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sabato 16 dicembre 2017
domenica 10 dicembre 2017
'' Scolpire questa pace'' di Andrea Mariotti (Ed. Tracce, 2013)
Nota di lettura di Tiziana Marini
Un titolo particolarmente
significativo questo della silloge ‘’Scolpire questa pace’’di Andrea Mariotti
(Ed. Tracce, 2013) autore di una poesia priva di retorica, antilirica,
realistica e civile in cui confluiscono gli aspetti più problematici dei nostri
tempi e i sentimenti più autentici,
legati alla famiglia e all’amicizia in un mix emblematico e policromo, come a
voler significare che la personalità di un poeta ha mille sfaccettature, mille voci e che gli
opposti non si escludono ma al contrario si intersecano, coincidendo alla fine in
una sinergia potentissima. ‘’Scolpire’’ sottolinea come la pace, effettuale o ideale,
sociale o individuale sia qualcosa di non scontato, qualcosa da modellare a
colpi di scalpello come il marmo o forgiare appunto come un metallo, con impegno e lavoro, anche con le parole della poesia e, nella
fattispecie, con uno sguardo acuto ed ironico tendente a dissacrare con disincanto, gli
errori-orrori dei nostri tempi cogliendone gli aspetti più problematici,
contraddittori, paradossali e talvolta grotteschi e ben sapendo che nulla può
essere ricostruito senza demolire ciò che tentenna, ciò che non ha solide
fondamenta. La poesia, sia nel suo essere civile e morale ma anche nella sua
dimensione piu’ introspettiva, puo’ raggiungere questo scopo raccontando la storia, la società, lo spirito dei tempi e
l’anima individuale con arguzia,
sincerità e onestà intellettuale, come tutti i più grandi autori, del resto, da sempre hanno saputo fare. Così il nostro
autore.
Le poesie della silloge sono
suddivise in brevi sezioni: Dissidenze, Introspezioni, Poppe e sismi, Mutatio
Animi, Caro endecasillabo…, Dolenti note, Sta come torre ferma. In esse
l’Autore esprime con forza le sue ‘’dissidenze’’ e i malumori nei confronti di
un mondo apocalittico, tecnologico, di una
società videodipendente, Truman show dell’anima, una selva oscura come ci dice Mariotti
nella poesia ‘’La speranza dell’altezza’’, ‘’ Ci troviamo per una selva oscura,
/ ha detto il New York Times,/ e d’immondizia a Napoli e’ spuntato / un Vesuvio
bis,/ alla cui vista/ riscopriamo la potestà del ratto…’’, in cui si muovono ‘’tecnoarpie’’, ‘’gorgoni’’,‘’grandi
esteti’’, ‘’tetragoni commercialisti’’, ‘’grandi fratelli’’. ‘’tecnoparadisi’’,
contro i quali l’Autore auspica ironicamente il ritorno del Pelide Achille, magari
contattando direttamente Omero via posta elettronica ‘’…A questo punto non
sarebbe male / far muovere il Pelide contro di essa / in tempo reale; rispondimi,
ti prego,/ mandami una mail!’’. Tutto questo mentre ci giungono echi di guerre
lontane ma non troppo, perché ogni guerra ci riguarda da vicino, e terremoti invece vicinissimi.
Pungente ironia dunque ma anche di
tanto in tanto il bisogno di pause in
cui rimirare la natura o ascoltare
l’amato Beethoven, antidoti necessari affinché
scenda una vera pace nell’anima. Con rapidi e bellissimi versi e pennellate intense, Mariotti riposiziona lo
sguardo, volto prima verso un mondo frenetico e banale e guarda una natura
accarezzata dalle note dell’amatissimo Beethoven. Ecco i cari luoghi ai confini dell’Umbria, ‘’Placido
galleggia il Soratte / sulla valle del Tevere….Beethoven può scolpire questa/
pace sofferta e non in vendita’’. Ecco
le cime del Gran Sasso in ‘’Quella notte d’Aprile ‘’…zanne / d’un elefante
acceso d’ira / per l’umana miopia’’. Ecco la consolazione che offre la bellezza
dell’arte, quella di una Madonna del Latte per esempio che accompagna e dipinge i fremiti
dell’anima in autunno o una Vergine di Misericordia ‘’alta più di duemila
metri…’’ in Val di Landro. Ecco le foreste del Casentino ‘’…tu mi plachi, o
foresta fitta e cupa / ma misericordiosa di Camaldoli!’’. Ed ecco il mondo
degli affetti pronto a salvarci. In ‘’Primo giorno d’estate’’, poesia dedicata
al matrimonio di due cari amici, l’amore e’ visto come il bene più prezioso, la
speranza ‘’…Ma il vostro amore / dice,
Alessandra e Giovanni, che noi, / gli umani, non finiremo di incontrarci’’. In
‘’Tiziana’’, la poesia dedicata alla nipotina lontana di tre anni, c’è tutta la
dolcezza della nostalgia che si esprime attraverso il ricordo e si consolida
con il conforto del tempo a venire ’’…il
mio piccolo giardino per l’inverno, sei’’. In ‘’Melodia’’ si leva il canto per
una fanciulla, simbolo di speranza e giovinezza, ‘’ebbra d’amore per la vita’’,
sottolineato dalle note di Beethoven che ne esaltano ‘’…La freschezza del suo
cuore / non incantato dalle tenebre…’’In ‘’Cabaletta’’, una gita in bici e il
‘’lento e antico’’ Tevere, placano l’animo del poeta ‘’…Ivi, tornando con la
