OMAGGIO
ad Alberto Toni
ad Alberto, e a tutti i miei giovani, coetanei amici poeti
di allora, svariatamente indimenticabili: Valerio Magrelli,
Marco Palladini, Marco Caporali, Giovanna Sicari,
Alessandro Ceni, Marcella Corsi, Gian Ruggero Manzoni,
Marco Tornar, Fabio Ciriachi, Gabriella Sica,
Enzo Di Mauro, Angelo Scandurra, Paola Zampini,
Luigi Amendola, Stefania Portaccio, Daniele Pieroni,
Silvia Bre, Antonella Anedda, Daniela Attanasio,
Marco Guzzi, Lello Voce, Tommaso Ottonieri,
Paola Febbraro, Isabella Vincentini...
Conoscevo Alberto Toni (Roma, 1954 - 2009), e gli ero amico, da tantissimi anni, almeno dalla metà ancora dolente, angustiata, e poi dal finire ben più speranzoso, fervoroso, degli '80, quando insieme si cominciava a scrivere, a fermare tempo e sogni irrequieti, nostalgie mai sazie...
Quando nell'inverno 1988/89, invitati da Elio Pecora, ci trovammo – ristretto, baldo manipolo di Voci Nuove – a leggere i nostri primi versi sul piccolo palcoscenico romano del Teatro Due (e l'ho anche scritto in RomAmor, "Come eravamo" 1968-2008), davvero insomma tradivamo, arringavamo, la densa emozionata voglia di un nuovo sguardo... Alberto Toni titolò La chiara immagine, una sua fresca, radiosa silloge del 1987 (edita da Rossi & Spera gemellata ad opere di Remo Brindisi), omeopatico dissipante antidoto d'ogni malessere, d'ogni caligine:
Saluti l'aria come un evento
della stagione buona al mio arrivo.
Nel cammino degli occhi
il senso nuovo fa luce.
Poi non importa dei lontani viaggi
di assenza; anche il tempo mi accorgo
è brevissimo della sfida.
L'errore che rallenta
non è ferita di sempre:
apre la terra della conoscenza.
Molti anni passarono, e altrettanti suoi buoni libri. Anzitutto, l'incanto adolescente della sua Partenza (Empiria, Roma, 1988); partenza verso il mondo dei grandi, ma anche la "Pratica d'equilibrio: la natura / dell'intelletto"; eternamente poetico, "il peso di un mitico silenzio, / corteggiando il piacere della conoscenza".
Qualcosa che ho visto crescere
come il sorriso sulle labbra,
come l'ultima estate,
sulla sponda invocata
e mai raggiunta.
Queste parole in aggiunta
al sentimento
ora servono ancora
all'eterno volo sulla terra.
Lo smarrimento finisce
in un gioco di perle
......................................
In Dogali (Empirìa, Roma, 1997), che pure parte dalla Storia, anche quella triste e annientata, e ad essa torna (Morti coprono il terreno... Muti eroi, composti in coro...), dopo un'eccellente profusione di "Sonetti del giorno e della notte" ("È il poeta nudo che grida, un atimo prima dell'annientamento," – annotò Renzo Paris – "il desiderio della speranza, della parola assoluta, neo-antica"), e testi-fulcro, ardui, rivelatori (come appunto "Dogali", ma anche "La notte di Amleto", o "Il segreto – Rimbaud", e la lettera in versi "A Dario Bellezza"), è in fondo un leopardiano, inveterato "Dialogo sulla Bellezza" – serrato ma romantico, tra "Il poeta" e "La donna" – che configura e ci affida l'ineludibile, agrodolce viatico per "Il tempo che viene":
Non potrebbe che essere nelle cose
possedute, l'ultima ora vissuta.
Oh anima delle cose,
i miei regali ogni giorno – e
averli avuti è questo che importa.
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Cambiò però via via lo scenario, l'orizzonte, il secolo, il millennio, il contesto, chiamiamolo il back-ground epocale. Vorticoso e irruento, ma certo non bastevole a togliergli ampia e coerente, dolce e caparbia voglia d'"Elegia" (leggiamo un vero e proprio inno corporale e creaturale, tratto da Alla lontana, alla prima luce del mondo, forse la sua raccolta più fascinosa, rapinosa – Jaca Book, Milano, 2009):
Il corpo è qui, l'anima sta sopra, l'altezza
non vista; eppure basta un niente per aprire
il cancello, l'onda che ripercorre gli ultimi
istanti, li rinserra, come fossero cent'anni
di rose, cento comandamenti, cento volte prima
della caduta. Noi siamo in attesa. ......................
Lo salvò, lo salvava sempre la fede profonda in una Parola che fosse in se stessa benefica, addirittura taumaturgica – se illimpidita, inscenata di continuo, sul palcoscenico della vita, come dialogo inesausto, moderna operetta morale duettante, duellante, perché no?, tra l'anima e il corpo, cioè a dire la Poesia e la Storia, vecchi amici e sodali dell'Umano. Lo giurava già in Partenza:
E tu parola rispondi,
non sottrarti alle mie domande,
scava una strada forte
per i miei anni.
Teatralità dell'atto, scriverà (Passigli, Firenze, 2004), a mo' di appassionata, ma anche agile, guizzante dichiarazione di poetica:
Credo che la poesia, oggi più che mai, debba riconfigurarsi nella Storia. "Nel rovescio del mondo", per dirla con Gelman, dove "cresce il cosmo" e si impone una ragion d'essere forte e chiara. Poesia come spinta etica, "teatralità dell'atto" che ogni giorno si consuma negli infiniti quotidiani, da un capo all'altro del mondo.