossimo messi di fronte ad un sentire nuovo, mai esplorato e provato, di
fronte ad una situazione mai vissuta. Ma quell’emozione nata cosi’
inaspettatamente ci dice che in fondo essa ci appartiene ad un livello
profondissimo e per questo inconsapevole, cosicche’ l’antico, il consueto si fa fantastico e
meraviglioso, si fa arte, si fa vita
passata, presente e futura come in un nuovo ‘’Giardino delle delizie’’. Tutto
cio’ senza dimenticare che la poesia non
puo’ prescindere dalle sue radici, dalle sue forme piu’ pure, dalla metrica,
dal suono, ma dicendoci anche altro, e
di questo la Sparagana e’ convinta, e cioe’ che e’ possibile anche un’altra
poesia che affonda certamente le radici nella tradizione piu’ classica della
poesia visionaria di grandi autori come Dylan Thomas e Campana ma poi se ne
distacca ed e’ altro in continua trasformazione, direi evoluzione. Nascono
cosi’ versi come questo:’’ Dolci sere serene / quando vedo/ il tuo viso
sbocciare dal bicchiere / come un grumo di giglio…’’ oppure ‘’ Nel corpo di ogni uomo un crocefisso /
atterrisce una donna, la ripiega / su un granturco di sangue…’’Eppure la
Sparagana ci parla del quotidiano e degli affetti piu’ semplici e teneri come
quello per l’adorata figlia Chicchi (‘’Amore, quanta terra ho nella bocca / e
non voglio, baciandoti, annerire / la pura melagrana dei tuoi baci..’’) Si, ci
troviamo di fronte al quotidiano, ma un
quotidiano visto al microscopio e al
telescopio di un sentire quasi sovrumano. E le cose semplici diventano cosi’ divine. L’indecifrabile,
abc esistenziale.Senza pacatezza, senza saggezza, con la sua poesia assoluta, si tuffa nell’ignoto e ci trascina in una cascata di emozioni che si generano reciprocamente e per partenogenesi. Emozione genera emozione come nelle scatole cinesi o nelle matrioske, ma qui il piu’ piccolo elemento e’ un minuscolo diapason che risveglia e conduce a melodie interiori.
Tiziana Marini
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