mente / a mie pene / eccolo a placarmi, il fiume, / col suo correre lento,
antico e saggio ’’mentre in ’’Tramontana
di San Lorenzo’’, si avverte il peso di un’amara serenità e di una solitudine
accettata, mitigata solo dalla bellezza ‘’…Morte saggia, serena, quella /
almeno mi spetta, e di bellezza / nel frattempo vivrò, / di quella / pace che
avverto dentro di me’’. Una serenità sofferta dunque ma grazie alla quale Mariotti
riesce perfino a distaccarsi dalle incongruenze e dagli affanni legati al
vivere quotidiano ritagliandosi, nel tessuto aggrovigliato del vivere, spazi di libertà. In ‘’Open space’’ ci dice
infatti ‘’…In pausa-pranzo, in breve / raggiungo il dilettoso monte. / Dal viale di Trastevere, eccomi / infatti
prendere di petto / la scalea Ugo Bassi per mirare / i tetti e le cupole di
Roma; / e i monti del Lazio, all’orizzonte’’. E se un bellissimo panorama può liberarci da un vivere che ci va stretto,
così anche un semplice, unico albero, nella fattispecie una quercia, può
esserci d’esempio per imparare a resistere alle intemperie del nostro tempo e
alle tempeste interiori, come appare chiaro nei bellissimi versi di ‘’Alla quercia di P. da Palestrina
‘’…sicché t’abbraccio socchiudendo gli occhi…/ o roverella invisa alle bufere,
/ insegnami a resistere alla pena / di vivere insabbiato!...’’.
Viene da lontano la poesia di
Mariotti, da una tradizione che affonda le sue radici nella poesia greca e latina, in Petrarca e Leopardi, nel
sonetto, ma lo fa in modo del tutto originale e spontaneo benché il verso sia cesellato
in ogni dettaglio, sapientemente
costruito con raffinata eleganza di forma e contenuto anche laddove
quest’ultimo sembrerebbe di difficile trattazione in poesia. Un’ispirazione
profonda caratterizzata da un’amarezza, da un dolore di base spesso mitigato, sdrammatizzato ma per
paradosso reso più acuto e quasi amplificato da una sincerità volutamente
leggera, ecco quello che, tra i tanti altri aspetti, ci colpisce di
questa silloge preziosa
ed intensa di allegorie, metafore,
visioni, tese tutte a costruire
finalmente la pace dell’anima.
Tiziana
Marini
mercoledì 29 novembre 2017
Night sky inspiration
(Tiziana Marini Ph.) |
Volando a collo teso
Volando a collo teso
verticale al mondo
e obbediente
ho chiuso da far male gli occhi
per stringere la notte.
Li ho serrati forte
per vedere nel mio buio
casomai le stelle.
Tiziana Marini (da ''Lo scatto della lucertola, Ed. La Vita Felice 2016)
Flying with the straight neck
Flying with the straight neck,
vertical to the world
and obedient
I closed my eyes
with pain
to tighten the night
and so strong
to see in my dark
just in case
the stars.
Tiziana Marini (from ''The speed of the lizard'' - La Vita Felice, 2016 -Translation by Tiziana Marini)
lunedì 30 ottobre 2017
''The lost one''
''The Lost one'' in the distance (photo by Tiziana Marini from Terry Olivi's beautiful terrace)
Saint Mary Major, built on the Equilino Hill, is one of the main basilicas in Rome. In according to a legend, one of its bells is known as ''The Lost One'' (La Sperduta). In fact in the XVI century a young blind female shepherd got lost in the fields around that area and she found the way home because of the prodigious bell ring. In memory of this legend The Lost One rings every evening at nine)
(Hot chili peppers in the Terry's terrace-photo by Tiziana Marini) |
mercoledì 18 ottobre 2017
Autumn sea...
The beach in autumn is something wonderful....as you can see in my shots...taken while i was walking along the shore... (Fregene)
martedì 17 ottobre 2017
''Blue'' di Maurizio Zaccaro
‘’Blue’’(Maggioli Editore, 2017)
del regista e scrittore Maurizio Zaccaro, e’ una felice narrazione di
avvenimenti che commuovono, fanno pensare e divertono. Protagonista della
storia e’ un’anziana attrice di teatro sofferente del morbo di Altzheimer e tanti
sono i personaggi che la circondano, dipinti
tutti con i colori della commedia, colori forti che si imprimono nel cuore e
nella memoria del lettore accompagnandolo anche dopo la parola fine. Infatti ''Blue'' e’ un libro che non si dimentica, una storia vivace e delicata,
drammatica ed esilarante, che si fa
leggere catturando ad ogni pagina il lettore. La forza dei personaggi la rende
viva e realistica, quasi tridimensionale e noi ci muoviamo all’interno di essa
come in un film di cui, per la suddivisione in due tempi della trama, il libro
ricorda la struttura.
Ringrazio Maurizio Zaccaro per avermi coinvolta nelle parti
dialettali in romanesco.
lunedì 16 ottobre 2017
Autunno...
(Foto di Tiziana Marini) |
Sopportera' il cuore
Non dico nulla
nascondo nel perimetro dilatato
del mio corpo
lo scheletro trasparente
l'evidenza dei fatti.
Sopportera' il cuore
l'interno mare effimero
l'epica di stanza tra le foglie?
Non dico nulla.
(Tiziana Marini - da ''Lo scatto della lucertola'' Ed. La Vita Felice, 2016)
Will bear the heart
I don't say anything
just hide in the outer limit
of my body
the transparent skeleton
the evidence of facts.
Will bear the heart
the inner , ephemeral sea
the epic distance
among the leaves?
I don't say anything.
(Tiziana Marini - from ''Lo scatto della lucertola'', Ed. La Vita Felice, 2016)
I don't say anything
just hide in the outer limit
of my body
the transparent skeleton
the evidence of facts.
Will bear the heart
the inner , ephemeral sea
the epic distance
among the leaves?
I don't say anything.
(Tiziana Marini - from ''Lo scatto della lucertola'', Ed. La Vita Felice, 2016)
The enchanting Civita di Bagnoregio and the valley of the calanchi
Civita di
Bagnoregio, the ‘’dying town’’ (because
of the erosion) is one of my favorite small town in Italy . It is located on a hill and the only way in or out is by a footbridge.
Passing through the main entrance, you enter the Middle Ages...martedì 10 ottobre 2017
''La parola detta'' di Stefania Di Lino
“La parola
detta” (Ed. La Vita Felice – 2017)- Lettura di Tiziana Marini
La nuova
raccolta di poesie di Stefania Di Lino dal titolo “La parola detta” (prefazione
di Cinzia Marulli - Ed. La Vita Felice, 2017), trova già nel titolo il suo
significato più profondo. Quando una parola e’ stata detta infatti è difficile
cancellarla o modificarla perché la parola opera sulla realtà, sia fisica che
psichica, una trasformazione
irreversibile, come il fuoco sulla carta e anzi, in quanto verbum o logos, è creatrice
e si identifica con la divinità stessa. La parola costruisce cosi’ una trama, una ragnatela di
rapporti, legami che si intersecano come i meridiani e i paralleli, e al tempo
stesso è mongolfiera che ci fa volare “dopo
aver rosicchiato le corde” che ci legano al suolo, come afferma la Di Lino
stessa in una poesia della raccolta, ricordandoci così la poesia di Mario Luzi “Vola alta parola...” (e la parola di Stefania
vola altissima!) in cui proprio la parola
è chiamata a raggiungere gli estremi opposti nadir e zenit per indagare l’anima
mundi, per mettere in contatto il poeta
con se stesso e con gli altri e gli altri con gli altri, trovandoli e
raccontandoli tutti nell’interiorità della propria coscienza. E questo è un libro che
parla di coscienza alla coscienza con le parole dell’inconscio, sintonizzando
ogni elemento, ogni respiro con le frequenze etiche dell’universo “….volare alto trasformando in ali le dita”
dice ancora la Di Lino, con una fisicità intensa e presente continuamente nella
raccolta, dapprima come seme orizzontale deposto nella zolla e poi come albero verticalmente
proteso verso il cielo “…orizzontale
dunque fui / e parallela alla terra / ma verticale è la pianta nata / che in
alto il suo stelo tende / ed è albero che come mani / in alto allunga i suoi
rami …”.
Questa seconda
raccolta, preceduta da “Percorsi di
vetro” (de-Comporre Ed. 2012) è ancora un viaggio, ma questa volta nella
verticalità di se stessi, un viaggio sincronico dove si possono ritrovare vari
archetipi, primi fra tutti quelli della Grande Madre e della Madre Terra con il
ciclo di morte e rinascita, ma anche l’istinto
e l’emozione.
Dal punto
di vista strettamente strutturale le poesie mancano di titolo e il loro inizio
e la loro fine non sempre coincidono con l’inizio e la fine reali, sono
segmenti su una retta infinita, parti di un pensiero fertile che
improvvisamente (ma frutto di grande lavoro!) prende forma sul foglio, affiorando
dalle profondita’ del nostro “inner eye”, un pò come i percorsi sotterranei
delle acque, un pò come le battute musicali, visto anche l’uso di slash di separazione,
sempre inserite in una partitura ben più grande che in questo caso coincide con
la vita.
Certo è che
le poesie di questa raccolta della Di Lino scavano per davvero in ogni profondità
sia del corpo che dell’anima, sono semi nelle zolle che germogliano come lei
stessa afferma nella sua dichiarazione di poetica “porto un Dio dentro /dannato e bello / che coltiva pazientemente la mia
cesura / la semina mi rende fertile / così fiorisce la mia scrittura”.
Ma quali
sono le parole dette alle quali fa riferimento la Di Lino? Sicuramente quelle
taciute “…perché dall’alto / di ogni priorità muta / si trova il nido della parola taciuta…”,
quelle sollevate “…si aprano al cielo e
al vento / le parole sollevate dal fango / commistione pura della terra / che
talvolta radici vanno recise…”, quelle date “…ci sarà nell’aria / un lascito
d’amore / un vento nuovo / pulito di odore / che porta in sé la parola data...”,
quelle buone “Cambierai / e lo farai
attraversando lo specchio / spinta dal vento / e da una carezza di parole
buone...”, quelle ritrovate “…tornerà presto il tempo / della parola
ritrovata e detta / quando l’assenza
sarà seduta /ogni parola sarà per vocazione / ogni radice terra vicinanza,…”,
quelle in attesa di essere scritte “…e
sempre rimane qualche parola / nell’angolo cavo di un pensiero / non si tramuta
in lingua denti o bocca / è lì che lenta matura / silenziosa parola che aspetta
scrittura.”, quelle offerte “…e le
parole offerte che non crebbero mai / per farsi radici…”. E ancora le parole
“che
se pronunciate / slittano / su uno stupido amoroso accento …”, e le parole ritrovate “…sempre spinte dal vento...”. Ma soprattutto ci sono le parole scritte col sangue, nate dall’anatomia
fisica del dolore, pezzi sofferenti del nostro corpo che ci guariscono come
medicine perché la guarigione passa per la sofferenza “…se solo tu scrivessi col tuo sangue / che sgorga da un dolore che non
passa…i versi sarebbero salvezza, unguento / diventerebbero certezza,
medicamento,” e dalla consapevolezza
di dover ripulire la nostra coscienza dai piccoli omicidi compiuti quotidianamente “…e son fiotti di sangue schizzati / sulle
piastrelle nuove / della cucina / che fatica stamattina / dover ripulire le
tracce lasciate / dai piccoli omicidi efferati / perpetrati da ogni giorno che
passa,” siano essi involontari così come frutto della scelta precisa di
affidare alla parola poetica il compito di fare, per dirla con le parole della Di Lino, da cecchino, appostandosi per uccidere la prepotenza e l’ingiustizia del
mondo. Non certo per la gloria, ci dice la nostra Autrice, ma solo perché la parola poetica è un’arma più
efficace di qualsiasi altra arma poiché lavora alla radice, partendo dal cuore
delle cose “e di primo mattino / piazzato
su un grattacielo / da vero cecchino / avrei preso la mira con calma / sarei
passata alla storia / almeno azzoppando / con freddezza di colpi / una dozzina
di esemplari / della famelica dinastia dei Tirannosaurus rex / poi invece ho
scritto una poesia / così nessuno saprà niente di me,…”.
La Di Lino
ci offre così una visione forte, a volte
iperrealistica, venata di ironia, tratteggiata con i contorni decisi della sua pittura e della
sua scultura e sempre dolorosa dei nostri tempi sottolineando che alla fine ciò che davvero uccide non sono
le armi, fucili o parole che siano, bensì la mancanza d’amore “…che il morire vero è laddove mai è stato
amore…” e che, come ci dice in altri bellissimi versi ci si salva insieme
“…dimmi che ci salveremo / mano nella mano…” prendendo coscienza
dell’altro e dei nostri doveri al presente
“…c’è sempre una guerra da
smettere / e l’amore da fare “ e al futuro “…avremo ancora sguardi / da donare al mondo...” in una dimensione di
grande umanità e respiro sociale. E tutto questo è possibile secondo la nostra
Autrice, non seguendo le ragioni del
cuore o dell’intelletto, benché
necessarie, ma quelle del tempo e dell’impegno costante, in un sentire che la
porta ad unire in un unico abbraccio i suoi figli, auspicando per loro un
destino felice “…vi parlo dei miei figli
/ che furono bambini / quelli impastati dal sangue nella terra / non fatti per
morire degli altri la guerra / ma per costruire felici i loro destini,” e i
figli del mondo poiché “le genti non appartengono mai / a un solo
posto / mille latitudini attraversano… ed …è solo con le scie disperate
lasciate dal loro passo / compasso che si ha l’esatta misura del mondo”.
Tutto questo sarà possibile ma “bisognerà contarci / guardarci negli occhi e
tenerci stretti / e credere credere /
nelle ragioni del tempo,” smussando gli angoli del centro, i dissidi
più profondi che minano il nucleo dell’umano agire perché l’angolo è la sola
certezza “…scommetti tutto te stesso /
nell’ordine apparente / delle tue ritrovate simmetrie / e non ti accorgi che /
delle tue geometrie / rimane solo la certezza dell’angolo,”.
Ma è
navigando nella geografia del corpo, un corpo che diventa palcoscenico per
organi/attori che le parole di Stefania diventano grido che racconta di madri “Ho visto mia madre invecchiare / consumarsi
/ nel sempre più ristretto ambito delle sue clavicole….” e di nascite “carne di amorevole carne / mentre scivolavi via dal mio corpo / io la
tua prima frontiera / tu il mio canto nel mondo “, di amore “…Una
volta mi disse / “ti voglio bene, non te l’ho mai detto / io ti voglio bene /
ma eri così diversa da me / e io non ce l’ho fatta…”.” e di figli ”tu che mi guizzavi dentro / argenteo
pesciolino / tu che ora affronti il mondo / con le mani di un pianista / e gli
occhi scuri / furiosi di tuo padre “, passando per l’attimo senza tempo della
consapevolezza.
Tanti i
temi, dunque, di questa bella raccolta di poesie di Stefania Di Lino (molti
spetterà al lettore scoprirli), temi
che, come in un gioco di specchi, tanti
altri ne riflettono all’infinito. Tutti però concorrono a sottolineare l’importanza
della parola detta, soprattutto poetica, in tutte le sue molteplici modalità. Se
Montale in una sua celebre poesia “Non
chiederci parola” affermava che la
parola può dirci solo “ciò che non siamo e ciò che non vogliamo”, e se Ungaretti la riconosceva, questa parola, “impotente”
e capace solo di ”avvicinarci al segreto che è in noi”, la nostra Autrice
invece crede fermamente nel potere della
parola che è catartico, ecumenico e a suo modo rivoluzionario. E questa
raccolta ne e’ la testimonianza.
giovedì 31 agosto 2017
A short trip to Collepardo Caves and Pozzo di Antullo through Subiaco, Arcinazzo Highlands and Ernici Mountains landscape
martedì 29 agosto 2017
An easy drive from the city
Located at the heart of the Castelli Romani, the small town of Nemi is famous for its lake where two ships were recovered by the roman emperor Caligula and for its delicious wild strawberries.
giovedì 17 agosto 2017
“Passa il cuore sulla terra” di Tiziana Marini, letto da Marco Onofrio
https://ediletteraria.wordpress.com/2017/08/16/passa-il-cuore-sulla-terra-di-tiziana-marini-letto-da-marco-onofrio/
Con Passa il cuore sulla terra (Tracce Edizioni, 2014, pp. 120, Euro 11), secondo libro di Tiziana Marini, trova conferma uno dei talenti più sicuri e autentici della poesia italiana contemporanea. È una poesia nitida, precisa, concreta, asciutta, limpida di cristallo. Ha il dono di quella “semplicità” che non semplifica, ma chiarifica la complessità del mondo fino ad una essenza pregna di risonanze, dove emana la ricchezza traboccante degli enti molteplici e dei fenomeni infiniti, benché riconducibili a un unico principio universale. C’è, nella scrittura di Tiziana Marini, un chiarore opalescente di fuoco minerale – appunto si pensa al cristallo – che assomma le qualità dell’acqua e della terra per accordare esprit de finesse a esprit de geometrie, ovvero l’«aura immortale» e il «giro d’anima» al «ferro a vapore» e al «sapore di pane e noci». Padroneggia un cardine espressivo assai efficace, robusto e versatile al contempo, dove le energie che si condensano accendono a loro volta il fuoco interno che le irradia, come in un processo di autocombustione, per cui si oscilla continuamente tra una dimensione plastica di forme che posano e una musicale di forze che volano. È una poesia che misura il percorso dello sguardo dalle cose più normali a quelle invisibili, da cui ritorna per svelare l’invisibile e l’ignoto che nascondono le cose più normali.
Il mondo invisibile
nel mondo visibile,
di arcobaleni possibili,
di stelle nascoste.
nel mondo visibile,
di arcobaleni possibili,
di stelle nascoste.
“Lo scatto della lucertola”, di Tiziana Marini. Riflessioni di Stefania di Lino
http://poesiaurbana.altervista.org/lo-scatto-della-lucertola-tiziana-marini-riflessioni/
Non sempre il titolo di una raccolta poetica risulta così aderente e organico al tema conduttore in essa contenuto. Parafrasando la Dickinson, alla guisa del bandolo “d’argento e di perla”, il titolo scelto rammenda e lega i testi presenti: parlo de “Lo scatto della lucertola”di Tiziana Marini, raccolta edita da La Vita Felice, 2016, con la prefazione di Sabino Caronia. In questo frangente il titolo, tratto da una poesia inclusa nel libro che da il nome anche alla prima sezione, non solo è polisemicamente evocativo, tanto che la felice scelta meriterebbe un ragionamento a parte, ma aderisce perfetto al contenuto presentato e, abilmente, come un corrimano, lo supporta accompagnando il lettore. Il tema (im)portante è quello, di resistere ai colpi inferti dalla vita, con le oscillazioni che ne derivano tra il godimento (per fortuna) di fatti gioiosi, e la perdita, il dolore, il senso di colpa dovuto alla distrazione, alla fretta, o a una riflessione mancata, una parola omessa, per non aver saputo (voluto) sostare un po’ di più accanto a qualcuno/qualcosa, (se stessi?), che il quel momento, richiedeva la nostra presenza o la nostra attenzione. Azioni e parole mancate, riflessioni e sentimenti pervasi quindi da una consapevole nostalgia, da una elaborazione del lutto verso ciò che è stato e più non sarà, e anche verso ciò che non è stato e avrebbe potuto essere. Ma forse non è l’intera produzione artistica, nella sua autenticità, quando cioè libera da imposizioni di “mercato”, mossa da una elaborazione luttuosa contro la fine del tutto? Non è compito dell’arte, forse, lasciare un segno-testimone in un tempo che superi e vada oltre la nostra stessa esistenza?
http://poesiaurbana.altervista.org/lo-scatto-della-lucertola-tiziana-marini-riflessioni/
Non sempre il titolo di una raccolta poetica risulta così aderente e organico al tema conduttore in essa contenuto. Parafrasando la Dickinson, alla guisa del bandolo “d’argento e di perla”, il titolo scelto rammenda e lega i testi presenti: parlo de “Lo scatto della lucertola”di Tiziana Marini, raccolta edita da La Vita Felice, 2016, con la prefazione di Sabino Caronia. In questo frangente il titolo, tratto da una poesia inclusa nel libro che da il nome anche alla prima sezione, non solo è polisemicamente evocativo, tanto che la felice scelta meriterebbe un ragionamento a parte, ma aderisce perfetto al contenuto presentato e, abilmente, come un corrimano, lo supporta accompagnando il lettore. Il tema (im)portante è quello, di resistere ai colpi inferti dalla vita, con le oscillazioni che ne derivano tra il godimento (per fortuna) di fatti gioiosi, e la perdita, il dolore, il senso di colpa dovuto alla distrazione, alla fretta, o a una riflessione mancata, una parola omessa, per non aver saputo (voluto) sostare un po’ di più accanto a qualcuno/qualcosa, (se stessi?), che il quel momento, richiedeva la nostra presenza o la nostra attenzione. Azioni e parole mancate, riflessioni e sentimenti pervasi quindi da una consapevole nostalgia, da una elaborazione del lutto verso ciò che è stato e più non sarà, e anche verso ciò che non è stato e avrebbe potuto essere. Ma forse non è l’intera produzione artistica, nella sua autenticità, quando cioè libera da imposizioni di “mercato”, mossa da una elaborazione luttuosa contro la fine del tutto? Non è compito dell’arte, forse, lasciare un segno-testimone in un tempo che superi e vada oltre la nostra stessa esistenza?
Una poesia da "Lo scatto della Lucertola" di Tiziana Marini. Lettura di Andrea Mariotti
agosto 9th, 2017
http://www.andreamariotti.it/wordpress/
UN’ ORA PRIMA, UN’ORA PRIMA DI TUTTO
UN’ ORA PRIMA, UN’ORA PRIMA DI TUTTO
Sdraiavo le braccia sul telaio blu della casa,
una notte, un’ora prima, un’ora prima di tutto.
Allontanavo legami di freddo
dalla trama e dall’ordito della mia stoffa
ne ero capace al riparo della casa
uno stringimento acuto
una compiutezza tutta mia sentivo
una soddisfazione azzurra nell’aura incapsulata, chiusa.
Provavo, provavo a partorire
una stella che sopravvivesse all’alba
a un barlume, infine, disciolto nelle cose
nella penombra di chi ho amato e amo
nello spazio dietro alla finestra muta.
Cosa sarà adesso? Chi? E quanto? E come?
Muove un soffio la tenda e disvela
un odore di violette, polveroso
un capello che volteggia lento, ancora.
(poesia di Tiziana Marini, tratta dalla raccolta Lo scatto della lucertola, edizioni La Vita Felice, 2016, con prefazione di Sabino Caronia)
…ebbene sì, la poesia in oggetto ha parlato subito al mio animo allorché ho avuto modo di ascoltarla letta dall’autrice (domenica scorsa 6 agosto presso il Teatro di Marcello in occasione dell’omaggio alla memoria di Massimo Pacetti). Ritmo e intensità di essa mi sembrano fuori discussione, come pure la qualità delle giunture “legami di freddo” nei versi iniziali ma soprattutto la “soddisfazione azzurra nell’aura incapsulata, chiusa“. Verso di pienezza strutturale quest’ultimo, pronunziato dalla poetessa sotto le fascinose e potenti membrature del Teatro di Marcello e quindi amplificato dalla bellezza del luogo. Un verso, quello di cui sto parlando, che mi ha fatto ripensare a un bellissimo libro della storica Chiara Frugoni di qualche anno addietro dedicato a Chiara d’Assisi e dal titolo suggestivo ed emblematico: Una solitudine abitata. Ecco, la “soddisfazione azzurra nell’aura incapsulata, chiusa” di Tiziana Marini rappresenta in tutta evidenza la pienezza della solitudine raccomandata da Rilke al giovane poeta; solitudine da benedire, ciò di cui un poeta ha bisogno per scrivere e naturale approdo del suo far poesia: allo scopo di attingere la musica del silenzio, porto sepolto dal clangore dei tempi attuali ma pur sempre a disposizione di coloro che sono autenticamente in viaggio.
Andrea Mariotti
martedì 8 agosto 2017
Notti romane al Teatro di Marcello - Concerti del Tempietto
Il Festival Musicale delle Nazioni, presso il Parco Archeologico del Teatro di Marcello a Roma, domenica 6 Agosto 2017 ha ospitato un nuovo appuntamento con la Rassegna poetico - letteraria ''I libri magici del Tempietto'' a cura di Filippo Iannoni Sebastianini, Anita Tiziana Laura Napolitano e Carla De Angelis. La serata che ha visto la partecipazione di numerosi poeti, scrittori e musicisti e' stata dedicata al ricordo del poeta, scrittore ed amico Massimo Pacetti. Il concerto della pianista Cinzia Dato che ha eseguito al pianoforte brani di Beethoven e Liszt, ha concluso la serata.
lunedì 7 agosto 2017
Per la rassegna ''NOTTI ROMANE AL TEATRO DI MARCELLO'' e ''I Poeti nella Musica''
Concerti del Tempietto - Festival Musicale delle Nazioni Area Archeologica del Teatro di Marcello
Via del Teatro di Marcello, 44 – Roma
Domenica 20 Agosto 2017 ore 20.30
ore 19.45 – Visita guidata nei dintorni del Teatro di Marcello
(riservata ai possessori del biglietto del Concerto)
MOZART SCHUBERT
CHOPIN: TARANTELLA & BOLERO
Stefano Bigoni (pianoforte)
Musiche di W. A. Mozart (Fantasia in Do Minore KV 475, Sonata in Do Maggiore KV 330); F. Schubert (Sonata in Si Maggiore Op. 147 D 575); F. Chopin (Tarantella in La b Maggiore Op. 43, Bolero in La Minore Op. 19).
ore 19.30 - I LIBRI MAGICI DEL TEMPIETTO
Rassegna Poetico-letteraria a cura di Anita Tiziana Laura Napolitano e Carla de Angelis
alla presenza e in compagnia di Poeti, scrittori e musicisti.
Tiziana Marini: Lo scatto della Lucertola (La vita felice)
Con i Poeti: Evaristo Seghetta, Anna Siani, Mel Carrara, Lucianna Argentino,Giuseppina Palo, Valentina Ciurleo, Amedeo Morrone.
domenica 6 agosto 2017
Una poesia di Massimo Pacetti
Passioni spente
E' il tramonto
invecchiati ci voltiamo mesti
dietro stagioni appassite
e' il tramonto
e non sappiamo
quando finira' la notte
ne' se ci sara' un'alba
e' inutile chiedere ospitalita'
ascoltiamo il concerto
balliamo
sotto un cielo di grandi ideali
spenti testimoni
di una disperata fuga
fra ponti crollati
di passioni spente.
Massimo Pacetti - Chiaro inchiostro, Ed. EscaMontage 2015
E' il tramonto
invecchiati ci voltiamo mesti
dietro stagioni appassite
e' il tramonto
e non sappiamo
quando finira' la notte
ne' se ci sara' un'alba
e' inutile chiedere ospitalita'
ascoltiamo il concerto
balliamo
sotto un cielo di grandi ideali
spenti testimoni
di una disperata fuga
fra ponti crollati
di passioni spente.
Massimo Pacetti - Chiaro inchiostro, Ed. EscaMontage 2015
martedì 1 agosto 2017
''Uomo in mare'' di Emanuele Palamara con Marco D'Amore e Lavinia Guglielman vince il Nastro d'Argento Speciale 2017
Il corto Uomo in mare premiato ai Nastri D’Argento 2017
Uomo in mare è il cortometraggio vincitore del Premio Speciale “Corto d’Argento” ai Nastri D’Argento 2017 , e porta la firma del regista Emanuele Palamara, giovane artista napoletano, che ha scritto anche il soggetto e la sceneggiatura insieme a Pietro Albino Di Pasquale. Quattro sono i protagonisti principali tra cui spicca Marco d’Amore (Marco), Antonio Sepe (Matteo) Lavinia Guglielman (Alice - http://www.laviniaguglielman.com/chi-sono) e Fabio Balsamo (Marino). L’importante merito è stato assegnato “Per motivi estetico-drammaturgici e per la particolare attenzione all’attualità, soprattutto nel sociale”.
Palamara, era già stato precedentemente premiato per i primi due sue cortometraggi: “Papà” e “La Smorfia” (con Gianfelice Imparato) e con l’attuale Uomo in mare ha voluto raccontare una storia prendendo spunto dalla cronaca reale, puntando i riflettori su argomenti di estrema sensibilità. Il film è prodotto dalla Bro Company di Daniele Barbato il quale ha dedicato il riconoscimento al giornalista Gabriele Del Grande, tornato libero dopo giorni di tensione trascorsi in terra Turca.
La trama si articola tra la vita di Marco e quella di suo figlio Matteo.
Marco, in passato è stato testimone di giustizia, ed ora è penalizzato dalle ripercussioni di una sua decisione se pur lecita e giusta. Marco e la sua famiglia purtroppo conducono un’esistenza nascosta, subendo minacce ed intimidazioni, senza che ci sia protezione da parte dello Stato. Parallelamente all’angoscia di Marco, c’è anche la storia di suo figlio Matteo, un bimbo che avrebbe diritto ad una vita normale fatta di sogni e giochi. Matteo ha, infatti, un unico grande desiderio quello di salvare un soldatino che nella sua fervida fantasia sta annegando in un mare che altro non è che un lembo di stoffa azzurra. Per aiutare questo soldatino caduto nelle acque del mare, occorre un elicottero giocattolo che il piccolo chiede al suo papà, con la speranza di poter riuscire a salvare l’ “Uomo in mare”. Marco farà l’impossibile pur di accontentare Matteo, sfidando la moglie ma in primo luogo la sua coscienza.
L’attore protagonista Marco d’Amore non ha potuto presenziare all’assegnazione del Premio del Nastro d’Argento, tenutosi presso la Casa del Cinema a Roma, in quanto è impegnato per le riprese della terza stagione di “Gomorra – La serie” ma se pur lontano ha voluto esprimere la sua soddisfazione e condividere la sua gioia con il regista ed i colleghi: “Questo premio è un suggello al coraggio e alla determinazione. Coraggio di parlare di temi che riguardano la comunità ma sono taciuti, determinazione di portare avanti il progetto nonostante le difficoltà e la mancanza di aiuti. Ma forse non potrebbe essere che così quando si parla di vite spezzate, di umanità reiette: bisogna trovarsi a vivere una analoga solitudine. Grazie ad Emanuele Palamara, Pietro Albino Di Pasquale, Daniele Barbato e tutti quelli che hanno lavorato al film anche io ho avuto la possibilità di accogliere il grido disperato del protagonista di “Uomo in mare” e tuffarmi in acqua nello strenuo tentativo di salvarlo, come esige una antica legge del mare ahimè dimenticata in
venerdì 19 maggio 2017
Una poesia di Emily Dickinson tradotta da Margherita Guidacci
(Foto di Tiziana Marini) |
(50)
«Io non l’ho detto ancora al mio giardino
per non perdermi d’animo.
E non mi sento ancora tanto forte
da rivelarlo all’ape.
«Io non l’ho detto ancora al mio giardino
per non perdermi d’animo.
E non mi sento ancora tanto forte
da rivelarlo all’ape.
Non
ne farò parola nella strada,
perfino le botteghe stupirebbero ch’io
timida ed ignorante come sono,
abbia l’audacia di morire.
perfino le botteghe stupirebbero ch’io
timida ed ignorante come sono,
abbia l’audacia di morire.
Non
devono saperlo le colline
dove tanto ho vagato,
né posso dire ai miei boschi diletti
il giorno dell’addio.
dove tanto ho vagato,
né posso dire ai miei boschi diletti
il giorno dell’addio.
Né
mormorarlo a tavola,
né sventata accennare per la via
che oggi stesso entrerò
nel cuore dell’enigma!»
1858
né sventata accennare per la via
che oggi stesso entrerò
nel cuore dell’enigma!»
1858
Emily
Dickinson
(trad.
Margherita Guidacci)
giovedì 6 aprile 2017
Sembra esserci nell'uomo, come negli uccelli, un bisogno di migrazione, una vitale necessita' di sentirsi altrove. (Marguerite Yourcenar)
(ICiclamini - CET - Avigliano - Foto di Tiziana Marini) |
Sempre devi avere in mente Itaca
raggiungerla sia il pensiero costante.
Soprattutto, non affrettare il viaggio;
fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio
metta piede sull'isola, tu, ricco
dei tesori accumulati per strada
senza aspettarti ricchezze da Itaca.
Itaca ti ha dato il bel viaggio,
senza di lei mai ti saresti mosso
sulla strada: che cos'altro ti aspetti?
(Kostantin Kavafis)
sabato 18 marzo 2017
Candele
Stanno i giorni futuri innanzi a noi
come una fila di candele accese −
dorate, calde, e vivide.
Restano indietro i giorni del passato,
penosa riga di candele spente:
le piú vicine dànno fumo ancora,
fredde, disfatte, e storte.
Non le voglio vedere: m’accora il loro aspetto,
la memoria m’accora del loro antico lume.
E guardo avanti le candele accese.
Non mi voglio voltare, ch’io non scorga, in un brivido,
come s’allunga presto la tenebrosa riga,
come crescono presto le mie candele spente.
Costantino Kavafis
(Traduzione di Filippo Maria Pontani)
da “Poesie”, “Lo Specchio” Mondadori, 1961
lunedì 20 febbraio 2017
(Dinamismo di un corpo - Umberto Boccioni) |
Spengono la lampada e il suo globo risplende
un istante prima di sciogliersi
come una pastiglia in un bicchiere di tenebre. Poi si
sollevano.
Le pareti dell’albergo si gettano nel buio del cielo.
I gesti dell’amore si sono acquietati e loro dormono
ma i pensieri più segreti s’incontrano
come quando s’incontrano due colori e l’uno nell’altro
fluiscono
sulla carta bagnata di un dipinto infantile.
si è avvicinata in fretta. A finestre spente. Le case sono
qui.
Vicinissime, stanno serrate in attesa,
una folla di volti inespressivi.
Tomas Transtromer (da Poesia del silenzio'' Crocetti Ed. a cura di M:C:Lombardi)
martedì 7 febbraio 2017
La Poesia
che esprimerà la mia anima intera.
La sento vaga come il suono e il vento
eppure scolpita in piena chiarezza.
Non ha strofa, verso né parola
non è neppure come la sogno.
eppure scolpita in piena chiarezza.
Non ha strofa, verso né parola
non è neppure come la sogno.
E’ un mero sentimento, indefinito,
una felice bruma intorno al pensiero.
Giorno e notte nel mio mistero
la sogno, la leggo e riprovo a sillabarla,
una felice bruma intorno al pensiero.
Giorno e notte nel mio mistero
la sogno, la leggo e riprovo a sillabarla,
e sempre la parola precisa è sul bordo
di me stesso
come per librarsi nella sua vaga compiutezza.
So che non sarà mai scritta.
So che non so che cosa sia.
come per librarsi nella sua vaga compiutezza.
So che non sarà mai scritta.
So che non so che cosa sia.
Ma sono contento di sognarla,
e una falsa felicità, benché falsa, è felicità.
e una falsa felicità, benché falsa, è felicità.
Fernando Pessoa
sabato 21 gennaio 2017
Nota di lettura di Tiziana Marini a ''Percorsi di vetro'' di Stefania Di Lino (deComporre Ed. -2012)
Vetro. Vetro
come fragilita’. Vetro come trasparenza. E vetro tagliente, scheggia che
ferisce, dal graffio allo squarcio. Questo e’ il vetro del titolo della bella raccolta di poesie’’Percorsi di
vetro’’ (deComporre Ed. - 2012) di Stefania Di Lino. E’ il vetro di cui e’
fatto il mondo fuori e dentro di noi e che richiede cautela, attenzione per
essere superato senza ferirsi troppo, con lo slancio di passi coraggiosi. E’ il vetro sul quale la Di Lino cammina. ‘’Percorsi
di vetro’’e’ una raccolta che, come ci suggerisce il titolo, coglie il ‘’movimento’’ immanente,
il cammino, la dinamicita’ intrinseca nei sentimenti e nel quotidiano. Dice la
Di Lino: ‘’oh! me! / Guardiana delle andate. / guardiana dei ritorni. /
oh! me guardiana del divenire.’’ E
ancora: ‘’partire mi e’ scomodo, si / ma anche il restare’’. Partenze, ritorni
e in mezzo lo zigzag della vita, in solitudine, senza mai scegliere il percorso meno accidentato. Scrive
la nostra Autrice: ‘’…percorsi contorti /…verso indirizzi sconosciuti. /
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